Il nuovo caput mundi della cultura nazionale è Cinto Euganeo, 2.069 abitanti nella Bassa Padovana. Lì, in una villa animata dalle tipiche galline di razza locale, Giancarlo Galan sta disegnando l'organigramma del ministero dei Beni culturali durante una pausa pasquale prolungata. Il fondatore di Forza Italia in Veneto (1994) ha conquistato il Mibac, custode di una fetta sostanziale del patrimonio artistico dell'umanità, dopo un esilio di un anno all'odiato ministero dell'Agricoltura. Nel ministero delle Mozzarelle, secondo la definizione dello stesso Galan, il politico padovano passava il tempo a battibeccare con gli agricoltori leghisti sulle quote latte. La morte civile per uno che si è fatto 15 anni da governatore regionale e ha umilmente intitolato la sua autobiografia "Il Nordest sono io".
Per fortuna, Silvio Berlusconi non dimentica mai una faccia amica. E Galan, corpulento bon vivant classe '56 cresciuto nelle giovanili di Publitalia, è utile da ricordare in un momento come questo, quando il premier deve scampare le idi di marzo ogni santo giorno. Il neoministro non ha deluso le attese. Per cominciare, si è scelto due bersagli di sicuro ritorno mediatico: Giulio Tremonti e Vittorio Sgarbi. Il primo è stato marchiato come socialista e criptodissidente. Il secondo è stato semplicemente estromesso dalla Soprintendenza del polo museale di Venezia per insufficienza di titoli.
L'utilità di questi duelli è presto dimostrata. Nel match contro Tremonti, Galan si conferma un fedelissimo del presidente del Consiglio, oltre che patrono di una cultura sofferente per i tagli. L'attacco a Sgarbi sottolinea una valorizzazione delle risorse interne al Mibac che ha immediatamente riscosso consensi in via del Collegio Romano. I soprintendenti, ossia la struttura amministrativa del ministero nominata in massima parte per concorso, hanno gongolato quando a Pompei Galan ha tessuto le loro lodi omettendo i direttori regionali, di designazione politica. E apprezzano l'attivismo del neoministro dopo la non gestione di Sandro Bondi.
In più ci sono le antipatie personali. Con Tremonti, la ruggine è antica ed è più volte sfociata nel lancio di dichiarazioni contundenti. Il vertice è stato toccato a luglio del 2009 quando l'allora governatore ha annunciato querela per danno di immagine contro il ministero dell'Economia a causa di dati falsi sul deficit della sanità in Veneto. Tutto rientrato in breve, con scuse di Galan e offerta di bottiglia di Prosecco a Tremonti. Anche con Sgarbi ci sono state tensioni a livello locale quando Galan voleva che sulle liste per la Camera in Veneto si desse la precedenza ai veneti e non a un critico d'arte di Ferrara, oltre confine.
Sembrerebbe una battaglia di stampo leghista. Ma in 15 anni di governo regionale il tormento di Galan è stato proprio di chiudere gli spazi agli uomini di Umberto Bossi e alle pittoresche varianti secessioniste lagunari. Molti, e fra questi l'eurodeputata vicentina Lia Sartori, una delle consigliere politiche più ascoltate dall'ex governatore, gli hanno rimproverato di essersi appiattito su posizioni troppo morbide, nell'ultima fase di potere locale. Un errore che il neoministro non intende ripetere.
Del resto, per lui non è stato facile trovare la misura. Ha chiesto rispetto verso gli extracomunitari contro le sparate razziste delle camicie verdi. Ha persino sostenuto la mostra di arte gay Vade Retro a Treviso. Ma se si differenziava troppo a sinistra, perdeva voti a favore della Lega. E se si differenziava troppo a destra, i veneti votavano Bossi direttamente.
L'ex governatore si è portato dietro molte di queste contraddizioni nella sua avventura al governo nazionale. Detesta il Carroccio ma evita Roma molto più di tanti leghisti fiaccati dall'amatriciana. Lui forzista della prima ora, ha come primo consigliere Franco Miracco, che ha trascorsi marxisti e gli presta citazioni colte da incastonare nei comunicati stampa. Pur aborrendo il generone romano, l'ex governatore è legatissimo al papa in pectore dei salotti capitolini, Gianni Letta. E questa è un'altra chiave per comprendere lo scontro con Tremonti, filoleghista e anti-Letta.
