Enrico Letta incassa come da copione la fiducia per il “nuovo inizio” del suo governo. Si restringe la coperta e all’appello, rispetto allo scorso 2 ottobre, mancano i voti di Forza Italia: 379 i sì (435 due mesi fa), 212 i no (erano 162). “Ma la coalizione più unita” rivendica il premier.
Certo è che nel nuovo inizio prospettato, c’è molto di Matteo Renzi.
Il deputato di Fratelli d’Italia Massimo Corsaro lo dice apertamente nel suo intervento: “Siamo convocati per fare un dibattito sulla fiducia a un governo senza che sia presente il padrone, vero e certificato, che non può essere presente perché non solo non è formalmente in carica ma non è nemmeno parlamentare. Quello che ci è possibile, quindi, è solo rivolgerci all’avatar del nuovo padrone della maggioranza”.
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Difficile dargli torto. Il sindaco di Firenze non è presente ma è di fatto il convitato di pietra che aleggia in Parlamento durante tutto il discorso del presidente del Consiglio. E anche nella replica, con il tributo ai “tre milioni di cittadini a votare domenica scorsa alle primarie, a dimostrazione che la politica è ancora viva oggi in Italia”. E se Renzi ha annunciato l’intenzione di un patto di governo sul modello tedesco, fatto di tempi e impegni precisi, ecco che Letta sembra sposare la linea, annunciando “una articolazione più collegiale tra i nuovi gruppi parlamentari della maggioranza”. Per il premier ci sono infatti le condizioni per un accordo e “le sollecitazioni espresse dai nuovi leader del Partito democratico e di nuovo centrodestra” sono “componibili”. Sarà davvero così? Per il momento è sicuro che l’agenda dell’esecutivo sterza significativamente su alcuni dei punti indicati finora dall’ex rottamatore. Fino alla plastica evidenza di Marianna Madia, nominata responsabile del Lavoro nella nuova segreteria Pd, che prende la parola al posto del capogruppo Roberto Speranza .
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LEGGE ELETTORALE - È questo il tema su cui Renzi ha battuto di più finora. Letta non entra nello specifico ma riconosce che “l’obiettivo è un meccanismo maggioritario” per “evitare l’eccesso di frazionamento”, che “condannerebbe all'ingovernabilità” e impedirebbe “una democrazia dell'alternanza”. Finora così a fondo non era mai andato, visto che a maggio (un mese dopo il suo insediamento) aveva perfino fatto bocciare al Pd la mozione del renziano Giachetti per il ripristino del Mattarellum.
FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI - Si tratta di un altro tema caro ai renziani, che non a caso hanno presentato alla Camera un apposito disegno di legge con Flavio Nardella, per anni braccio destro a Palazzo Vecchio del sindaco fiorentino. Anche questo è un punto che era presente nell’agenda del governo ma di fatto era stato dimenticato. Lo ha riconosciuto lo stesso Letta, che ha affermato che “troppo tempo è passato” dalle proposte dell’esecutivo. Il fatto che adesso venga manifestata l’intenzione di “completare definitivamente”, addirittura “entro l’anno” e “con tutti gli strumenti a disposizione” la questione è il segno di un’accelerazione assoluta e non casuale.
RIFORME E LAVORO - Nella sua tappa romana al teatro Olimpico, lo scorso 3 dicembre Matteo Renzi aveva affermato i primi tre impegni che avrebbe preso per il 2014, qualora fosse stato eletto segretario: Europa, riforme e lavoro. Esattamente gli stessi evocati anche nel suo discorso da Letta e indicati anche da Renato Balduzzi (Scelta civica) nel suo intervento. A cominciare dai costi della politica, altro cavallo di battaglia del primo cittadino di Firenze: riduzione del numero dei parlamentari, abolizione delle province, fine del bicameralismo perfetto, riforma del Titolo V della Costituzione. Non si tratta di un “plagio”, ovviamente, ma è sintomatico della consonanza dei temi. Proprio come nella volontà, manifestata dal premier, di privilegiare il lavoratore piuttosto che il posto di lavoro, che tante critiche ha attirato a Renzi dalla sinistra.
LA STOCCATA A GRILLO. Non è mancata, nell’intervento di Letta, una stoccata a Beppe Grillo e al suo incitamento ai poliziotti a rovesciare “il regime”: “Le istituzioni esigono rispetto, a maggior ragione in un tempo così amaro, nel quale sempre più spesso si tenta di immiserire quest’Aula con parole e azioni illegittime. Sono parole e azioni figlie di una cultura politica che mette all’indice i giornalisti, avalla la violenza, arriva a incitare all’insubordinazione le forze dell'ordine, che invece io qui voglio ringraziare davanti a voi e al Paese, per la fedeltà indiscutibile ai valori repubblicani che dimostrano ogni giorno”. Parole che accendono un battibecco a distanza col capogruppo dei Cinque stelle Riccardo Nuti: “La polizia deve difendere le istituzioni corrotte o i cittadini onesti ovunque essi siano, anche eventualmente in Parlamento?”. Quanto a Berlusconi, nemmeno una parola. Anzi una: “Nella vicenda giudiziaria di Silvio Berlusconi non sono entrato in questi mesi e non entro oggi”. Come dire: ormai appartiene al passato. Dopo le primarie ancora di più.