Opinioni
25 luglio, 2025Destra e sinistra si avvitano e si contorcono. Oggi forca, domani garanzie, dopodomani se, ma e forse. I magistrati? Se non si adeguano, si bastonano
Andiamo a nanna. Sogniamo un Paese in cui i principi di responsabilità siano scrupolosamente osservati e l’etica pubblica praticata con dedizione. Immaginiamo che tutti gli organismi di autodisciplina funzionino con rigore e i codici deontologici non siano vuoti enunciati retorici per giustificare l’esistenza in vita di commissioni e comitati. In un posto così, non occorrerebbe la constatazione di una metastasi per intervenire, ma ci si metterebbe in allarme al primo insorgere di un’anomalia, trovando rimedi e correttivi o, semplicemente, utilizzando gli strumenti a disposizione.
Il professionista prestato alla gestione di beni collettivi si asterrebbe dall’intrattenere rapporti con il suo vecchio datore di lavoro, ravviserebbe da sé anche soltanto il rischio di qualche compromissione, anche se non penalmente rilevante. E l’imprenditore che vede un proprio ex collaboratore assurto al rango di amministratore godrebbe della serenità di vederlo desistere dall’occuparsi della propria offerta. Userebbe il proprio tempo e le proprie risorse, non per rinsaldare antiche consuetudini, ma per giocare la crescita della propria azienda nel mare aperto del libero mercato. Lì dove si compete sulla base della proposta più vantaggiosa, della realizzazione migliore, della scelta più innovativa.
L’Ordine professionale che vidima le parcelle e si occupa dell’onorabilità degli iscritti, si accorgerebbe che c’è qualcosa che non va se all’improvviso una società di un qualche parente del professionista prestato alla pubblica amministrazione iniziasse a fare incetta di consulenze. E se un iscritto incappasse in una disavventura giudiziaria legata all’esercizio dell’attività, magari intanto lo sospenderebbe. Nell’interesse di tutti e dei colleghi che pagano le quote e non cumulano incarichi, indipendentemente dal ruolo ricoperto. Non si lascerebbe intimidire dalla notorietà e dalla fama né dalle amicizie o dalle relazioni vantate.
La politica, in nome del principio di responsabilità, dell’etica pubblica, del rigore e della deontologia, non lascerebbe correre nascondendosi dietro al feticcio dell’efficienza e della rapidità. Perché saprebbe già che il dinamismo non prescinde dal rispetto delle regole. E che se si flette sui principi, viene meno il giuramento istituzionale che sta alla base dell’insediamento in un incarico. E se per miopia, distrazione, o peggio, connivenza il politico di turno, da Milano a Palermo, non fosse in grado di distinguere la differenza tra una linea retta e uno scarabocchio, ma si accontentasse soltanto di avere tra le mani un foglio non più bianco, farebbe altro. Perché sa che non è per quello che lo hanno eletto.
Ma poiché ogni mattina, quasi tutti, ci svegliamo dobbiamo accontentarci di un Paese in cui tutti sanno che qualcosa non va, ma finché il sistema tiene, si va avanti. E a un certo punto, non necessariamente quando la misura è colpa, interviene la magistratura. Che è implacabile nell’esplorare i conflitti di interessi. Altrui, anche questo è vero. Purtroppo, però, quando bussano i pm, non c’è più tempo per l’autodisciplina e si va di codice penale e responsabilità sì, anche amministrativa.
Si è fatto buio e torniamo a letto. Fantastichiamo di un Paese che ha trovato una soluzione: ciascuno faccia un po’ come gli pare. I conflitti d’interessi si codificano, le storture si sanano. Al potente si abbuona tutto. Se non basta, i reati si cancellano. Destra e sinistra si avvitano e si contorcono. Oggi forca, domani garanzie, dopodomani se, ma e forse. I magistrati? Se non si adeguano, si bastonano. Capiranno. È tardi, spegniamo la luce. Ora si dorme.
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Cementopoli - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 25 luglio, è disponibile in edicola e in app