La spending review ha dato una sforbiciata. Ma solo in apparenza. Perché se alla retribuzione si aggiungono le spese a loro beneficio (affitto degli uffici, telefoni, corsi di formazione informatica...) ecco che il conto sale. E anche parecchio
Quanto costa ogni anno un singolo deputato? A conti fatti una media di
380 mila euro. Basta moltiplicare per i 630 scranni e il risultato impietoso è di
240 milioni di euro l’anno. Certo, non si tratta di un numero subito visibile, ben schermato tra le voci del bilancio interno di Montecitorio, che da oggi verrà discusso dall’Aula, in attesa dell’approvazione prevista per giovedì.
Si tratterà di una quattro giorni in cui, al grido di “ammazza la casta”, ciascun Gruppo, come gli anni passati, vorrà vincere la coppa del più virtuoso e del “grazie a noi si risparmia su”, in un prevedibile ping pong sulle responsabilità delle spese e relativi meriti delle efficienze. Il messaggio che, comunque, dovrà arrivare forte e chiaro è che la politica stavolta fa sul serio e che la spending review parte dalle tasche dei deputati. Ma è proprio così?
A una prima occhiata, in effetti, gli eletti di Palazzo avrebbero di che essere soddisfatti: su un bilancio complessivo di 1.037 milioni di euro (oltre un miliardo, più esplicitamente), la spesa destinata ai deputati in carica è di “soli” 145 milioni di euro, vale a dire il 14 per cento del totale. E’ questo il mantra che i tre deputati questori responsabili dei conti della Camera (
Stefano Dambruoso di Scelta Civica,
Paolo Fontanelli del Pd e
Gregorio Fontana di Forza Italia) cercheranno di affermare in Aula, puntando il dito, se dovesse farsi necessario, su altri “cattivi”; per esempio l’esercito di commessi e impiegati che costa 254 milioni l’anno, una cifra che, nelle intenzioni di Laura Boldrini, verrà troncata con provvedimenti rigorosi, attesi già nelle prossime settimane.
Resta che, intanto, i capitoli di bilancio non vanno esattamente nel verso della virtù per i nostri deputati. Già, perché i 145 milioni trascurano un piccolo dettaglio: i costi per i beni e i servizi che vanno a unico vantaggio dell’eletto.
E così si scopre che la
spesa per gli affitti degli immobili in cui sono collocati i loro uffici vale quasi 40 milioni, che le
spese di trasporto per assicurare loro la libera circolazione sul territorio nazionale (e anche all’estero, per quelli eletti Oltremare) ammontano a quasi 11 milioni di euro, che il
personale esterno addetto alle segreterie dei fortunati titolari di incarichi (Presidente, Vicepresidenti, Questori, Segretari, Presidenti di Commissione, Giunte, Comitati e via compitando) pesa per 10,5 milioni di euro, previdenza compresa.
E non è tutto. In ordine crescente, la
spesa per la telefonia mobile a loro uso e consumo è di 200 mila euro, 300 mila impiegati per alfabetizzarsi in
corsi di lingue e di informatica, 455 mila per
l'assicurazione in caso disgraziato di morte o incidenti. Non per il primo soccorso: in questo caso, se si trovano a Palazzo, il servizio è garantito da medici e infermieri di guardia al costo di quasi un milione di euro, un servizio che – fanno notare in Transatlantico – “certo non esisterebbe se non ci fossero i deputati, come non esiste in nessun altro ufficio pubblico”.
A voler, poi, tralasciare un gruzzoletto di altri 900 mila euro circa che se ne vanno in spese per la
mobilità (compresa l’autorimessa e la benzina per le auto blu di cui godono i più fortunati tra i parlamentari), ecco brillare il mega contributo di
32 milioni di euro per i Gruppi parlamentari, soldi destinati – manco a dirsi – prevalentemente al personale di fiducia politica che lavora per gli eletti.
Messi in colonna e tirata la somma si torna così alla cifra record di oltre 240 milioni di euro, di molto superiore – quindi – agli striminziti 145 di partenza, legati al pagamento delle sole indennità e dei rimborsi.
Anche per questo, i Sindacati di Palazzo si sentono capretti sacrificali e hanno rotto ogni regola di fair play con la politica; obiettano, in sostanza, che i fari puntati sui loro stipendi servono solo da diversivo per non far rilucere troppo l’anello d’oro nel becco della gazza; dove la gazza sta per “mantenimento degli eletti”.
Fatto sta che al fischio di inizio dei lavori, i deputati dovranno affrontare un’arrampicata su parete liscia, per cercare di non perdere alcun privilegio ed evitare di farsi troppo facili bersagli mobili.