Così Matteo Salvini parla alla pancia del Paese: viaggio alla scoperta del dizionario "salvinese"

Il leader leghista ti tampina con parole normali, piantona la tv e i social network, è così diretto che sembra dire cose nuove anche quando non lo fa. E dietro i suoi "zecca", "zingari" e "vermi" c'è un animale della comunicazione 2.0

La sua fan page su Facebook viaggia oltre i 760 mila like, a un’incollatura dai 788 mila di Matteo Renzi. Il suo profilo personale conta circa 74 mila “seguaci”, oltre agli amici. Il link all’intervista sui campi rom da spianare in poche ore ha raggiunto i sui 45 mila like e le sei mila condivisioni. In un panorama così, si capisce, la sospensione per un giorno del suo profilo Facebook (decisa per via dei commenti, pesantissimi) poteva essere per Matteo Salvini una goccia nell’oceano, qualcosa di trascurabile. Invece no: il leader leghista s’è lamentato assai per il blocco social, ha trovato una spiegazione falsa ma comoda (“è perché ho usato la parola zingari”), l’ha contestata (“è una parola che usava mia nonna”), e infine l’ha buttata  in musica, postando l’Iva Zanicchi di “prendi questa mano, zingara”.  Insomma: ha trasformato un’ovvietà in una ottima occasione di ulteriore pubblicità.

Perché Matteo Salvini, animale da comunicazione 2.0, anzitutto in questo differisce dai Bossi, dai Maroni e persino dai Calderoli che l’hanno preceduto nella lunga storia dei populismi e degli eccessi leghisti: lui ti tampina con parole che useresti tu, non con i detti di qualche valle bergamasca, ti fa toc toc sulla spalla, chiede di continuo “voi che fate?”, tipo bambino col palloncino, non ti lascia mai solo. Va in televisione a ciclo continuo (solo nei tg rai, 83 minuti a febbraio), diffonde da Radio Padania, prende un aperitivo con gli iscritti alla Fiom, si fa i selfie con i cinesi di Prato, programma un giro al mercato romano della Garbatella, visita i campi rom più di un mediatore culturale: e contemporaneamente piantona i social network. Non lo fa mai da alieno: mica sta in canottiera, provocatorio riferimento a un mondo che fu. S’è scelto la felpa, ti tratta da amico: io voglio chiudere il Cara di Mineo, e tu? La provocazione, l’attacco alzo zero li sostanzia e li circonda con tante parole normali.
Schermata-04-2457122-alle-19-58-36-png

Non l’insulto passibile di denuncia come l’“orango” di Calderoli. Non l’italico orgoglio del “celodurismo”, fastidioso pure a scriversi e anche per questo a suo tempo efficace. No: c’è la nonna. E a seguire ci sono i “parroci” e “l’arcivescovone”, i “vermi”, le “zecche”, i “caminetti”, le “seggiovie”, “la colla”, “la sfiga”. C’è pure: “Buongiorno a tutti, anche alla Boldrini. O no?”.

Perché la scelta, e l’uso, delle parole in Salvini sono da manuale: una ricetta per chiunque, come la pasta al pomodoro. Una semplicità disarmante, anche nell’ormai famoso “do un preavviso di sfratto da qui a sei mesi, preannuncio la ruspa in tutti i campi rom, e tra sei mesi spiano, rado al suolo”.

Chiaro vero? Materiale che arriva subito, sia a chi piace, sia a chi no. Talmente diretto da sembrar nuovo, anche se non lo è: “Fossi sindaco, chiuderei tutti i campi in sei mesi”, aveva detto infatti Salvini sei giorni prima al Gratosoglio di Milano. E comunque: anche scorrendo l’ultimo mese di dichiarazioni varie, circa 500 lanci d’agenzia, vien fuori che il leader leghista parla sempre così. Non c’è niente da capire, nessuno sforzo. Persino la parola “inquietante” risulta troppo complessa, fuori dal lessico salviniano: buona per la Boldrini (“da Salvini parole inquietanti”), non per il leghista che non a caso l’ha usata di riflesso, per scagliarla di nuovo contro la presidente della Camera.
[[ge:rep-locali:espresso:285518278]]
Meglio cose concrete, miste a sentimenti, in un quadro fosco fatto di strangolamenti, disastri, discriminazioni, decomposizioni e massacri. Il “preavviso di sfratto”, come tutto ciò che riguarda la casa, viene usato per questioni gradite: va bene per cacciare i rom, ma anche per cacciare Renzi. “Le regionali saranno un segnale di sfratto per il premier”. Se qualcosa non gli piace, al contrario, Salvini esprime “tristezza”: “Che triste fine”, ha twittato postando la foto di un vecchio manifesto dell’Ndc accanto a cassonetti della spazzatura. “Non provo rabbia verso chi esce dalla Lega, è gente che fa tristezza: faranno la fine dei vermi”, ha detto dopo il divorzio da Tosi. “Tristezza” fanno pure adesso le critiche del Vaticano. Ma anche il premier: “Renzi in Europa fa tristezza”. “Triste” è la Milano di Pisapia.
[[ge:espressosite:espresso:1.198752:image:https://espresso.repubblica.it/polopoly_fs/1.198752.1423563050!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/articolo_480/image.jpg]]
E la Boldrini? “L’iniziativa sull’uso del femminile fa tristezza”. Dalla tristezza alla disperazione il passo è breve. “La commistione tra aziende che prendono appalti e la politica è disastrosa”. Il Pd che regala gli ingressi all’expo insieme con la tessera di partito è “disperato”. Alessandra Moretti, è una “poveretta”, ma anche “una signorina piacente, a tratti simpatica”, con “un bel taglio di capelli”: e così si torna al concreto, a fianco dei comuni “strangolati da Renzi che mettono le tasse anche sul caminetto”, o l’Imu “che al Nord si paga pure per le seggiovie”.

