Il movimento esploso dopo l'omicidio di George Floyd, nel 2020 esigeva una riforma radicale della polizia. Ma il sistema statunitense non è stato riformato in nessun modo. Anzi

L’eredità di Black Lives Matter contro il silenzio dei finti moderati

«Quando negli Stati Uniti vediamo le uccisioni della polizia di persone non-bianche e soprattutto l’impunità, possiamo riconoscere la logica di un sistema, non il suo fallimento», ha scritto Ruth Wilson Gilmore in “Golden Gulag” (University of California Press, 2007).

 

Il 25 maggio 2020, George Floyd, cittadino statunitense afro-discendente di 46 anni, veniva immobilizzato a terra da tre agenti meno di 20 minuti dopo che un commesso di un minimarket aveva chiamato il 911 sospettando che Floyd avesse usato una banconota falsa da 20 dollari. Ripreso con il telefono dalla diciassettenne Darnella Frazier, l’agente Derek Chauvin stava con il ginocchio, per più di nove minuti, sul collo di Floyd mentre era ammanettato con le mani dietro la schiena e boccheggiava «non riesco a respirare». Durante l'estate del 2020, oltre 26 milioni di persone hanno protestato negli Stati Uniti per condannare la brutalità della polizia e chiedere giustizia razziale.

 

Nei mesi successivi all’omicidio di Floyd, ci sono state quasi 8 mila proteste in 50 Stati. (Time Magazine, 2020). Il movimento è esploso in più di sessanta Paesi. Black Lives Matter non era un semplice slogan, non voleva solo gridare “le vite dei neri contano” esigeva una riforma radicale della polizia e del sistema penitenziario da cui le vite nere, ispaniche e indigene sono vessate.

 

Nonostante le promesse, a oggi il sistema poliziesco statunitense non è stato riformato in nessun modo. Anzi, nella settimana dell’anniversario dell’uccisione di Floyd, il Dipartimento di Giustizia ha dichiarato che non avrebbe più indagato né supervisionato quasi due dozzine di dipartimenti di polizia accusati di violazioni dei diritti civili, tra cui Minneapolis in Minnesota e Louisville, Kentucky dove la ventiseienne afro-discendente Breonna Taylor era stata uccisa da dei poliziotti in borghese nel 2022. Inoltre lo scorso aprile Trump ha firmato un ordine esecutivo ordinando al procuratore generale degli Stati Uniti di fornire risorse legali per difendere gli agenti di polizia accusati di illeciti.

 

Negli Stati Uniti la violenza della polizia è stata normalizzata come mantenimento del law and order, ha ottenuto il sostegno di molti cittadini bianchi ed è stata protetta e difesa dai tribunali (Bluecoated Terror, Jeffrey S. Adler, 2024). Negli anni si è rafforzato un risentimento bianco per il modo in cui, globalmente, Black Lives Matter ha ottenuto visibilità e consenso. Per il modo in cui ha attaccato la società bianca. Quel risentimento, la volontà di mostrificare il movimento e ridurlo alla sua rabbia e violenza, sono anche incarnati nella figura di Trump. Senza un risentimento bianco liberal-borghese Trump non sarebbe alla Casa Bianca. Questo perché anche “i moderati” spianano la strada al fascismo: giustificano la violenza della polizia, scendono a compromessi su diritti che non li riguardano personalmente e deridono le forme di dissenso con una chiacchiera al bar. Credono, forse a ragione, che nessun “li verrà mai a prendere”, che il loro silenzio li proteggerà.

 

L’eredità di Black Lives Matter oggi sta nel guardare agli Stati Uniti come l’espressione più alta di quello che Alain Badiou definisce «fascismo democratico». Audre Lorde nel 1984 scriveva «sarei morta, presto o tardi, che avessi parlato o no. I miei silenzi non mi avevano protetta. Il vostro silenzio non vi proteggerà» (Sorella Outsider. Scritti Politici, Meltemi editore). L’eredità di George Floyd sta nel ricordarci che il silenzio non ci proteggerà.

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