È giusto dare per acquisito un diritto. È sbagliato considerarlo imperituro. Anche nel Continente dove la democrazia è nata, dove la centralità dell'uomo è stata elevata a filosofia e parole come giustizia, equità, libertà si sono concretizzate in corpo legislativo, possono innescarsi derive autoritarie. Succede in Italia, ogni volta che un giornalista viene intercettato o un manifestante viene arrestato per presunte ragioni di sicurezza, succede in Ungheria, dove l'indipendenza dei poteri dello Stato ha sofferto delle compromissioni. Il primo ministro Viktor Orbán è il volto di una destra globale che non nasconde l'intenzione di trasformare gli ordinamenti in democrature e rivendica l'illiberalismo come suo credo politico.
Ritenere scontati alcuni diritti indebolisce gli anticorpi democratici delle società. E manifestare diventa un dovere: per chiunque abbia a cuore la libertà, per ogni persona che subisce un'ingiustizia. Oggi, in Ungheria, a essere discriminata è la comunità Lgbtqia+. Domani, quello stesso vento repressivo potrebbe spirare in Italia. Viktor Orbán, conosciamo, ma non comprendiamo, il tuo odio verso la comunità Lgbtqia+. Il tuo partito, Fidesz, è stato il fautore di una legge che puntava a impedire lo svolgimento del Pride di Budapest. Invece, grazie al coraggio di tanti, a partire dal sindaco Gergely Karácsony, la manifestazione si svolgerà.
Stiamo arrivando a Budapest, siamo una marea: politici, istituzioni, esponenti delle associazioni e, in generale, persone che lottano affinché i diritti di ognuno siano universali, ovvero valgano per ogni individuo ovunque si trovi. Il 28 giugno e sempre, al fianco della comunità Lgbtqia+ ungherese: non siamo disposti a retrocedere sul diritto di essere noi stessi.