Esclusa dal governo, la bionda amazzone attacca Alfano, i meridionali, e implicitamente la Biancofiore. Rendendo l'idea, seppure in politichese, dell'aria che si respira nel 'partito dell'amore'

Ravetto e la verità sul Pdl

Cara Laura Ravetto,

da tempo abbiamo capito che per noi mortali l’unica possibilità di conoscere qualcosa di non falso su ciò che succede nei partiti - tutti, nessuno escluso - viene dalle guerre fratricide fra correnti, dagli sgarri subìti dagli 'amici', e che l’unica trasparenza che possiamo aspettarci è questa.

A lei, onorevole Ravetto, dobbiamo però particolare riconoscenza non solo e non tanto per aver confermato in astratto questa “teoria della democrazia”, ma per il contributo di informazioni che in poche righe ci ha fornito sul Pdl, nella sua intervista a Tommaso Ciriaco su Repubblica.

Lei è stata esclusa dal governo Letta. Le avevano solennemente giurato un posto di sottosegretario poi gliel’hanno sfilato da sotto il naso. È entrata Papa - come si dice - e ne è uscita cardinale. E lei non lo ha proprio digerito. Ne ha fatto una questione personale. Anche perché aveva già assaporato le gioie del sottosegretariato, e insomma, proprio perché non si trattava di un ministero, ma neanche di un ruolo di potere da buttare via, glielo potevano, anzi dovevano dare.

Così ci ha informato, nell’ordine:
1) che Alfano è un bambinone;
2) che le ragioni per cui nel governo Letta ci sono tanti siciliani e campani non è certo casuale e tantomeno legata a scelte di merito o di professionalità;
3) che lei, nata a Cuneo, ce l’ha un po' con il Sud;
4) che nel Pdl c’è aperta ostilità verso le donne berlusconiane moderate;
5) che il suo segretario è un puro – anzi lei ha detto addirittura “cieco” – esecutore degli ordini impartiti da Berlusconi, ma allo stesso tempo c’è oggettiva rivalità tra i due e quando può Alfano manda avanti i suoi amichetti e continuerà a fare così anche dentro il partito.

Lo so. Non sono rivelazioni da Terzo Segreto di Fatima, ma non sminuirei l’importanza delle conferme che lei ci dà.

Naturalmente il suo linguaggio, chiarissimo e tipico di chi ha il dente avvelenato, è stato:

«Non voglio farne una questione personale, anche se è inutile nascondere che guardando le nomine non c’è né la sottoscritta - eletta in Lombardia - né altre personalità credibili del Nord Ovest. Non si parlava di un ministero, per me non era certo la partita della vita. Hanno fatto finta di indicare il mio nome, per poi depennarlo. Alfano poteva alzare il telefono. Non sono state procedure adulte».

E poi:

«Tantissimi siciliani e campani. Naturalmente non ho nulla contro il sud. Sono certa che dietro le sue scelte non ci siano ragioni campanilistiche».

«Non ci sono Carfagna, Gelmini, Bernini. Non voglio pensare a una ostilità, però è perlomeno strano che a non essere rappresentate siano tutte donne e tutte berlusconiane molto moderate».

«Non seguo chi parla di antagonismo tra Alfano e Berlusconi, anche perché sono certa che Alfano risponda ciecamente a Berlusconi. Ma le sensibilità territoriali e di genere devono essere riassettate. Sono certa che Alfano ne terrà conto».

Onorevole Ravetto, a questo punto va sottolineato che i suoi meriti non si limitano alle informazioni, vanno molto al di là. Lei ci ha dato una impareggiabile lezione di politichese. Una lezione degna minimo minimo di un Master.

Anzi, ci ha mai pensato? A tenere un Master sul “qui lo dico e qui lo nego”? Su “tiro il sasso e nascondo la mano”? Sul “parlare a suocera perché nuora intenda”?

Sarebbe una docente insuperabile.

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