Il gruppo Eni ha versato oltre 310 milioni di dollari a una cordata di aziende africane di appalti petroliferi che risultano costituite, attraverso un’anonima società di Cipro, dalla signora Marie Madeleine Ingoba Descalzi, moglie dell’amministrazione delegato del colosso dell’energia controllato dallo Stato italiano. La consorte di Claudio Descalzi, numero uno dell’Eni dal 2014, risulta anche titolare di un conto estero che ha pagato per anni regali di lusso, per oltre 700 mila dollari, soprattutto prodotti italiani di moda e design, a Julienne Sassou Nguesso, figlia del presidente-dittatore del Congo francese, dove la multinazionale milanese ha ottenuto ricchissimi giacimenti.
Sono alcuni dei segreti africani dell’Eni rivelati da un’inchiesta giornalistica dell’Espresso, pubblicata nel numero in edicola da domenica 10 marzo e già disponibile su Espresso+, che ricostruisce la rete di rapporti tra il gruppo petrolifero controllato dal governo italiano, il regime congolese e alcuni familiari di Descalzi, in particolare la moglie e il marito della figlia. L’inchiesta si fonda sui Paradise Papers, i documenti riservati delle società offshore dei potenti del mondo, svelati dal consorzio Icij di cui fa parte L’Espresso, e sui primi risultati delle indagini internazionali avviate l’anno scorso dalla Procura di Milano, che ipotizza colossali corruzioni dell’Eni in Congo, con presunte mega-tangenti divise tra il regime africano e alcuni manager italiani.
A collegare la signora Descalzi alle aziende straniere arricchite dai maxi-contratti dell’Eni è una segnalazione ufficiale delle autorità anti-riciclaggio del Lussemburgo, trasmessa nell’autunno scorso ai magistrati italiani. Le imprese interessate fanno parte del gruppo Petroserve, che fa capo a una società di Cipro, Cambiasi Holding Limited, fondata nel 2009 ma totalmente anonima. Secondo la denuncia anti-riciclaggio, la signora Descalzi ne è stata titolare per almeno cinque anni, fino alla nomina del marito al vertice dell’Eni, quando ha ceduto il controllo di quella piramide di società estere al suo manager di fiducia, Alexander Haly, già amministratore delle stesse aziende africane.
Haly è un manager inglese con residenza a Montecarlo che da qualche mese è indagato a Milano per corruzione internazionale insieme a Roberto Casula, che si è auto-sospeso dalla carica di numero due dell’Eni dopo le prime perquisizioni, ma respinge ogni accusa. Questo troncone dell’indagine giudiziaria sulle presunte tangenti italiane in Congo era nato dalla prima inchiesta giornalistica del nostro settimanale sui Paradise Papers, pubblicata nell’aprile 2018. Ora L’Espresso ha scoperto nuovi documenti che portano alla luce l’intera rete di rapporti d’affari tra il regime congolese, alcuni manager legati all’Eni e i familiari di Descalzi.
Quando fu interpellata sulle offshore di cui risultava titolare, la signora Descalzi dichiarò che le sue società estere “non hanno mai avuto alcun rapporto con l’Eni” e suo marito “non c’entra niente”.
L'inchiesta integrale la trovate sull'Espresso in edicola da domenica 10 marzo e già online su Espresso+
AGGIORNAMENTO 11 MARZO La replica di Eni al nostro articolo
AGGIORNAMENTO 12 MARZO La replica di Serge Pereira