Per loro deve essere stato un paradiso, il sogno di ogni roditore: infilarsi nel caveau del formaggio più celebre. Ma quando i carabinieri hanno scoperto più di 1500 forme di parmigiano reggiano abbandonate alla gioia dei ratti, si sono resi conto che quel caseificio non era certo una fortezza. Una piccola crepa rispetto al fatturato del distretto dell'eccellenza agroalimentare, di cui Parma è il capoluogo, patria dei buongustai. Ma la ricchezza garantita dalla lunga lista dei marchi Docg, Dop, Igp e simili rischia di farne l'Eldorado dei truffatori, a spese dei consumatori e del Made in Italy. I carabinieri del Nucleo antisofisticazioni di Parma hanno esplorato il lato oscuro della food valley verificando una serie di irregolarità. Uno dei sequestri più significativi, condotto dai militari del tenente Giovanni Maria Jacobazzi, ha riguardato quelle 1.524 forme di parmigiano reggiano già marchiato Igt che facevano la felicità di una colonia di grassi sorci, trovati a sgambettare - e a defecare - sulle preziose forme in stagionatura. Il paradiso dei topolini era a Collecchio, nel caseificio Sant'Elisabetta che fa parte del Consorzio Parmigiano Reggiano. Le quasi cinquanta tonnellate di parmigiano, per un valore di un milione e mezzo di euro, sono state bloccate prima che finissero in commercio.
Ben più gravi conseguenze per l'organismo avrebbero provocato i batteri 'escherichia coli' presenti in quindici tonnellate di formaggio che stava marcendo, tra larve e muffe, in due capannoni di Gattatico e Sant'Ilario d'Enza, nel Reggiano. Il maxisequestro, effettuato nella calura dello scorso ferragosto, ha svelato ulteriori inquietanti traffici nel business del formaggio marcio, scoperto già due anni fa dalla Guardia di finanza di Cremona. Al centro del traffico il palermitano Domenico Russo, titolare della International Cheese Gmbh, già coinvolta in alcune inchieste internazionali sulle pericolose triangolazioni tra società che smaltiscono formaggi scaduti, facendoli resuscitare dalle aziende di Russo, da cui li riacquistano a basso costo per metterli in vendita come nuovi. Passaggi che, come rivelato dalle analisi del Nas di Parma, non eliminavano la presenza degli e-coli, all'origine di patologie che dalla dissenteria possono portare alla setticemia o alla meningite.
I terminali del traffico di prodotti caseari nocivi per la salute erano, in questo caso, gli stabilimenti della Fallini Formaggi e della Sodele Magazzini Generali, dove erano appena arrivati 40 bancali di cacio avariato della International Cheese Gmbh. Che, nonostante le denunce, e grazie a società compiacenti, continuava a lavorare indisturbata con decine di aziende italiane e straniere: nomi di primissimo piano, che ogni giorno la maggioranza degli italiani trova in vendita negli scaffali dei supermercati e vede reclamizzare negli spot. C'è persino l'azienda di uno dei dirigenti del Parma Calcio. Tutte società ignare, fino a prova contraria, dell'effetto boomerang: il formaggio scartato che tornava indietro dopo essere stato lavorato e poi fuso o grattugiato.
Dal formaggio alla carne la truffa è sempre in agguato. I carabinieri col camice bianco hanno messo i sigilli anche ad un deposito di Cadeo, in provincia di Piacenza, dove sono state scoperte cinque tonnellate di carni bovine e di pollame stipate fino al soffitto in depositi fatiscenti, bruciate dal congelamento e senza alcun marchio che ne indicasse la provenienza.
Anche in cantina ci si può arricchire con qualche trucco. Il 9 aprile scorso i carabinieri hanno messo le mani su qualche bottiglia di ottimo Gutturnio, di Bonarda, di Malvasia dei colli piacentini e di Reisling Italico, già certificate Doc o Igt. Scoprendo che due imprenditori vinicoli, titolari dello stabilimento di imbottigliamento Bonelli e dell'azienda agricola San Lorenzo, nel Piacentino, addizionavano gas per accelerarne la fermentazione. E così sono state sequestrate 16 mila bottiglie, 50 mila litri di vino sfuso e otto bombole di anidride carbonica.
Nella food valley si fa come con il maiale: non si butta nulla. Persino gli scarti tornano nel piatto. Grazie ad una 'soffiata' anonima infatti, lo scorso ottobre, i Nas guidati dal nuovo comandante Angelo Balletta hanno intercettato un carico di rimasugli di lavorazione animale che viaggiava da Parma a Mantova: lì i militari hanno sequestrato 130 quintali di salumi e formaggi ammuffiti e pieni di vermi. Merce putrida che però poteva vantare la provenienza più appetibile sul mercato internazionale.
Il menù del disgusto si chiude con un blitz di pochi giorni fa: nel salumificio Piacesalumi di Pontenure, a Piacenza, dove due tonnellate di carne venivano ripulite dalle muffe, rietichettate con la data di scadenza posticipata e rimesse in commercio. Una storia che mostra quanto sia urgente cambiare le regole: il salumificio era stato sospeso dal Consorzio dei tipici piacentini ma si fregiava ancora dell'ambito marchio Dop.
Politica
20 novembre, 2008Roditori nel deposito di parmigiano. Prosciutto marcito. Carni muffite e riciclate. Dai controlli dei Nas di Parma emerge il lato oscuro della food valley italiana. In edicola da venerdì
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