Prodi, Berlusconi, Celentano, Cristicchi, i Dico, il papa. Il decano dei cantautori va all'attacco. E viene in concerto a Roma per Giovanni Passannante.  Colloquio con Gino Paoli

Solitario come un lupo, orgoglioso come un leone. A 72 anni il decano dei cantautori italiani, Gino Paoli, se la vive "come il soldato Zero: faccio una cosa per volta". Ma sempre a modo suo. Da irriducibile ribelle, da ostinato anticonformista. Il 7 e 8 marzo è stato a Soresina, per una jazz session con Roberto Gatto ed Enrico Rava. Il 19 marzo canterà a Roma, al Teatro Palladium (vedi box a pag. 86), per chiedere assieme ad altri artisti la sepoltura dell'anarchico Giovanni Passannante. "Passannante nel 1878 graffiò una coscia di re Umberto I", racconta Paoli: "Fu torturato, sepolto vivo in una torre sull'isola d'Elba, e una volta morto, decapitato. Cranio e cervello sono in mostra nel Museo criminologico di Roma. È un'infamia. Dobbiamo ridargli dignità. E una tomba".

Signor Paoli, come mai questa sua vena libertaria?
"Sono anarchico da sempre. Il gene dell'anarchia l'ho ereditato da mio nonno, analfabeta, che conosceva a memoria gli scritti di Carlo Cafiero, le canzoni di Pietro Gori, l'autore di 'Addio a Lugano', e anche la 'Divina Commedia'".

E come vive l'anarchico Paoli?
"Da uomo libero. Senza dar fastidio al prossimo. Io non rompo le balle agli altri, gli altri non le rompano a me".

E magari al bar con gli amici a bere e parlare 'con profondità di anarchia e di libertà'...
"Sì, libero come un gatto. Che non si sottomette all'uomo e si conquista i suoi spazi anche là dove sembrano impossibili".

Però dal 1987 al 1992 è stato deputato del Pci. Come andò?
"Mi convinsero Occhetto, D'Alema e Angius. Mi dissero che bisognava mobilitare tutte le energie migliori per cambiare questo Paese. E io, ingenuo, accettai".

In che senso?
"Mi entusiasmava l'idea di poter fare qualcosa per gli altri. Soprattutto per la musica. Da portare nelle scuole, nelle carceri. Una volta eletto, chiesi di entrare nella commissione Cultura e nella Vigilanza Rai. E sa dove sono finito?".

Prego.
"Nella commissione Trasporti. Una frustrazione mostruosa. In compenso ho imparato il politichese e l'arte della mediazione: se fai fare una cosa a me, io te ne faccio fare una a te, anche se sbagliata. Il Parlamento ha le mura di gomma. E io non sono uomo da compromessi. Gli unici li concedo a una donna".

Però il Pci non c'è più. E magari domani ci sarà il Partito democratico.
"Per carità. Ora mi manca il Pci. E anche la Dc. Almeno si capiva da che parte stavano. Adesso a sinistra senti discorsi di destra e viceversa".

Dopo la parentesi da deputato ha fatto l'assessore alla Cultura nel Comune di Arenzano, sulla Riviera di Ponente. Andò meglio?
"Macché, altro errore. Mi ci portò mio cognato. Capii subito che si riproducevano gli stessi meccanismi della politica nazionale. Ricordo che nel 1992, con Enzo Majorca mi sono immerso per esplorare la nave Haven, una superpetroliera che era affondata al largo di Arenzano. Era ancora piena di nafta, petrolio nero dell'Iran. Denunciammo tutto. Il Comune di Arenzano mi accusò di voler rovinare l'immagine del paese... Li mandai a cagare".

E del governo Prodi che ci dice?
"Prodi mi sembra onesto, ma non sa comunicare. E poi il suo governo è circondato da decine di piccoli ricattatori. Però non sono deluso. Hanno ereditato un paese a pezzi. Quando hanno vinto le elezioni, sul mio blog ho scritto: se la sinistra è onesta ci dovrà far sputare sangue...".

Che ne pensa del grande comunicatore, Silvio Berlusconi?
"Lo conosco da quarant'anni, quando non era nessuno e faceva tutto lui a Telemilano. Era gentile. Ora è diventato come il Dottor Jeckyll e Mister Hyde. Anche se in verità è sempre e solo Mister Hyde. Quando parla, poi, sentenzia come se fosse sopra a un pulpito. Sembra Adriano Celentano. Retorico, idee approssimative".

Chi parla chiaro, almeno, è papa Ratzinger.
"Non ho rispetto per la Chiesa che vuole suggerirmi quello che devo fare. Che è diventata un partito, con i suoi rappresentanti in Parlamento. Ora abbiamo pure la sinistra col cilicio...".

E forse i Dico.
"Non mi sembrano una rivoluzione. Davanti alle discriminazioni divento cattivo. A 11 anni feci a botte sulla spiaggia con alcuni ragazzi che prendevano in giro un disgraziato. Poi ricordo come massacrarono Umberto Bindi. Soprattutto i giornali: lo ridicolizzarono. Una emarginazione da cui è impossibile uscire. Umberto era un uomo dolcissimo".

Lei ha scritto molte canzoni contro la guerra, da 'Niente di nuovo a Est' a 'Se la storia siamo noi'. Ha aiutato Emergency di Gino Strada.
"La guerra l'ho vissuta. E il ricordo peggiore è la sua assurda normalità. Mia madre che sotto le bombe andava a fare la spesa, io che andavo a scuola. Come se niente fosse. E poi i suoi orrori, che non si possono nascondere. Parte della famiglia di mia madre finì nelle foibe. Un'altra storia orrenda, un'altra grande rimozione. Ma perché gli americani invece di bombardare l'Afghanistan non lanciano cibo e medicinali? Vincerebbero la guerra".

L'anarchico Paoli che fece nel '68? Partecipò?
"Smisi di cantare. All'epoca si dovevano scrivere solo canzoni di protesta - la musica ha sempre le sue stagioni - e per tre anni feci l'oste a Levanto: piano bar, pista da ballo e pizzeria. Ma dipinsi tutto di rosso. Anche perché nel Comune c'era un monocolore democristiano".

Lei ha partecipato a cinque Festival di Sanremo. Le è piaciuta l'ultima edizione?
"Non l'ho visto. Non guardo la Rai e Mediaset. I loro programmi non mi interessano. Vedo solo Fox Crime. Ma perché devo pagare il canone? La Rai non la voglio più vedere".

Eppure a Sanremo hanno trionfato i cantautori: Simone Cristicchi e Fabrizio Moro.
"Bei furbi. Ma non mi riferisco a loro due, che non conosco e magari sono pure bravi. Ma alla categoria. Che segue le mode: va il sociale? E vai con i poveracci. Va il disimpegno? E vai con il cazzeggio. Ora tornano i cantautori".

Ma lei non ascolta la musica?
"Di ogni genere. Ma la musica va inghiottita da soli. L'ultimo concerto l'ho visto nel secolo scorso: Burt Bacharach e Dionne Warwick. Ora ascolto Rachmaninov".

Intanto ha dichiarato guerra alla Siae, la Societa italiana autori ed editori...
"No, basta, non solleviamo quel tombino lì".