Dai Bassetti-Craxi ai Bernabei, dalla signora Bocchino a Tulliani, a Viperetta. Ecco i clan che si contendono i 190 milioni della televisione di Stato per film e serial

L'ambientino di Rai Fiction è riassunto nelle peripezie di "Mia madre", miniserie diretta da Ricky Tognazzi su una famiglia calabrese emigrata a Torino negli anni Cinquanta. Andrea Purgatori e Laura Ippoliti scrivono la sceneggiatura durante il 2007 per la casa di produzione Trio, che la consegna all'allora direttore di Rai fiction Agostino Saccà. "Era entusiasta", garantisce per la Trio Maurizio Tedesco. Senonché Saccà perde la poltrona, e al suo posto si siede nel 2008 Fabrizio Del Noce. Che chiude il progetto in un cassetto e ce lo lascia mesi. "Fino a quando", dice Tedesco, "vengo informato che l'operazione riparte: ma senza la nostra società...". La Rai, titolare dei diritti, ha passato in scioltezza "la sceneggiatura all'Ellemme group di Massimo Ferrero", per i nemici Viperetta.

Il produttore romanissimo che dal 1969 bazzica il cinema conoscendo tutto e tutti (incluso l'attuale direttore generale della Rai Mauro Masi, al quale avrebbe presentato l'ex fidanzata Susanna Smit). Lo stesso Ferrero che, stando al quotidiano "Libero", avrebbe frequentato l'ormai celebre Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini voglioso di produrre per la Rai (Viperetta, però, smentisce e querela). E sempre Ferrero, finita quest'estate la lavorazione di "Mia madre", deve ancora ottenere dalla tv di Stato il contratto (circa 3,8 milioni di euro). Per un dettaglio non da poco "che risolveremo prestissimo, anzi subito", assicura il suo commercialista: a oggi, il gruppo Ellemme è controllato dalle società inglesi Elmhold Limited e Artgold Limited. E il consiglio di amministrazione della Rai ha valutato tale assetto "opaco": troppo per non pretendere chiarimenti.

Questa è l'aria che tira, al gran banchetto fiction di viale Mazzini. I produttori, dai bravissimi ai più improvvisati, si attovagliano e sgomitano. Ci sono i fedelissimi del premier Silvio Berlusconi. Imprenditori della nouvelle vague finiana. Ma anche cantori del sentimento leghista, uomini attenti alle volontà d'oltretevere, nostalgici di Bettino Craxi (oltre a suoi parenti stretti) ed estimatori del ticket Prodi-Veltroni. Per non parlare dei personaggi alla Viperetta, dialoganti se necessario dai mari ai monti.

Una famiglia sui generis, insomma, che tutta insieme appassionatamente compone il Pdf: il cosiddetto Partito della fiction. Una casta di produttori che, anno per anno, si spartisce denari da capogiro: "Per privacy aziendale non comunico il piano economico 2010 del settore", traccheggia il direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce. Ma c'è un foglio interno, aggiornato al 12 luglio scorso, che rivela la somma in questione: 190 milioni 367 mila euro. "Cifra che, in epoca di vacche magre, stenta a placare appetiti pantagruelici", commenta un dirigente Rai: "Con immaginabili conseguenze...".

Prima fra tutte, che i produttori più attrezzati, non solo sul fronte tecnico, lasciano ai paria le briciole. Basti pensare alla Luxvide Spa, la casa di produzione della famiglia Bernabei.

Nel piano Rai fiction, a questa corazzata vengono riservati nel 2010 21 milioni 580 mila euro. Si passa da "Micol e le sue sorelle", fiction in due puntate sulla sartoria Fontana (interpreti Anna Valle e Alessandra Mastronardi), a "Un passo dal cielo", dove Terence Hill guiderà per sei serate una squadra di forestali sulle Dolomiti. "Va rimarcata la professionalità, l'esperienza che ci fa eccellere", si raccomanda il presidente del cda Matilde Bernabei, figlia dell'Ettore presidente Rai dal 1961 al 1974. E ci mancherebbe altro. Ma è il caso di raccontare, anche, chi oltre ai Barnabei partecipa alla società. Iniziando dal consigliere e socio tunisino (18,53 per cento) Tarak Ben Ammar, socio altrove pure di Berlusconi. Proseguendo con il 14,04 di Intesa Sanpaolo. E trovando, nel 10,88 della Ricerche e consulenze aziendali srl, l'ex presidente della Cassa di risparmio di Roma Pellegrino Capaldo: così stimato dal Vaticano, che lo inserì nella commissione sullo Ior e il fallimento del Banco Ambrosiano.

Volendo, poi, si potrebbe continuare con la presenza in Luxvide di due fondazioni legate alla Conferenza episcopale italiana. Ma soprattutto va ricordato chi è, e che cosa fa nella fiction, il marito di Matilde Bernabei: ossia Giovanni Minoli, giornalista amico di Bettino Craxi, ex direttore di Rai Educational e Rai Storia, oggi in pensione ma responsabile della struttura Rai che celebrerà il 150 anniversario dell'Unità d'Italia. L'uomo che per la tv pubblica sovrintende al progetto della soap di Raitre "Agrodolce", girata in Sicilia dall'Einstein multimedia group spa (proprietà al 100 per 100 della lussemburghese Prima Financial S.A.), dove a capo del consiglio di amministrazione c'è Luca Josi: l'ex ragazzo socialista rimasto al fianco di Craxi nei giorni di Hammamet. A questa fiction, la Rai riserva per il 2010 un finanziamento di 10 milioni 375 mila euro. Che si somma, sempre in area ex Psi, ai 15 milioni 750 mila euro che finanzieranno "Provaci ancora prof 4" (8 milioni 250 mila euro) e altri titoli di Endemol spa: colosso dove non soltanto Marco Bassetti, marito del sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, è presidente del gruppo. Ma tra i soci compare al 33 per cento Mediaset, entrata nel 2007 assieme alla banca d'affari Goldman Sachs e il fondo Cyrte.

