«Se il sindaco di Firenze sta diventando il punto di riferimento del nuovo è per i comportamenti dei dirigenti vecchi. A iniziare dall'accordo con Pdl e Udc per la legge elettorale, che è più sporca del Porcellum». Parla Arturo Parisi, uno dei fondatori dell'Ulivo
di Marco Esposito
11 settembre 2012
Arturo Parisi, nel Pd, non è certo un 'rottamatore': compie 72 anni giovedì ed è stato uno dei fondatori dell'Ulivo, nonché ministro della Difesa ai tempi di Prodi. Ma non ha perso la voglia di rompere le scatole e di dire la sua senza peli sulla lingua. Oggi nel mirino ha non solo l'attuale segreteria del suo partito, ma anche e soprattutto l'accordo sulla nuova legge elettorale che Pdl, Pd e Udc starebbero mettendo a punto. «Sento annunciare un fratellino del Porcellum, ancora più sporco del Porcellum stesso», dice. «Un accordo che non restituisce, se non al 50 per cento, il diritto di scegliere i parlamentari, e sottrae quello di scegliere il governo. Con le promesse sulle riforme istituzionali finite nel nulla».
Professore, è un accordo per non cambiare nulla? «Di certo il tempo non è stato perso a caso. Ad esempio: 945 erano i parlamentari, e 945 restano. E perfetto resta il bicameralismo come perfetto era. No, non è cambiato nulla».
Di chi la colpa? «Ancora una volta siamo finiti a giocare allo 'schiaffo del soldato', cioè siamo qui a cercare di indovinare chi tra i partiti ci ha colpiti. La verità è che nessuno fa niente senza l'aiuto degli altri. Prima con la scusa delle riforme hanno procrastinato il cambio della legge elettorale: ora, per l'urgenza della legge elettorale, hanno cancellato le riforme»
Ma perché Bersani vuole una legge elettorale che rischia di non determinare un vincitore, proprio ora che il centrosinistra sembra ad un passo da una possibile vittoria? «Anche a novembre il centrosinistra veniva dato per vincitore sicuro. Peccato che il centrosinistra fosse allora soltanto una somma di addendi. Una foto rubata a Vasto a Bersani, con Vendola e Di Pietro. Esattamente come oggi, con Casini al posto di Di Pietro. Ma se restiamo privi di un profilo capace di dar vita ad un soggetto politico, restiamo ancora poco più di un desiderio»
Veramente ora Bersani ha varato la carta degli intenti, che dovrebbe essere l'inizio della costruzione dell'alleanza. «Per ora è una proposta del Pd, costruita sul rifiuto dell'ultimo ventennio, come se in questi anni ci fosse stato solo Berlusconi. Per il passato, un ritorno ai Progressisti del '94. E, sul presente, la difficoltà a ritrovare un denominatore che accomuni i partiti dell'alleanza, almeno nel giudizio sul governo attuale»
Intanto il partito si divide sul tema delle primarie. C'è chi vorrebbe evitarle. «Ormai la parola primarie è stata detta. Una parola importante difficile da rimangiare, ma una parola che alimenta attese precise. Soprattutto se si aggiunge: primarie aperte e vere. Stiano attenti a non deluderle. Potrebbe essere pericoloso»
Nel Pd si è aperto un conflitto generazionale che non ha eguali nel passato. «Il conflitto è tra il vecchio e il nuovo, e, grazie al contributo determinante del vecchio, Renzi diventa ogni giorno di più riferimento del nuovo»
D'Alema dice che Renzi non è adatto a guidare il paese. «Renzi ha un curriculum già ricco di esperienze di governo. Nonostante la sua giovane età, quanto ad anni di esperienza politica è più anziano di me e, per responsabilità di governo, perfino di D'Alema. La distanza istituzionale tra Washington e Little Rock era per Clinton certo maggiore di quanto disti per Renzi Firenze da Roma»
Lo appoggerà alle primarie? «Alla Leopolda ho detto che, nella frase “Io ho un'idea per l'Italia” che spiegava il suo mettersi in gioco, apprezzavo soprattutto il pronome “io”. È un pronome che in politica è, nei fatti, anche troppo praticato, ma nelle parole solo sussurrato e, per evitare le responsabilità e l'invidia, accuratamente nascosto dietro un "noi" di convenienza. Ma "io" è solo l'inizio della frase. Ora attendo il resto del discorso. La rottamazione non basta. Lo dico per rispetto della sua intelligenza».
Professore, sulla sua scrivania vedo il libro di Matteo Orfini, il leader dei 'giovani turchi', ovvero della sinistra del Pd. Lo ha letto? cosa ne pensa? «Da professore leggo da sempre di tutto: soprattutto le cose che, come questo, mi danno da pensare. Certamente rappresenta una linea costruita intorno ad un'idea di partito e d'identità molto diversa dal progetto che avevamo in mente, quando con "i Democratici" lanciammo nel solco dell'Ulivo l'idea del Partito Democratico».
Lei conosce molto bene Romano Prodi. Nichi Vendola lo ha candidato al Quirinale. «Penso che quello di Vendola sia un apprezzamento sincero, ma prima delle proposte e delle risposte vengono le domande»
Professore, si parla tanto di rinnovamento. E lei che fa? Si ricandida al Parlamento o lascia? «Mi sono interessato di politica anche prima di questi dodici anni passati in parlamento. E in politica cercherò comunque il modo per sostenere le idee nelle quali mi riconosco. Ma, soprattutto dopo questi anni consumati a pigiar tasti a comando, tornare in Parlamento è l'ultimo dei miei desideri»
Sarebbe possibile addirittura vedere Rutelli nelle liste del Pd e non Parisi? «Possibile? Col ritorno al proporzionale e il listone progressista che si annuncia all'orizzonte, direi che è probabile».