Opinioni
17 settembre, 2025C’è da scommettere che Macron resisterà, ma le contraddizioni di Parigi sono la sua Waterloo
La caduta del governo. Perché è stato un voto contro il finora assai navigato François Bayrou che, mettendo la fiducia, ha giocato d’azzardo. Esattamente come fece il presidente della “rivoluzione mancata”, imponendo l’estate scorsa lo scioglimento del Parlamento nella speranza di logorare sovranisti e insoumis, per ritrovarsi invece in caduta libera e con la necessità di reperire il quinto primo ministro nel giro di un biennio. E, dunque, è anche la “caduta degli dei”, considerando il modello del «presidente Jupiter» (à la Giove) praticato – con il consueto compiacimento – da Emmanuel Macron.
Proprio lui è il bersaglio grosso della tenaglia rossobruna invocante le elezioni e le dimissioni del presidente che, nel suo errato machiavellismo, ha sbagliato a non nominare 9 mesi fa un premier di sinistra. Per quanto a qualcuno possa apparire spiacevole l’accostamento fra le forze radicali – ambedue filoputiniste e antieuropeiste – di Jean-Luc Mélenchon e di Marine Le Pen, la fine del pur criticabile esecutivo Bayrou ripropone di nuovo quello che è un puro dato di fatto. E rappresenta un’ulteriore componente – e non certo la soluzione – del quadro clinico della Francia grande malata del Continente. Ma, specialmente adesso, in un contesto ancor più drammatico, la volontà dell’inquilino dell’Eliseo di individuare l’ennesimo nuovo primo ministro (e “capro espiatorio”) appare molto simile a un wishful thinking, stretto com’è fra sondaggi disastrosi sulla sua impopolarità e il montare di una nuova ondata di mobilitazioni che salda estrema sinistra ed estrema destra sotto lo slogan del Bloquons tout (e vede pure i sindacati in assetto di protesta permanente).
Da tempo la Francia ha smarrito la sua grandeur. Si tratta di un Paese immerso in una crisi obiettiva nonché psicologica e di identità, con un corpo sociale che, in larga misura, ha varcato la soglia della crisi di nervi. Lo sbocco (nefasto) – che i 364 voti contrari alla continuazione della navigazione di Bayrou hanno reso plasticamente – coincide con la definitiva crisi di sistema, combinato disposto di una molteplicità di difficoltà e derive. La grande sofferenza del suo paradigma economico-produttivo e un debito pubblico fuori controllo, previsto al 114 per cento per la fine dell’anno, mentre l’opinione pubblica e i leader populisti esigono un impossibile Stato sociale ancor più munifico e generoso. L’affanno conclamato dell’originale sistema istituzionale della Quinta Repubblica, fondato sul semipresidenzialismo e le elezioni a doppio turno, che ha praticamente sempre funzionato in modo efficiente sino a quando si è moltiplicata l’offerta partitica, esito a sua volta di una società più pluralistica, ma anche e soprattutto maggiormente frammentata e conflittuale.
Una crisi “all’italiana”, sono arrivati a definirla a Parigi; ma è un’etichetta per difetto, senza la capacità di adattamento e lo “spirito di resilienza” a cui siamo adusi da questa parte delle Alpi. Ed è in primis la Waterloo del macronismo, con il dettaglio non secondario che a oggi non si vedono comunque alternative realistiche in grado di riunificare la République dopo il fallimento di quel tentativo inizialmente vincente di risposta alla crisi della rappresentanza, basato sulla scomposizione del sistema politico e una forma di partito personale (e cartel-party). E c’è da scommettere che Macron resisterà...
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