La sfida nel centro sinistra per la candidatura a Palazzo Marino è sempre più accesa. Ecco schieramenti e supporter dei tre protagonisti in gara: Boeri, Pisapia e Onida

L'aria che tira ricorda quei duelli sui 10 mila metri tra un keniota e un etiope dove a due giri dalla fine il tosto inseguitore ha agganciato l'atleta partito in testa, e si capisce che se la giocheranno allo sprint lungo. Milano, primarie del centrosinistra il 14 novembre. I duellanti sono Giuliano Pisapia (l'avvocato ed ex parlamentare che è stato il primo a candidarsi, imponendo le primarie alla coalizione che sfiderà Letizia Moratti in primavera) e Stefano Boeri (l'architetto-urbanista autore di un brillante inseguimento).

I sondaggi li danno molto vicini, tra il 40 e i 43 per cento dei consensi; mentre, spiace dirlo, pur battendosi con forza il terzo candidato, Valerio Onida, giurista di valore, cattolico, figura meno vicina ai partiti, appare (intorno al 15 per cento) ormai battuto, forse sfavorito dai 74 anni di età. E non è mai entrato in gara il quarto, l'ambientalista Michele Sacerdoti.

Autunno cupo a Palazzo Chigi, ma a Milano non ci si annoia. La battaglia per il sindaco, con la Moratti in carica ancora sotto esame dell'indebolito Cavaliere, ha ridestato spirito civico, speranze, passioni come non accadeva da 15 anni. La sensazione che provare a vincere non sia più una chimera.

Perché qui il mondo dei partiti è stato spiazzato da candidature della società civile nel pieno senso del termine. E in un ampio arco di opinione pubblica ha prodotto sollievo: finalmente si può scegliere tra candidati espressi dalle forze proprie della città. Stavolta il centrosinistra non gestisce Milano come una pedina di scambio da manuale di Realpolitik: l'agnello da immolare dove non si può vincere, e le energie forti canalizzate altrove, da Torino a Napoli. Stavolta no.
Certo a Milano un partito che rischia più degli altri c'è, ed è il Pd.

La scommessa è ardita, la maggior parte del partito appoggia Stefano Boeri, un esponente della borghesia professionale illuminata (come Pisapia e Onida) con un profilo internazionale (insegna anche a Harvard, negli Stati Uniti). Ma se Boeri alle primarie fosse battuto da Pisapia, che ha tra i suoi sponsor il predicatore trendy Nichi Vendola, pronto a benedirlo il 6 novembre al Teatro Dal Verme con l'incenso asperso da Gad Lerner, le ripercussioni nazionali sarebbero forti. "So bene di rischiare", dice il segretario metropolitano del Pd Roberto Cornelli, "il partito milanese ci ha messo la faccia, con Bersani e con gli alleati. Siamo convinti della concretezza di Boeri, che ha una visione innovativa ed europea ma conosce la città nei dettagli; e appoggeremo lealmente, pancia a terra, chiunque vinca". Difende il modello primarie? "Sì, perché sono le primarie del centrosinistra, non del Pd, equivoco alimentato ad arte: ci aspettiamo una partecipazione superiore agli 80 mila stimati inizialmente".

I milanesi, al duello Boeri-Pisapia, hanno preso gusto. I candidati, il liberal e il radical, sono di qualità. Per qualcuno lo sfidante ideale dovrebbe riunire l'uno e l'altro, la visione urbanistica e ambientale di Boeri, il solidarismo appassionato di Pisapia. Come dice Michele Mozzati, un artefice dell'industria-Zelig: "Voterei volentieri la somma dei due. E spero che poi lavorino insieme, chiunque vinca. Anche se forse auspico che vinca Boeri". Spleen similari altrove: "Bei candidati, ma non vedo il vincente", confessa il filosofo Umberto Galimberti: "Parlano molto al cervello e poco alle emozioni, come sa fare Berlusconi". E il duello all'ultima curva, nella città dei ceti medi riflessivi con 170 mila studenti universitari, leader nella finanza, nella medicina, editoria, moda, design, comunicazione, crea pathos tra mariti e mogli, padri e figli, colleghi di lavoro. Quasi un gioco di società. Renzo Piano appoggia Boeri? Vittorio Gregotti, Pisapia.