Altro paradosso: il Mibac è da anni terreno dei lettiani. Eppure Galan ha subito messo in discussione il ruolo di Salvo Nastasi, capo di gabinetto, direttore generale dello spettacolo dal vivo e, soprattutto, creatura del sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Per lui, si parla di un ricollocamento alla vicedirezione della Rai. Durante la gestione Bondi, Nastasi era di fatto il ministro. Troppo potere per un quarantenne rampante con tanti legami nella buona società romana. Galan vuole mano libera, a maggior ragione se continuerà a passare larga parte del suo tempo in Veneto, per lavoro o per diletto.
Sebbene venga da una terra di lavoratori efferati, non è uno stakanovista. Sono i suoi stessi amici a dirlo. Adora la pesca d'altura in laguna e la caccia in botte o nelle riserve degli amici industriali. In 15 anni di governo locale, quasi un regno, ha stretto relazioni con quell'imprenditoria veneta che magari guarda a destra ma vede la Lega come una minaccia. Forte dove i leghisti sono meno forti, quindi a Padova e a Vicenza, annovera fra i suoi amici gli Zonin, i Riello, Bepi Stefanel, Enrico Marchi che si è preso la Save dalla finanziaria regionale Veneto Sviluppo. Poi ci sono i signori del Mose e del Consorzio Venezia Nuova, come Romeo Chiarotto e Piergiorgio Baita.
Un certo trasversalismo fa parte della cultura politica di Galan che ha sempre avuto buoni rapporti con Paolo Costa, ex sindaco Pd di Venezia e presidente dell'autorità portuale, e con l'imprenditore delle antenne Massimo Calearo, ex Pd e oggi tra i Responsabili. Da governatore, ha anche imparato ad apprezzare il suo ex assessore Flavio Tosi. Il sindaco leghista di Verona sa abbinare la corda propagandistica più becera alla conduzione degli affari in un settore critico per il potere locale come la sanità.
E le origini liberali del titolare del Mibac, vantate in contrapposizione al presunto socialismo di Tremonti, non gli hanno impedito di costruire un ponte saldo con il patriarca di Venezia, Angelo Scola, che ha ricevuto dalla Regione un finanziamento da 100 milioni di euro per i restauri della Curia e del seminario.
Il salotto buono del miracolo del Nord-est, alquanto impolverato, ha nostalgia di Galan. Luca Zaia, leghista ed ex ministro delle Mozzarelle, è governatore del Veneto da un anno ma non ha ancora preso le redini del potere. Quando lo ha fatto, è stato per sconfessare il suo predecessore che non sopporta, ricambiato. Ma anche nel Pdl Galan ha molti nemici. Il clan dei socialisti lagunari è compattamente contro di lui, che li considera dei miracolati della prima Repubblica. Il veneziano Gianni De Michelis ha ironizzato pro-Tremonti nella polemica per l'intervista di Galan sul "Giornale".
Lo stesso ha fatto il trevigiano Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro. E con Renato Brunetta, cacciatore di fannulloni che rende a Galan una buona quarantina di centimetri di altezza, l'antipatia è palese. La sconfitta del ministro per la Pubblica amministrazione alle comunali del 2010 contro Giorgio Orsoni non è stata vissuta come un lutto nello staff di Galan, dove Miracco funge da ufficiale di collegamento con il movimento di Massimo Cacciari Verso Nord.
Galan continua a coltivare i legami con la madre patria come se non avesse mai smesso di essere il presidente della Giunta veneta. Adesso dovrà occuparsi di vicende che si svolgono in luoghi remoti e leggendari come Pompei, Reggio Calabria, Selinunte. Ma nel declino del Pdl il suo problema è ricostruirsi un'identità politica forte, magari attraverso liti contro avversari di peso. Il Mibac, sotto questo profilo, offre un palcoscenico e una risonanza che l'Agricoltura non ha. Il patrimonio culturale è in emergenza e va risanato con l'energia della prima Protezione civile. Se Galan saprà essere il Guido Bertolaso del Mibac, potrà avere un posto nella nebulosa del post-berlusconismo. Ma il momento di rischiare è adesso, magari per tornare in Veneto da vincitore. Meglio primi a Cinto Euganeo che secondi a Roma.