Diceva di voler cambiare rotta, invece sul tema il governatore leghista agisce nel solco del predecessore Formigoni. Elargendo nove milioni di euro ai privati che si occupano di 'tutela della maternita'. Mentre cresce il numero dei medici obiettori sul territorio. Mettendo a rischio, di fatto, l'applicazione della legge 194

«Per il Pirellone voglio il rinnovamento», parola del governatore Roberto Maroni.Passato quasi un anno e conquistato il piano più alto di Palazzo Lombardia, la voglia di cambiare è rimasta sulla carta. Dal ciellino Formigoni al leghista Maroni la musica non cambia per i fondi Nasko e le associazioni ultra cattoliche lombarde.

Dopo venti milioni di euro negli ultimi tre anni, ecco che con l’ultima delibera di venerdì 29 novembre spuntano altri nove milioni di euro per la “tutela della maternità”. Il conto totale supera i 29 milioni di euro stanziati in quattro anni per finanziare con risorse su misura i Centri di aiuto per la vita.

Nati il giorno dopo la storica vittoria al referendum del 1978, i centri sono gestiti da associazioni in prima fila contro la pillola Ru486 e ogni forma di interruzione di gravidanza indesiderata. A prendersi carico delle richieste delle intransigenti onlus è stato per primo, lo scorso luglio, il potente assessore all'Economia Massimo Garavaglia: «Rassicuro il Consiglio regionale che il fondo Nasko non è stato definanziato. Per il 2013 infatti ci sono tutte le risorse necessarie per soddisfare tutte le richieste pervenute e quelle che eventualmente arriveranno da qui alla fine dell'anno». Ma non è tutto, perché il braccio destro di Maroni rilancia: «Per gli anni futuri è stato approvato un emendamento al Piano di sviluppo che prevede il mantenimento del fondo». Le richieste dei cattolici più tradizionalisti sono soddisfatte.

L’idea è dell’ex presidente Roberto Formigoni che dal 2010 ne ha fatto una bandiera da programma elettorale: «È un fondo per la vita e la tutela della maternità, perché nessuno deve abortire per motivi economici», spiegava durante il tour che l’ha visto trionfare per la quarta volta. Dall’annuncio in campagna per le regionali alla leggina su misura sono trascorsi soli due mesi. È maggio 2010 quando viene stanziata la prima dote di cinque milioni: un fondo per assistere le donne nei primi mesi di vita con un assegno da 4.500 euro (poi abbassato a 3.000) per progetti di aiuto personalizzato: in pratica 250 euro di sussidio per 18 mesi.

Rimpinguato negli anni successivi per volontà personale di Formigoni, l’attuale senatore del Nuovo centrodestra non si è dimenticato dei Centri anti-aborto neppure quando è stato disarcionato dalla guida del Pirellone: a giunta già dimissionaria, nell’ultima raffica di delibere prima del ritiro, ecco spuntati altri 5 milioni di euro per continuare una sperimentazione diventata nel frattempo pratica consolidata. E Maroni pronto –a parole- a rivoluzionare il sistema sanitario lo conferma in toto mettendo a bilancio nove milioni di euro: un “pacchetto per la maternità” composto da Nasko e Cresco (dedicato all’alimentazione nel primo anno di vita del bambino).

Sono 3.386 le madri finora assistite con un servizio così delicato completamente delegato ai privati. «A sostenere le donne che rinunciano all'aborto nel progetto socio-lavorativo previsto dal fondo è scritto che debbano essere le associazioni che hanno in statuto la tutela della vita sin dal suo concepimento: un’assurdità», spiega la ex consigliera vendoliana Chiara Cremonesi, impegnata per tre anni a dare battaglia nel parlamentino regionale. Perché sono proprio quegli oppositori etici della legge 194, che in altre regioni come la Puglia si vuole tenere fuori dai consultori, gli utilizzatori finali di denari pubblici. "Ecco cosa succede quando si decide di far deragliare la legge che regola gli aborti e sponsorizzare con milioni di euro le attività di cattolicissime associazioni pro-vita. Invece di armonizzare le percentuali dei territori con medici e infermieri obiettori e non, il governo regionale feudo del centrodestra da vent’anni ha remato in direzione opposta: su 338 Centri di aiuto alla vita in tutta Italia che “offrono accoglienza e sostegno alle maternità più contrastate", ben 60 hanno sede qui: da Casalmaggiore nella bassa del Cremonese, fino ai 13 avamposti della Provincia di Milano. In contromano rispetto al buon senso e al rispetto delle leggi dello Stato non vengono garantiti i diritti di tutte le donne. La guerra al diritto all’aborto non si è mai interrotta".

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