Lo storico leader socialista, amico di lunga data del Presidente Napolitano, analizza lo scontro tra il Colle e la procura di Palermo, l'assenza del Pd sulla vicenda, l'agonia della politica italiana
di Denise Pardo
19 luglio 2012
«Giorgio Napolitano ha una sola arma politica e la deve usare: il messaggio alle Camere sullo stato di salute della Repubblica» sostiene Rino Formica pluriministro, storico leader socialista, acuto studioso della politica e dei suoi cicli, presidente del movimento Socialismo è Libertà, legato da antica amicizia al presidente della Repubblica. Formica analizza lo scontro tra il Colle e la procura di Palermo, l'assenza del Pd sulla vicenda, l'agonia della politica italiana, il governo Monti «un governo politico di una nuova destra forte».
Il capo dello Stato che solleva il conflitto di attribuzione. Il Quirinale contro i pm. Come legge la vicenda? «È l'indicatore del tormento provato da un personaggio che ha vissuto sessant'anni di politica alta e sente l'impotenza delle istituzioni. Difende quello che può difendere. Non ha armi. E secondo me questo tormento spiega perché non usi la vera arma politica costituzionale che ha».
Quale? «Il messaggio alle Camere sullo stato di salute della Repubblica. Al punto in cui siamo va fatto, tanto ci troviamo a fine legislatura. Forse può essere il colpo di frusta necessario per svegliare i morti. Per dire “Alzati Lazzaro!”. Sa dove sono i morti? Sono in Parlamento. Credo che lui sia tormentato da una grande preoccupazione. Da una parte sarebbe un colpo bello se il messaggio producesse effetti virtuosi. Ma se, invece,certificasse l'atto di morte allora sarebbe un'impresa ad altissimo rischio. Tuttavia, secondo me, se non lo fa corre poi un altro pericolo. Che tra un anno gli venga imputato il non averlo fatto».
Come si inserisce il conflitto tra poteri nel quadro politico? «Mi si deve spiegare come sia possibile che accada un fatto eclatante, cioè che un conflitto tra poteri dello Stato raggiunga il calor bianco, sia pure nella forma garbata, intelligente, istituzionale del ricorso al conflitto di attribuzione - in più proprio tra poteri che hanno ambedue al vertice il presidente stesso - e il più grande partito d'opposizione ignori il gravissimo scontro. Senza considerare il fatto che il personaggio clou alla procura di Palermo sia il pm Antonio Ingroia, collaboratore fisso del quotidiano “l'Unità”. E nel frattempo il Pd s'infiamma per matrimoni gay e riti delle primarie? Come è possibile?».
Ma il Pd alla fine si è esposto. «Ma è un suicidio permanente, collettivo, continuo. Per esempio: fin dal primo momento Moody's ha detto che il declassamento del Paese era causato dalla politica e dall'instabilità sull'esito del voto delle prossime elezioni. Ma se il mercato desidera sapere in anticipo i risultati elettorali vuol dire che ha già in mente una sua scelta. La esprima subito,allora. Così non votiamo ed eleggiamo il Parlamento che vuole il mercato. Reazioni? Prese di posizione su questo? No. Nessuna reazione, ancora una volta. Nonostante fossero riuniti quasi in contemporanea i due sinedri, quello del Pdl e quello del Pd. Occupati a cosa? Il primo a rinverdire il vecchio nome, l'altro avvinto alla problematica delle coppie. No, non vedo nessuna apertura a una riflessione culturale e politica sulla crisi profonda e istituzionale che stiamo vivendo».
È anche una gravissima crisi economica «Sì. Ma non si profila una proposta se non quella rappresentata dai populisti di destra e populisti di sinistra. Continuiamo ad avere assemblee di partiti e presunti tali che si aprono con la domanda: “Che dicono i mercati?”. Comprensibile. Però se i mercati non si occupano più di economia e di finanza ma di politica, vuol dire una sola cosa: la politica è morta. Allora togliete il cadavere per favore».
Cosa prevede? «Stiamo andando verso il commissariamento politico dell'Italia da parte dell'Europa, del mondo. Ma, di nuovo, nessuno ha voluto leggere la torsione del governo Monti che da tecnico è diventato il governo politico di una nuova destra, forte, seria, pulita. Ma è una destra che governa per conto di altri. Il punto di svolta è rappresentato dai banchieri».
Per tornare al Colle: colpisce la coincidenza temporale dello scontro Quirinale e procura di Palermo sotto l'anniversario della strage Borsellino. «La coincidenza è data da un tempo comune, nel senso che la congiuntura è comune a tutte le istituzioni. È la crisi di un ventennio in cui, per un insieme di circostanze, si è rotto un rapporto armonico tra le istituzioni facendo saltare le regole di relazione della collaborazione tra organi dello Stato».
Perché è successo? «Non c'è stata una rivoluzione, nel senso culturale, ma l'affermazione del “togliti tu che mi ci metto io” e questa legge fa avanzare solo il peggiore perché è il più spregiudicato. Siamo privi di un sistema politico capace di formulare un progetto di alternativa di sistema. Napolitano ha cercato di spiegarlo quando ha detto che la proposta Pera sulla Costituente gli sembrava una buona idea. Ma se la Costituente diventa una necessità, vuol dire che il sistema non regge più».