Adesso che pure il serio e londinese Economist le ha messo la coroncina in testa, dandole in pratica della Wonder Woman, l’opera può dirsi compiuta. O quasi. E ovviamente non si può vaticinare quale futuro l’attenda, ma di certo Maria Elena Boschi, 34 anni, acquario, avvocata, madrina oltreché ministra delle Riforme, pare al momento comodamente assisa al vertice della monumentale opera del renzismo di governo. Autorevole, competente, ma anche – ebbe a definirla il fotografo Oliviero Toscani – “fresca e piacevole come una mela”. Insomma, con buona pace di Lotti e delle dinamiche interne al Giglio Magico, che in questo caso interessano fino a un certo punto: Renzi è il principio fondante del renzismo, ma è Boschi che quel principio incarna e rappresenta.
Proprio l’Economist, per l’appunto, ha dedicato a lei l’articolo che magnifica l’azione dell’esecutivo dopo l’approvazione al Senato della riforma costituzionale, domandando addirittura: “E se l’Italia diventasse il Paese più stabile d’Europa?”. Una lusinga, un complimentone, specie da un settimanale che, per dire, dedicò a Berlusconi le famose copertine sull’uomo “unfit” (indegno, inadatto) a guidare l’Italia (2001) e sull’uomo che “ha fottuto” (“screwed”) un intero Paese (2011). Ecco, quello stesso settimanale oggi non pare avere occhi che per lei, Maria Elena. Citata per nome otto volte – il doppio di Mr Renzi – e di fatto elogiata per aver portato a termine, con il sì del Senato, “un compito che avrebbe potuto scoraggiare anche una super-eroina”, la ministra appare infine quel che è diventata. E che forse puntava ad essere fin dall’inizio, quando la si nominava “la giaguara” e lei si presentava al giuramento al Quirinale in quel tailleur pantaloni blu elettrico che - soprattutto a paragone con le mise di oggi - pareva uscito dai grandi magazzini dell’ingenuità.
Ecco, in quasi due anni di governo la giaguara ha reso trascendente il suo tratto animalier: che ormai resiste nello sguardo, più che nel tessuto o nel tacco. Certo a partire dalla figura tutto richiama alla concretezza, e Boschi come da filosofia personale non ha certo “mortificato la propria femminilità”. Tuttavia ai bacetti e ai sorrisetti che i tre quarti del Parlamento - cioè la sua componente maschile - le tributerebbero in ogni caso, si è aggiunta una stima trasversale, che da Calderoli a Finocchiaro passando per Verdini copre pressoché l’intero arco costituzionale.
Lontanissimi, comunque, i tempi in cui si guardava con curiosità la figura in bikini o lo stato civile, tra titoli come “signorina grandi riforme” e lunghi arzigogolii su quelle benedette serate in solitudine, calzettoni e tazze di latte da lei evocate su Vanity Fair. Adesso siamo all’Economist, come anche al Foglio che suggerisce a Renzi di puntare su di lei per il Campidoglio se vuole fare delle elezioni romane una vera sfida. Boschi, insomma, è il marchio. L’unica renziana che è riuscita a resistere, superando di una spanna le altre che la circondavano fino a poco fa. Quella che sorride a Porta a porta - mentre Renzi nervosamente presenta in slide la legge di stabilità - e che sempre c’è quando si tratta di gestire le riforme-chiave di Renzi: il Senato, l’Italicum, ma anche materie sulle quali avrebbe fino a un certo punto competenza, come la riforma della Scuola.
Certo i suoi incarichi non sono finiti qui: quando si votava per il Quirinale, per dire, girava come indiscrezione la voce che se Renzi avesse potuto, al Colle sarebbe salito lui, lasciando a lei Palazzo Chigi; circola periodicamente la voce di un suo incarico come vicepremier, da ultimo s’è sentita l’ipotesi di farla presidente della Camera. Sia come sia, oltre che nelle slide, sull’Economist, nella velocità riformatrice e la capacità di rastrellamento dei parlamentari “responsabili”, Renzi ha superato Berlusconi anche in questo. Perché l’ex Cavaliere ha sempre sognato un alter ego donna: l’ex Rottamatore ce l’ha già.