Diventa un documentario la storia di Federico Altieri, il lavoratore licenziato ingiustamente che chiese solidarietà al regista britannico. Il quale per questo rifiutò il premio alla carriera al Torino Film Festival

"Dear Mr. Ken Loach". Ha esordito così Federico Altieri, lavoratore in una cooperativa torinese, scrivendo al regista britannico per raccontargli la storia del suo licenziamento. Ispirato, come egli stesso ha detto, dal film del cineasta "Il pane e le rose", Federico ha ricevuto da Loach, oltre a un'inaspettata risposta, solidarietà e partecipazione. Il regista rinunciò a ritirare il premio alla carriera al Torino Film Festival, lo scorso novembre, e prese posizione a suo sostegno.

Mercoledì, al Nuovo Cinema Palazzo, con un omaggio allo stesso regista, verrà presentato alla presenza di Federico il documentario "Dear Mr. Ken Loach", di Rossella Lamina e Nicola Di Lecce, che ricostruisce i passaggi di quest'amara vicenda, tutta italiana e nient'affatto conclusa.

Federico è un ex collaboratore della Rear Multiservice Group, la cooperativa di servizi presente in ambito museale sul territorio nazionale con oltre 1.000 dipendenti di cui è titolare il vice presidente della commissione cultura alla regione Piemonte, Mauro Laus, del PD (331mila euro in dichiarazione dei redditi). Federico, che lavorava per il Museo nazionale del Cinema di Torino, rifiutò di farsi decurtare un 10% del già magro stipendio – poco meno di 5 euro l'ora – e l'azienda lo licenziò, assieme ad altri quattro lavoratori.

Pur essendo stato riconosciuto come illegittimo il suo licenziamento dal tribunale del lavoro di Torino, Federico non è mai stato reintegrato. Gran parte della responsabilità ricade sulle due amministrazioni, quella comunale e quella regionale, rappresentate nel consiglio della fondazione del museo, che ha concesso l'appalto con cui la Rear fornisce i servizi a un costo quasi impossibile: un massimo ribasso che costringe i lavoratori a lavorare 200 ore al mese per raggiungere i 1.000 euro di stipendio. In questi mesi le istituzioni locali si sono destreggiate tra la mancanza di responsabilità diretta e un atteggiamento conciliante, ma quando si è trattato di dare risposte ai lavoratori, all'ultimo incontro i due assessori alla cultura di regione e comune hanno glissato: "Sui licenziamenti dei lavoratori Rear non ci si può esprimere".

Zitto anche Laus che pure potrebbe spiegare qualcosa del suo conflitto d'interessi come imprenditore e politico. "D'altronde avere al proprio interno anime così diverse – aggiunge ironica il consigliere comunale per la federazione della Sinistra Europea, Eleonora Artesio – è il senso della modernità del Pd, no?" Intanto pare che la Rear stia cercando un contatto con i lavoratori licenziati, tentando una negoziazione che salvi l'azienda dai possibili controlli degli ispettori del lavoro. Un'ulteriore forma di pressione, forse, per far sentire tutti ancora più precari.