C'è una nuova maggioranza. «Ma mi chiedo quanto incideranno nella linea politica Formigoni, Giovanardi e Sacconi». Parla il grande costituzionalista

«Enrico Letta ha ragione: questa è una nuova maggioranza politica», dice Stefano Rodotà, commentando l’ultimo voto di fiducia al governo. Poi aggiunge: «Mi chiedo allora quanto incideranno nella linea politica Formigoni, Giovanardi e Sacconi». Il timore di Rodotà è che i dissidenti del Pdl possano «avere capacità di attrazione nel Pd», condizionando ancora il governo e immaginando che questo possa essere perfino un modello da replicare, perché «è chiaro che c’è chi, anche nel Pd, già lavora per questo». Il monito, insomma, per Rodotà è questo: «aver sconfitto Berlusconi non vuol dire aver sconfitto il berlusconismo».

Professore nel Pd parlano di «nuova maggioranza politica», la vede anche lei?
«Mi pare del tutto evidente. La mossa strumentale di Berlusconi non cambia la natura di ciò che è avvenuto: la sostanza è cambiata così come la maggioranza di governo. Ora si tratta di valutare cosa questo significherà. Già nel suo discorso Letta ha messo in evidenza che questo non è più un governo di scopo ma un governo politico.Lo stesso hanno detto i capigruppo Zanda e Speranza. Adesso bisogna capire qual è la politica. Esattamente come quanto la Merkel dice che vuole più Europa politica: è quella della carta dei diritti o dei trattati?  Questo è il problema, perché le cose che sono state fate finora dal governo sono state pesantemente condizionate da Berlusconi, che ha dettato l’agenda, bloccando tutti, per mesi, sull’Imu. Adesso cosa cambierà?»

Secondo lei?
«Ho alcune preoccupazioni. Coloro i quali hanno costituito la nuova maggioranza, i senatori del Pdl – ex o attuali non si capisce – pongono, a mio avviso, una seria ipoteca. Tre nomi: Formigoni, Giovanardi, Sacconi. Ognuno di questi incarna un punto di vista che non penso possa essere di buon auspicio. Formigoni è stato costretto dai suoi a dimettersi, ed è un simbolo del rapporto scorretto tra politica e affari: è questa la linea sulla moralità pubblica della nuova maggioranza?»

Attenti a Formigoni, allora.
«Non solo. Giovanardi si è sempre distinto per omofobia e razzismo ed è l’autore di una legge sulla droga che lo stesso Berlusconi ha chiesto di modificare, firmando i referendum radicali. Sacconi è stato sempre coerente con una versione tutta imprenditoriale delle politiche del lavoro ed è l’autore dell’art. 8 del decreto che nel 2011 ha derogato alla contrattazione nazionale. Incideranno o no queste
presenze?»

Lei che dice?
«Temo che avranno una certa capacità di attrazione nel Pd, dove ci sono posizioni non razziste né omofobe, ma tali da mettere in seria difficoltà il partito su temi come l’omofobia o i migranti. Per non parlare del lavoro. Prendo in parola Letta e ritengo che dal governo di scopo siamo passati al governo politico. Il punto è per fare cosa».

Letta l’ha spiegato nel suo intervento.
«E proprio lì ci sono dei punti da leggere criticamente. Come l’indicazione di nuove privatizzazioni, proprio quando le vicende Alitalia e Telecom ci ricordano i limiti di quel processo. Poi la vendita del patrimonio pubblico: spaventa l’approssimazione, gli accenni alla privatizzazione di servizi essenziali. Il governo finora è stato spettatore immobile rispetto ai tentativi di vanificare l’esito dei referendum sull’acqua: cosa vuole fare?»

Letta però intanto ha sconfitto Berlusconi.
«Questo è certo. Letta ha vinto e Berlusconi è stato sconfitto, anche se, non posso non notare, che è sembrato più volte sul punto di uscire di scena, ed è poi sempre stato salvato dall’incapacità o dalla scarsa determinazione dei suoi oppositori. Spero non succeda lo stesso questa volta, in cui Berlusconi
per la prima volta perde anche i suoi fedelissimi. Bisogna poi sapere che liberarsi da Berlusconi non vuol dire liberarsi dal Berlusconismo, dai guasti che ha prodotto, dalla recessione politica e culturale che ha innestato anche a sinistra».

Che ne sarà delle riforme istituzionali?
«La presenza nella nuova maggioranza politica di portatori di riforme che vanno nel senso dell’accentramento dei poteri e della diminuzione del controllo mi lasciano molto inquieto, nuovamente. Letta nel suo discorso ha richiamato solo tre punti di riforma: il numero dei parlamentari, il titolo V e il bicameralismo perfetto. Sono tre punti condivisibili, però averli estrapolati dal contesto lascia nell’ombra la grave scelta che si è fatta sulla procedura eccezionale con cui fare le riforme, che deroga alle garanzie previste dalla Costituzione».

Questa "nuova maggioranza politica" può essere proposta come modello per il futuro?
«Ora in molti sono scesi in campo, in modo frenetico, dicendo “ricostituiamo il centro”, ma questo dipenderà da molte cose, compreso l’esito del governo. E’ una previsione difficile, che non posso fare. Quel che però già sappiamo è che ci sono e ci saranno tentativi, anche nel Pd, di trasformare questa esperienza in qualcosa che ridisegni la politica».

La crisi di governo poteva essere un’opportunità per fare qualcosa di diverso? C’erano margini?
«Non lo so. Sappiamo però che nulla è stato fatto per tentare, e non solo in questa ultima occasione, di assicurare un’azione di governo che non fosse così debole. Ci sono molte questione serie a cui rispondere, come i 14 milioni di poveri, il 22 per cento della popolazione».

Lei è in contatto con i dissidenti dei 5 stelle?
«Guardi: Rizzetto l’ho incontrato casualmente alla stazione di Bologna, così come ho incontrato anche Di Battista, persona diversissima da Rizzetto, in un teatro. Sono però incontri casuali. Nessuno mi ha cercato e io non ho cercato nessuno. Questa cosa di presentarmi come una persona che cerca di dividere il movimento è una falsificazione. Io mi sto occupando solo della manifestazione
del 12 ottobre che cerca di capovolgere l’idea che si ha di chi difende la Costituzione, che non è solo protesta ma anche proposta».

Lei, Landini, Ciotti, Strada. Le faccio la solita domanda…
«La nostra è una riflessione semplice. Se da una parte c’è la politica debole obbligata alle giravolte, dall’altra c’è una società attenta ai diritti. Noi la mettiamo insieme, non per fare un altro partitino ma per fare massa critica e per modificare l’agenda»

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