Il quotidiano del Carroccio ormai vende meno di diecimila copie, perde soldi, prepara tagli del personale. Ed è pure oggetto dell'eterno litigio tra il 'cerchio magico' e i maroniani

La Padania è rimasta al verde

Tutto un "mai", Pier Luigi Arnera, direttore generale della Editoriale Nord che pubblica "la Padania": "Mai un giorno di ritardo nei pagamenti di stipendi, forniture e servizi. Non un euro di debito. Mai bisognerà rinunciare all'edizione cartacea". Ok. Ma allora perché il quotidiano della Lega è in stato di crisi da 48 mesi, scadenza il 3 gennaio prossimo? Perché un anno fa hanno chiamato lui, Arnera, sindaco di Sezzadio nell'alessandrino ma soprattutto noto commercialista esperto in fallimenti? Perché, dopo uno sciopero della firma e le voci di licenziamenti e chiusura, sta convocando uno a uno i giornalisti offrendo soldi (pochini, pare, dieci o dodici mensilità) come incentivo all'esodo di 32 redattori e 10 poligrafici? Nicchiando tra "subiamo una defidelizzazione, forse il giornale piace meno" e "io sono un contabile di livello, non determino la linea editoriale", Arnera risponde che "proprio per aver gestito centinaia di fallimenti so che una crisi va fronteggiata ai primi bagliori, meglio prevenire che curare". "Sì, col "meglio prevenire" mi ci sono pagata l'università, ma vendevo guide mediche", scherza Cristina Malaguti, storica firma della "Padania": "Peccato, proprio ora che la Lega, unica opposizione, avrebbe bisogno di un giornale forte...".

Già, proprio adesso toccherà tagliare. Le provvidenze statali per la stampa di partito (alla "Padania" 3 milioni e 800 mila euro l'anno) sono a rischio, e senza quelle non batti chiodo. La tiratura, sulla quale è calcolato il contributo statale, è scesa da 62 a 55 mila copie, ma le vendite effettive oscillano tra le 8-10 mila copie di un giorno di metà settimana e le 25 mila la volta in cui, il Carroccio ancora al governo col Cav, il direttore Leonardo Boriani sparò "Bossi: Berlusconi in ginocchio davanti a Francia e Germania". "È tipico del nostro lettore, che si entusiasma quando andiamo giù pesanti, ma si distrae al centesimo titolo su quant'è bello il federalismo, ecco che arriva, è arrivato", sorride Boriani, alla "Padania" dal 2006.

Ora però il suo posto è a rischio. Con Arnera, l'uomo dei conti, Boriani non va d'accordo neanche sui numeri, figuriamoci sul resto. Boriani il giornale vorrebbe cambiarlo e rilanciarlo: le news su Internet, dove ora c'è solo il pdf in vendita su abbonamento; su carta, meno cronaca e più approfondimenti, "quelli che poi nelle sezioni usano davvero per lavorare sul territorio, che i militanti distribuiscono ai mercati, su temi come contributi e pensioni, sprechi, evasione, confronti Nord-Sud", appoggia Igor Iezzi, redattore ma anche segretario provinciale della Lega a Milano, vicino a Matteo Salvini. Giornalisti tutti salvi o quasi, solo ridistribuiti tra carta e on line. Bello, ma dove sono i soldi, con le copie in calo e Arnera che taglia? Roberto Crusadelli, nel comitato di redazione, ipotizza contratti di solidarietà, cioè riduzione dell'orario e dello stipendio in larga parte compensata dall'istituto previdenziale dei giornalisti Inpgi. Ma come rilanci, se tagli drasticamente?

A complicare la faccenda, la sfida in corso nel partito tra maroniani e Cerchio magico. "Il giornale è in mano al Cerchio", dicono i primi, basta guardare il cda: Bricolo, Reguzzoni, Stefani, Rosi Mauro più Cota e Giorgetti. "Maroni s'è già preso il suo spazio", replicano i secondi, che al posto di Boriani vedrebbero bene Stefania Piazzo, altra storica firma, molto vicina alla ex-sottosegretario Francesca Martini, anche lei iperanimalista. "Storie, qua marchettiamo tutti equanimemente", sorride un redattore. Chissà se basterà a salvare la pellaccia.

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