L'editore Rosellina Archinto vota Pisapia? Sua figlia Alberica, Boeri. Si dividono le signore dell'assistenza e del volontariato: con l'avvocato, Francesca Floriani; con l'architetto, Maria Grazia Guida della Casa della Carità. Lo scultore Arnaldo Pomodoro è in dubbio, l'artista Tullio Pericoli pure, Carlo Feltrinelli tace (ma preferisce Boeri), sua madre Inge chissà. È lacerata la dinastia editoriale Mauri. Il design e i creativi tendono a Boeri, da Luca De Padova a Fabio Novembre a James Irvine, ma Gae Aulenti no. Non c'è pace tra banchieri ed economisti: silenzio da Alessandro Profumo, ma sua moglie Sabina Ratti è in prima fila agli incontri con Pisapia (Piero Schlesinger e Salvatore Bragantini restano fedeli a Onida). Fibrillazione anche in casa dell'editore de "L'espresso": Carlo De Benedetti ha avuto Pisapia come avvocato, ma nutre viva stima per Boeri...

Attenti, però: il duello non riguarda solo le élites. Ci si divide tra gli inquilini Aler, tra i giovani a 600 euro al mese, negli ospedali, tra i negozianti, gli insegnanti, gli artigiani, i pensionati impoveriti che la Milano morattiana ha ignorato o illuso. Sono temi che i duellanti (e non di meno Onida, uomo del cattolicesimo sociale) hanno a cuore. Pisapia invita il city manager di Torino, Cesare Vaciago, a discutere di macchina comunale? Boeri chiama i sindaci dell'hinterland. E, a sorpresa, Massimo Cacciari, che pure da settimane fa il suggeritore tenebroso circa un candidato centrista e sparigliatore (passasse Pisapia, più marcato a sinistra). Mentre aleggia lo spettro gentile dell'ex sindaco Gabriele Albertini in salsa finiana, e l'eventualità di una Moratti dirottata da Roma a occuparsi in esclusiva di Expo 2015. Idea che attrae anche certi ex socialisti, ed ex craxiani, rimasti senza casa.

"La sfida è nazionale", osserva Boeri, "anche perché Milano vuol tornare a imporre idee proprie in politica. Non vogliamo i segretari nazionali paracadutati a darci l'imprimatur, ma al contrario raccontargli noi come stiamo lavorando. Sono fiducioso, sento fermento, tra il volontariato, le associazioni, gli studenti, le inziative sociali, i quartieri". Boeri sta lanciando le sue Cinque Giornate, incontri sulla scuola, la sicurezza (consulte di quartiere su modello londinese), l'ambiente e la mobilità, il lavoro, la casa.

Diffonderà idee nuove sul trasporto pubblico, il verde, il quoziente famiglia (aiuti e sgravi fiscali a chi assiste anziani soli, disabili, malati), la trasparenza amministrativa (anagrafe degli eletti).

Pisapia risponde dov'è più esperto: la tutela dei più deboli, la sicurezza (non il coprifuoco) nelle periferie, la mediazione tra italiani e immigrati, la guerra allo spaccio. La semplificazione dei servizi civici, un'urbanistica difensiva rispetto alle mire delle immobiliari, la lotta alle mafie. "A Milano-città, dove alle ultime provinciali lo scarto tra centrodestra e centrosinistra era di soli 20 mila voti, è possibile vincere. E se vinco", dice, "parlerò ai moderati delusi, a laici e cattolici, alla borghesia e alle partite Iva. Credo di essere apprezzato per l'attitudine al dialogo e al garantismo. Milano, comunque, è tornata a essere un'officina politica".

E se un Philippe Daverio può permettersi di fare lo snob ("Voterò Sacerdoti, l'unico vero simpatico"), resta un fatto: se accadesse il miracolo di Milano riconquistata dal centrosinistra, sarebbe forse l'inizio di uno smottamento nazionale. Non si osa dirlo, ma sognarlo non è più vietato.

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