Lo scarica-barile di petrolio. Il nuovo articolo dell'Espresso sul Russiagate targato Lega ha provocato forti reazioni anche tra i diretti interessati. E ora ognuno difende se stesso, chiamando in causa colleghi e superiori, ma contraddice le versioni altrui.
Nessuno ha potuto smentire le notizie pubblicate dal nostro settimanale. La banca d'affari inglese Euro-Ib ha davvero ottenuto da una società chiave dell'Eni, nel maggio 2017, una «lettera di referenze» che la accreditava come «partner d'affari affidabile» del gruppo statale italiano. Proprio quel documento targato Eni è stato utilizzato dall'avvocato Gianluca Meranda e dal leghista Gianluca Savoini, protagonisti dell'ormai famosa riunione con i russi nell'ottobre 2018 all'hotel Metropol, nella trattativa finale con la Gazprom per sbloccare il maxi-affare petrolifero con Mosca, con l'obiettivo di dirottare decine di milioni alla Lega. E su quella lettera di referenze, scoperta e pubblicata dall'Espresso, c'è la firma dello stesso manager della stessa società dell'Eni che è sotto inchiesta a Milano per altre presunte tangenti, create con lo stesso schema delle mediazioni petrolifere, per comprare il silenzio di un avvocato arrestato per diverse grandi corruzioni italiane.
Le prime precisazioni sono arrivate dall'Eni. Il gruppo, nel testo pubblicato integralmente sul nostro sito, si dichiara estraneo a qualsiasi ipotetico reato: l'ufficio stampa difende con forza i vertici aziendali e rinconferma le posizioni espresse più volte nel corso delle indagini giudiziarie, già riferite puntualmente nell'articolo dell'Espresso. Sulla principale novità, cioè il documento utilizzato dalla banca Euro-Ib nella trattattiva con il gigante russo Gazprom, secondo l'Eni si tratta di «una mera lettera di referenza generica, risalente a maggio 2017, che riflette una dichiarazione imputabile a chi l’ha sottoscritta, Alessandro Des Dorides, non trovando alcun reale riscontro nelle attività commerciali effettive di Eni Trading & Shipping (Ets)». Quindi il documento pubblicato dall'Espresso esiste ed è autentico, ma va minimizzato: era un'iniziativa individuale di quel singolo manager. Che lo stesso gruppo Eni ha poi licenziato e denunciato, nel maggio di quest'anno, per presunte «violazioni di norme e precedure interne» riferite ad altri affari petroliferi, che non c'entrano con Russia e Lega.
Il manager Des Dorides però non accetta di fare il capro espiatorio. Ha già chiesto al tribunale di annullare il licenziamento perchè ingiusto. E dopo l'articolo dell'Espresso ha affidato al suo avvocato, Oliviero Mazzi, una dettagliata lettera di precisazioni, anch'essa pubblicata per intero sul nostro sito.
«Euro IB è stata accreditata in Eni Trading & Shipping (Ets)» non per iniziativa di Des Dorides, scrive il suo avvocato, ma «a seguito della presentazione fatta dal Ceo Franco Magnani», cioè dall'amministratore delegato, il numero uno della società statale. Per confermare le sue affermazioni, Des Dorides aggiunge che la piccola banca inglese fu «inserita nella vendor's list», cioè nel registro dei venditori autorizzati a trattare con l'Eni, e «si propose come possibile fornitore di diesel», per decisione di altri manager, rispettando le normali procedure e gerarchie aziendali: «Euro IB è stata ritenuta una valida controparte dalla funzione interna che valuta ogni singola società prima di qualsiasi tipo di business», scrive l'avvocato. Che precisa: «Des Dorides non era il responsabile di tale procedura di controllo (Kyc) e non ha seguito nemmeno il processo di autorizzazione della controparte. Tale funzione ricade esclusivamente nell’area di competenza del Cfo», cioè del capo di una struttura aziendale diversa dalla sua.
Des Dorides ricorda anche una riunione riservata nella capitale inglese, nella sede di Eni Trading & Shipping: «Euro-Ib fu presentata dall’amministratore delegato Magnani nell’occasione dell’incontro, presso gli uffici di Londra, con Gianluca Meranda, Glauco Verdoia e Francesco Vannucchi». Meranda e Vannucchi sono i due consulenti italiani, ora indagati a Milano, che hanno accompagnato il leghista Savoini all'incontro cruciale con i russi all'hotel Metropol. Dove loro stessi parlavano proprio dell'Eni come previsto compratore finale del maxi-carico di diesel che, attraverso un giro di mediazioni truccate, avrebbe dovuto riversare nelle casse del Lega, in crisi finanziaria dopo lo scandalo dei 49 milioni confiscati, un bottino enorme: 65 milioni di euro in nero.
I vertici dell'Eni e l'ex manager Des Dorides, che ha lavorato e fatto carriera nel gruppo petrolifero statale per 17 anni, concordano solo sull'epilogo finale delle trattative con la banca amica della Lega: «Non si è mai chiuso nessun affare tra Eni ed Euro-Ib». Il più ricco e promettente, in effetti, probabilmente è stato rovinato dall'Espresso: la lettera di referenze dell'Eni risulta trasmessa da Meranda a Savoini l'8 febbraio scorso, proprio per chiudere la trattativa ancora in corso con il gigante russo Gazprom. Pochi giorni dopo, però,i giornalisti d'inchiesta Giovanni Tizian e Stefano Vergine hanno pubblicato sull'Espresso, il 24 febbraio, tutto quello che avevano visto e sentito nella hall del Metropol: la trattativa segreta, appunto, per finanziare il partito di Matteo Salvini con il petrolio di Mosca.