Un giro in bicicletta per Massimiliano Latorre, con il suo uomo di scorta. Una gita fuori porta in taxi con i suoi familiari, per Salvatore Girone. Sono ore di relativa serenità per i due marò italiani in liberta' vigilata a Fort Kochi in attesa della ripresa del processo penale che li vede accusati della morte di due pescatori indiani. Il fatto risale al 15 febbraio scorso: i due sottufficiali, a bordo della petroliera italiana Enrica Lexie in qualità di Nucleo di protezione militare, spararono sul piccolo peschereccio dei pescatori, scambiato per un'imbarcazione pirata.
Una nuova udienza è fissata per l'8 novembre al tribunale di Kollam, nello stato indiano del Kerala (costa sudoccidentale del subcontinente), territorialmente competente. I familiari dei due fucilieri di Marina (sei persone in tutto di cui un uomo, quattro donne e una bambina) sono arrivati dalla Puglia alcuni giorni fa e hanno preso alloggio assieme Latorre e Girone nell'albergo che li ospita da pochi giorni, l'Eighth Bastion Hotel.
I due militari italiani, seguiti dai due uomini di scorta dell'ambasciata italiana di New Delhi che vivono praticamente con loro dal giorno della remissione in libertà, non rilasciano dichiarazioni, né tantomeno lo fanno i loro parenti, sorpresi e anche piuttosto infastiditi dalla presenza di un giornalista occidentale. "La prego di rispettare la loro privacy", dice cortese ma risoluto il manager dell'albergo. E la security ha l'incarico di non far passare nessuno.
I due marò comunque sono tutt'altro che segregati. Hanno il solo obbligo di firma imposto dalla libertà vigilata e devono restare entro i confini della municipalità di Kochi, che comprende la terraferma di Ernakulam, la penisola di Fort Kochi - l'area dove si trovano - e l'isola di Willingdon.
Per Latorre e Girone è il terzo cambio d'albergo in sei mesi. Subito dopo essere stati messi in libertà su cauzione avevano preso alloggio all'Hotel Trident di Willingdon, un'isola artificiale creata con il materiale dragato dai fondali per abbassarli e aumentarne il pescaggio: il porto commerciale di Kochi è tra i più importanti del Paese e la marina militare indiana ha qui una delle sue basi principali, ottimo deterrente verso un'eventuale (e molto improbabile) azione di forza da parte italiana.
Al Trident, cinque stelle di una catena indiana di nove alberghi, i due marò sono rimasti sino a fine luglio. L'hotel è dotato di una piscina immersa nella vegetazione tropicale, un centro ayuervedico (ma qui in Kerala qualunque alberghetto ne ha uno, almeno a parole), varie boutique di artigianato tipico e una televisione che riceve e trasmette anche il calcio italiano, tramite la rete Espn.
"Se ne sono andati perché per il vostro governo qui costava troppo", azzarda Anthony, un cameriere dell'albergo. Ma l'hotel dove si sono poi trasferiti è ancora meglio: da agosto sino al 24 ottobre scorso Latorre e Girone hanno vissuto infatti al Brunton Boatyard, un imponente cinque stelle realizzato pochi anni fa replicando lo stile coloniale portoghese del XVI secolo. Le stanze, tutte suites, si affacciano sull'imboccatura del porto in una zona del lungomare popolata di turisti, bancarelle di souvenir e le celebri reti da pesca cinesi: l'icona stessa del Kerala, tutto natura e tranquillità a differenza di gran parte del resto d'India, caotica e inquinata all'inverosimile.
A Fort Kochi i turisti si fermano uno o due giorni, in genere prima di visitare le piantagioni di the di Munnar, sulle colline dei Ghati Occidentali o di andare verso le lagune interne - note come backwaters - a bordo delle houseboat, battelli chiusi qui molto popolari. Sulla penisola, così come hanno certo fatto i due marò in tutti questi mesi, gli ospiti dei molti alberghi (si trovano anche stanze a 5 euro a notte, scarafaggi compresi) possono gironzolare tra le animate vie del centro storico coloniale, la sinagoga ebraica del XVI secolo o la chiesa di San Francesco, la più antica dell'India.
E proprio la chiesa cattolica cinquecentesca che ospitava la salma di Vasco da Gama si trova a due passi dall'Eighth Bastion, vicino a una spianata dove i ragazzi giocano a cricket a tutte le ore. Non è chiaro perché Latorre e Girone siano stati nuovamente trasferiti. Il terzo loro hotel è qui, in questa tranquilla zona residenziale a due minuti dalla spiaggia, piena di rifiuti e impraticabile anche per via delle piante acquatiche che infestano la costa del Malabar. L'albergo (due piani, 19 stanze, piscina e ristorante) è circondato dai molti Heritage hotels, vecchie dimore coloniali splendidamente riconvertite. Ma l'Eighth Bastion è stato ultimato da poco e aperto meno di un mese fa. Fa parte - come del resto il Brunton Boatyard - della catena indiana CGH (Casinos Group of Hotels) e c'è chi dice che presto anche qui apriranno tavoli e roulettes.
"Italian marines very friendly. Nice people" sintetizza Saju, il giovane indiano che gestisce un piccolo bar all'aperto dedicato a Bob Marley con musica reggae a palla, ganja su richiesta e whisky-cola venduto di soppiatto ai turisti fidati, perché non si potrebbe. Latorre e Girone si sono fermati spesso da lui, in questi giorni. E le loro sorelle e nipoti hanno acquistato qualche abito nel negozietto accanto.
Probabilmente, i familiari dei due fucilieri ripartiranno per l'Italia prima della ripresa del processo, tra poco più di una settimana. Le incognite restano molte: l'udienza potrebbe saltare nuovamente (ma a chiederne il rinvio l'ultima volta era stata la difesa dei due italiani) per attendere il pronunciamento della Corte suprema di New Delhi, chiamata a decidere sulla giurisdizione del caso. Come noto l'Italia, supportata in questo anche dalla UE, sostiene che l'incidente si è verificato in acque internazionali, e dunque l'India non puo' processare i due militari.
La tensione resta alta: le recenti polemiche (in India, per il vessillo della marina militare "indossato" dalle Ferrari all'ultimo Gran premio di F1; in Italia, per i fischi dei veterani militari al ministro alla Difesa, Di Paola) non fanno sperare in una rapida soluzione della vicenda, a cui l'Italia sta dedicando tempo e risorse con una difficile opera diplomatica. L'opinione pubblica indiana, poco sensibile alle questioni di territorialità, resta perlopiù convinta che i due marò abbiano ucciso i due pescatori e che per questo debbano essere giudicati e condannati in Kerala. I molti dubbi di parte italiana sulla ricostruzione ufficiale dell'incidente non sembrano condivisi qui a Kochi. E la teoria del doppio episodio (due sparatorie in tempi e luoghi diversi, con i pescatori uccisi in altre circostanze, non dagli italiani) non pare convincere nessuno. "Riportiamoli a casa" non è solo lo slogan dei loro molti sostenitori in Italia, ma anche l'obiettivo ultimo dell'azione diplomatica gestita tra Roma e New Delhi.