Opinioni
6 settembre, 2025Articoli correlati
Dalla politica ai media, alla scuola. Contro i crimini di guerra siamo incapaci di prendere una posizione
Funamboli sul filo dell'inconcludenza. Siamo davvero inarrivabili nell'esercizio del dondolio attendista. Volgiamo in grottesco la tragedia immane innescata da Hamas e trasformata dal governo di Netanyahu nella prodigiosa opportunità di chiudere per sempre la partita - non con i terroristi, ma con i palestinesi. Davanti all'annessione di Gaza e Cisgiordania, alla pulizia etnica di un popolo, di fronte a un "palazzinaro" che vede già nuove Trump Tower, il nostro cerchiobottismo spacciato per avvedutezza ci fa trionfare sull'unico podio che meritiamo: quello del ridicolo.
L'equilibrismo è arte antica e trasversale. Ogni governo lo esercita con propria creatività. Il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani si dice «assolutamente favorevole» al riconoscimento dello Stato palestinese, ma precisa che «deve esserci lo Stato palestinese» per poterlo riconoscere.
Siamo alla tautologia, degna del compendio di sofismi che la politica italiana ci ha regalato nel tempo. Perché, certo, noi «non vogliamo dare uno schiaffo morale a Israele». E anche la premier è «favorevole allo Stato palestinese». E ci mancherebbe. «Ma – ci spiega – serve un processo concreto».
Quale? Forse partire dal riconoscimento? Unirsi ai 147 Paesi che si sono espressi. Esercitare un atto politico capace di rimarcare l'isolamento in cui Netanyahu sta cacciando Israele e porre un confine alla legittima reazione al 7 ottobre. Fissare un limite a quelle che la stessa Meloni definisce «risposte inaccettabili» da parte israeliana, rifiutandosi però di trarne conseguenze che vadano oltre una generica condanna.
Meglio restare in equilibrio, sempre sotto l'ombrello della «preoccupante deriva antisemita» che si ha, ovviamente, l'obbligo di non fomentare. Ma neanche da usare come alibi, come se criticare Netanyahu fosse lo stesso che negare la Shoah.
Sui media tradizionali il cerchiobottismo si dispiega dosando al bilancino del farmacista cronache inoppugnabili con la solfa soporifera di talk show in cui anche l'orrore diventa opinione. E quando Spagna, Norvegia e Irlanda hanno riconosciuto la Palestina, se ne è lodato il «coraggio» e al contempo paventato il «rischio», come se schierarsi a difesa dei diritti umani fosse alternativamente un atto eroico o un azzardo e non un dovere.
A scuola, regno dell'ipocrisia educativa, il puntiglioso ministro Giuseppe Valditara si è incaricato di raccomandare ai docenti di affrontare la questione mediorientale «in modo – manco a dirlo – equilibrato». Che, tradotto, significa avvertire l'esigenza di «ripristinare l'equilibrio informativo». Il seminario è giudicato pro-Palestina? Allora sentiamo le associazioni ebraiche. Perpetuando così l'identificazione malsana tra un popolo e le azioni di chi lo governa.
Il cerchiobottismo ha tanti figli, ma il preferito è l'inazione. Molti dirigenti, per non doversi scervellare su genocidio, colonialismo, oppressione, apartheid, diritto internazionale, risoluzioni Onu e crimini di guerra, anche tra le proteste dei docenti, preferiscono evitare guai. O, al massimo, cavarsela con una condanna estesa a tutte le violenze. Che vale sempre, nella sua ambiguità e, soprattutto, non implica doversi sobbarcare l'onere di insegnare a distinguere, volta per volta, tra vittime e carnefici. Perché, per poi eccellere, restando sospesi a mezz’aria, bisogna imparare presto.
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