Naturale che battersela, con questi calibri, non sia facile. Anche se nel tuo giro di conoscenze puoi vantare il presidente della Camera. Ciò premesso, nel 2010 la società Goodtime srl di Gabriella Bontempo, moglie del capogruppo alla Camera di Futuro e libertà Italo Bocchino, dovrebbe ottenere da Rai fiction 4 milioni 400 mila euro per le due puntate di "Anita"(Garibaldi, naturalmente). E altrettanto premiato, anche se non quanto vorrebbe, è il finiano Luca Barbareschi, titolare della casa di produzione Casanova. Che da una parte si accapiglia via stampa con la Ciao ragazzi srl di Claudia Mori (altro produttore con cognome e marito illustre) per girare una fiction su Fred Buscaglione, dall'altra attacca il Cavaliere "che fa fatturare a Rai la sua Endemol distruggendo le piccole aziende". E intanto ottiene dalla tv pubblica 1 milione 900 mila euro per il tv movie "Edda e il comunista"; nella speranza, aggiunge, "di girare la storia di Walter Chiari". Tralasciando il progetto sul maratoneta Dorando Petri, forse già accantonato, che nel piano Rai di luglio prevedeva 4 milioni 200 mila euro.

Se la ride Agostino Saccà, ex leader maximo della fiction Rai, scivolato sulle telefonate di Berlusconi per sistemare le sue protette: "Quello dei film per la tv è un universo chiuso, difficile...", fa il vago. E certi papaveri berlusconiani, in viale Mazzini, lo vorrebbero come consigliori per organizzare la Casta fiction, "magari promuovendo Lorenza Lei (adesso vicedirettore generale) al posto di Masi, e spostando Del Noce ai vertici della Biennale di Venezia". Ma è fantatelevisione, al momento; uno scenario plausibile quanto futuribile. Niente, insomma, rispetto alla concretezza dei 4 milioni 100 mila euro che nel 2010 la Rai avrebbe previsto per Renzo Martinelli, regista e produttore amato dai leghisti per il suo "Barbarossa", il quale ricostruirà in due puntate la vittoria della Lega Santa sull'Impero ottomano del 1683. Mentre 14 milioni e mezzo di euro, nel piano Rai, sono previsti per il sempreverde Carlo Bixio, che oggi gira con la sua Publispei srl "Un medico in famiglia 7" e "Tutti pazzi per amore 3", e nel 1998 ispirava la legge 122 Prodi-Veltroni sui diritti di chi realizza film televisivi.

"La sacra regola", borbotta un produttore secondario, "è che nel Partito della fiction i leader hanno soci, parentele o agganci privilegiati". E non è un luogo comune, Intrecciopoli. Nella Palomar spa, per citare un nome, la società che porterà su Raiuno "Il giovane Montalbano" (8 milioni di euro secondo il piano Rai), governano in tandem un produttore in sintonia con il centrosinistra come Carlo Degli Esposti (31,5 per cento) e la solita Endemol (68,5) partecipata da Mediaset.

L'ex amministratore di Grundy Italia (adesso Fremantlemedia Italia, 20 milioni 700 mila euro nelle previsioni Rai), era Roberto Sessa, in gioventù socio dell'endemoliano Bassetti, poi sostituito dal brillante Lorenzo Mieli che è figlio del Paolo presidente di Rcs Libri. E come leggenda metropolitana, nel giro della fiction, circola l'ubiquità di Ldm comunicazione spa (8 milioni 400 mila euro per sei puntate de "La Strana coppia", con Flavio Insinna e Giulio Scarpati), ritenuta prossima al centrodestra ma anche sponsorizzata alla Regione Lazio, durante la stagione Marrazzo, da un assessore di Rifondazione.

"Basta, non me ne frega più niente...", fa lo scocciato Barbareschi. La parola più appropriata per la fiction Rai è "ammuina", sostiene. E pensare che non conosce ancora l'episodio consegnato a "L'espresso" da Guido Paglia, responsabile delle relazioni esterne Rai: "L'anno scorso", testimonia, "il cognato di Fini, Giancarlo Tulliani, lo stesso che sperava di produrre fiction o altro intrattenimento per la tv pubblica, è stato ricevuto dal vicedirettore generale della Rai Antonio Marano. Il quale, a fine incontro, mi riferisce al telefono che Tulliani ha pronunciato di fronte a lui queste parole: "Sono io, il referente in Rai del presidente della Camera..."".
Possibile? Marano, contattato, in prima battuta smentisce. Poi si arrocca: "Non ho memoria, ok?". Finché conclude: "La domanda, così precisa, mi sembra eccessiva...". Battute da fiction, giustamente.

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