Ex commissario straordinario a Pompei durante il ministero Bondi, neo coordinatore dei club berlusconiani, Fiori è imputato per abuso di ufficio dalla procura di Torre Annunziata. Avrebbe indetto un appalto da quasi cinque milioni di euro senza indire alcuna gara, per un allestimento teatrale tra gli scavi

"Dovete censire sul territorio tutti i casi di malagiustizia del nostro Paese, che sono numerosissimi". Chissà se quando domenica scorsa ha pronunciato queste parole davanti ai militanti di Forza Italia, Marcello Fiori includeva anche la propria vicenda giudiziaria.

L’ex manager della Protezione civile al quale Silvio Berlusconi ha affidato il rilancio del suo movimento ha infatti in comune col Cavaliere qualche grattacapo con la giustizia: è infatti imputato per abuso d’ufficio per presunte irregolarità commesse quando era commissario straordinario di Pompei, fra il 2009 e il 2010. E se in primavera l’Italia tornerà davvero alle urne e Fiori sarà rinviato a giudizio, non varrà lanciare l’accusa di giustizia a orologeria: l’udienza preliminare, prevista lo scorso 9 ottobre, è stata rinviata al 12 marzo perché il manager era in viaggio di nozze.

Balzato in questi giorni agli onori delle cronache per il ruolo di coordinatore dei club “Forza Silvio”, Fiori - vicecapo di gabinetto di Rutelli sindaco di Roma - deve la sua fama proprio al lavoro svolto a Pompei, dove fu nominato dall’allora ministro Sandro Bondi. Eppure, secondo il gip che a febbraio ha posto ai domiciliari la titolare di una ditta favorita illegittimamente, quella gestione è stata caratterizzata da “una lunga serie di impressionanti anomalie ed irregolarità”.

Nel mirino della Procura di Torre Annunziata è finito l'allestimento scenico del Teatro Grande, che nel 2010 ospitò la stagione estiva del San Carlo di Napoli. Per i lavori, Fiori assegnò alla Caccavo srl di Pontecagnano Faiano (Salerno) un appalto di 4,8 milioni senza indire alcuna gara “facendo un ingiustificato e immotivato ricorso ai suoi poteri straordinari di deroga”. E tutto questo, scrive sempre il giudice delle indagini preliminari, nonostante non solo “si trattasse di opere non indispensabili” ma perfino “completamente differenti da quelle oggetto degli originari contratti di appalto”.


Già, perché il predecessore di Fiori, il prefetto Renato Profili, aveva affidato alla srl un appalto da soli 449.882 euro. Pochi mesi dopo il suo insediamento, però, le cifre erano lievitate sotto la voce “opere complementari al progetto”. In tutto, durante la gestione commissariale, in appena due anni alla Caccavo sono andati oltre 11 milioni di euro tra appalti ritenuti illeciti e rimborsi gonfiati fino al 400 per cento, secondo quanto emerso durante l’inchiesta.

Per non parlare dei lavori nel teatro, risalente al II secolo avanti Cristo: per posizionare i blocchi di tufo su cui far sedere il pubblico, vennero realizzati cordoli di cemento armato che videro in azione martelli pneumatici, betoniere e ruspe all’interno della struttura, di fatto trasformata in un cantiere edile. Interpellato più volte telefonicamente e via sms, Fiori non ha voluto commentare la richiesta di rinvio a giudizio avanzata nei suoi confronti, né ha ritenuto di far contattare l’Espresso dal suo difensore per spiegare la sua versione dei fatti.


L’accusa di abuso d’ufficio non è tuttavia l’unica bega giudiziaria per il neo-coordinatore azzurro. Se l’indagine sui lavori per il Teatro Grande è giunta al termine, al vaglio dei magistrati ci sono un paio di altri filoni paralleli sulla sua “allegra” gestione straordinaria: dalle spese per la struttura commissariale alle sterminate consulenze, passando per le altre ditte interessate dai lavori. Aspetti di cui l’Espresso scrisse già nel 2010 con un’inchiesta di copertina che fece scalpore e che provocò la piccata reazione di Fiori, che definì quelle del nostro giornale “ricostruzioni fantasiose e distorte della realtà”.

Ma al di là dell’aspetto prettamente giudiziario, raccontare la gestione commissariale del sito archeologico più famoso del mondo è come sfogliare l’album del berlusconismo degli ultimi anni e uno dei suoi aspetti più controversi: la trasformazione della Protezione civile in un colosso “tuttofare” che non si occupa più solo di soccorsi e calamità naturali ma anche di ricostruzione di città terremotate, manifestazioni sportive e perfino visite del pontefice. Sempre in nome dell’emergenza, sempre in deroga alla normativa vigente. Favorendo così l’emersione di cricche e profili ai confini della legalità, come hanno documentato le inchieste sui Grandi eventi e sui lavori per il G8 alla Maddalena.

Con Bertolaso, di cui è stato il braccio destro, Fiori ha condiviso quella stagione di gloria poi finita nella polvere fra accuse di favoritismo, ristrutturazioni di cortesia e le sedute di fisioterapia al Salaria Sport Village: i funerali di Giovanni Paolo II, i rifiuti per strada a Napoli, il termovalorizzatore di Acerra, il G8 dell’Aquila. È su quest’onda che Fiori approda a Pompei a inizio 2009 con un decreto - assai criticato dalla Corte dei conti, che ne rilevò l’illegittimità per carenza di motivazioni – con cui venivano ampliati a dismisura i poteri del commissario straordinario: non più soltanto manutenzione, ma anche pubblicità e rilancio turistico. Ed è proprio grazie a questo “snaturamento” che Fiori, anziché limitarsi a contrastare il degrado negli scavi, può permettersi di curare l'allestimento scenico del Teatro Grande, trasformandolo in un set.


È la “valorizzazione”, come va di moda dire in quegli anni. Il ministro Bondi e il governo Berlusconi, del resto, stanno già piazzando o sono in procinto di piazzare commissari straordinari praticamente ovunque per aggirare le pastoie burocratiche: oltre a Pompei, nell’area archeologica di Roma (assegnata in un primo momento allo stesso Bertolaso), al san Carlo di Napoli, per i Grandi Uffizi e per realizzare a Milano la Grande Brera, progetto affidato al manager Mario Resca, promosso a direttore generale e protagonista di un flop assoluto.

Secondo la Procura di Torre Annunziata, dei 79 milioni giunti a Pompei solo una minima parte è stata davvero utilizzata per la messa in sicurezza del sito. Fiori ha sostenuto di aver destinato a questo scopo 65 milioni. Quale che sia la verità, ora che è coordinatore dei club l’ex commissario dovrà stare attento a evitare a Forza Italia la fine della Schola Armaturarum, la domus crollata poco dopo la fine del suo incarico per infiltrazioni d’acqua e mancanza di manutenzione.

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