Opinioni
29 luglio, 2025La proposta di un aumento delle spese comuni scatena le polemiche. Ma così si rischia l’irrilevanza
La proposta di bilancio dell’Ue presentata dalla Commissione per il settennato 2028-35 è coraggiosa ma, temo, non andrà molto lontano. È stata aspramente criticata da più parti e per essere approvata richiede l’unanimità dei governi dei 27 Stati membri, nonché il voto del Parlamento Europeo. Non credo che, nel suo stato attuale, ci siano le condizioni per raccogliere un tale consenso. Saranno necessari compromessi e vedremo quanto lontano ci porteranno dalla proposta iniziale. Vediamola più da vicino, limitandoci all’aspetto più rilevante, quello dell’aumento della dimensione del bilancio dell’Unione.
Il bilancio proposto sarebbe più ampio di quello del settennato 2021-27. Si passerebbe da una spesa, cumulata su sette anni, di 1,2 trilioni di euro a una spesa di 1,8 trilioni. Sembra tanto ma occorre considerare l’inflazione e la crescita reale nel tempo dell’Unione Europea. Rispetto al Pil (più precisamente al reddito nazionale lordo, utilizzato per questi calcoli e che però non è molto diverso dal Pil) si passerebbe dall’1,10 per cento all’1,15 per cento, un aumento dello 0,05 per cento. Considerando le spese aggiuntive relative al pagamento delle risorse prese a prestito per aiutare i Paesi dell’Unione a uscire dalla crisi Covid (il programma Next Generation Eu o Ngeu) si arriverebbe a 2 trilioni, l’1,26 per cento.
Anche con questo aumento il bilancio dell’Unione resterebbe minuscolo rispetto alle risorse spese dagli Stati membri per il loro bilancio nazionale. Per esempio, la spesa pubblica italiana sarà quest’anno vicino al 51 per cento del Pil. E il bilancio centrale anche degli Stati federali più decentrati (come il Canada) non scende sotto il 20-25 per cento del Pil. Il potere di spesa resta quindi saldamente nelle mani degli Stati membri. Non è bastato questo a proteggere la Commissione dalle critiche, per un aumento, ripeto, che nel bilancio degli Stati non avrebbe attirato la minima attenzione. Ma come possiamo costruire un’Unione Europea più forte se non siamo disposti ad accentrare il potere di spesa dai singoli Stati al bilancio dell’Unione? La realtà è che, al di là delle parole, gli Stati membri non hanno intenzione di rafforzare le istituzioni comunitarie.
A partire dalla Germania. Il portavoce del Cancelliere tedesco Merz ha dichiarato: «Un ampio aumento del bilancio dell’Ue è inaccettabile in un momento in cui tutti gli Stati membri stanno compiendo sforzi considerevoli per rafforzare i propri bilanci». Questo viene da un governo che, senza prestare molta attenzione alla compatibilità con le regole europee sui conti pubblici approvate l’anno scorso, ha deciso unilateralmente un massiccio aumento della spesa pubblica per i prossimi anni.
Attenzione: non fraintendetemi. La spesa pubblica è alta in Europa. Ma quello che sarebbe necessario, come sottolineato dai rapporti Draghi e Letta pubblicati l’anno scorso, sarebbe fare più cose in comune. Aumentare, quindi, la spesa centralizzata a scapito di quella dei singoli Paesi. In quest’ottica, il fatto che un aumento della spesa dello 0,05 per cento del Pil (lasciamo perdere quanto è necessario per rimborsare il debito contratto dall’Unione per il Ngeu, che non è un vero aumento di spesa) susciti critiche così aspre ci dà l’idea di quanto poco gli Stati membri prendano sul serio l’obiettivo di rafforzare l’Unione. Non lamentiamoci poi se Trump e Xi Jinping saranno i soli a contare nel mondo.
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