L’illustrazione delle eventuali ricette di governo dura giusto il tempo di calare la pasta, non di più. “Se dovessi andare al governo, il giorno dopo applicherei l’aliquota fiscale al 15 per cento. Non si può fare? Funziona in 40 paesi”. Nuove risorse? “Si potrebbe tassare la prostituzione”. “Con la Lega al governo, i due Marò sarebbero già a casa”. Nell’attesa di conquistare Palazzo Chigi, Salvini pubblicizza la prossima due giorni di gazebo leghista con sintesi mirabile: “Italiani, vi conviene chiedere asilo politico e rinunciare alla cittadinanza, visto che il governo vi discrimina”.

Profondissima l’analisi economica sulle linee del Def: Renzi dice che non ci sono tagli o aumenti di tasse? “Mavvaffanculo bugiardo al servizio di Bruxelles”. Già perché è “in questo momento il nemico è Bruxelles, che sta cercando di massacrare tutti i popoli e le economie locali”. L’Europa, dunque, non le vecchie ideologie. Salvini infatti non crede “alle distinzioni tra destra e sinistra: il derby fascisti-comunisti è una partita consegnata alla storia”.

Certo poi questo non gli impedisce di dire che “in Italia ci sono troppe zecche rosse”, o chiarire che per lui alla Garbatella, quartiere romano storicamente di sinistra, “è pieno di coglioni”. Né si imbarazza quando il capo di Casa Pound dice di essere mussoliniano: “Mi incuriosisce, come quelli che vogliono rifondare il comunismo”. Perché lui parla con tutti, “destra e sinistra”, ma Putin gli piace un casino: “E’ uno dei leader con le idee più chiare al mondo, per una società ordinata, pulita e armoniosa. Lo cambierei con Renzi al volo”. E comunque anche lui crede alla sfiga: “Speriamo che Renzi non porti rogna all’Expo”, ha detto quando il premier ha visitato il cantiere.

Il capo leghista riesce a farsi capire pure sul capitolo più difficile, quello davvero da politicanti: le alleanze alle regionali. Quando ha rinunciato al proprio candidato in Liguria, ad esempio, ha spiegato: “Abbiamo fatto un sacrificio per allargare l'alleanza, tenendo fuori Alfano, per fare il colpaccio". Il sacrificio e il colpaccio, voilà. “I sondaggi lo dimostrano, siamo arrivati a soglie impensabili, ma non mi accontento di crescere, voglio vincere”. Vincere!
[[ge:espresso:palazzo:1.140569:image:https://espresso.repubblica.it/polopoly_fs/1.140569.1425979887!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/articolo_480/image.jpg]]
Per crescere, intanto, ha preso di mira soprattutto Alfano, il suo bersaglio preferito. Perfetto, perché nella sua doppia veste di leader Ncd e ministro dell’Interno riassume in sé sia il ruolo di responsabile dell’immigrazione, sia il simbolo del centrodestra da marginalizzare. Per di più è meridionale, che fortuna: “Angelino il siciliano”, lo ha apostrofato una volta con studiato disprezzo, tra un’accusa di “squallore politico e umano” per “colla sotto il sedere per la poltrona” (caso Lupi) e una mezza preghiera: “Di fronte al terrorismo islamico siamo nelle mani del buon Dio. E per fortuna, perché se fossimo nelle mani del ministro dell’Interno…”.

A un certo punto Salvini ha lanciato anche l’idea di una class action contro di lui, ma intanto sa se lo tiene stretto, vicino vicino: “Alfano è il nulla, quindi può dire ciò che vuole”. Non come Renzi che, si augurava tempo fa, “è in Tunisia con la Boldrini, e speriamo che resti là”.

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Siamo tutti complici - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso