Con 398 sì, 28 no e 6 astenuti, la Camera ha dato l’ultimo via libera al testo che modifica la legge 898 del 1970. A scendere sono i tempi di separazione obbligatoria. Se l’addio è giudiziale, basterà un anno e se il procedimento è consensuale si arriva 6 mesi

Ci sono voluti più di dodici anni e innumerevoli tentativi ma ora il divorzio breve è legge. Con 398 sì, 28 no e 6 astenuti, la Camera ha dato l’ultimo via libera al testo che modifica la legge 898 del 1970, riducendo i tempi complessivi che servono per il divorzio. A scendere sono i tempi di separazione obbligatoria. Se l’addio è giudiziale, basterà un anno, da tre, e se il procedimento è consensuale si arriva 6 mesi. Non c’è, invece, stralciato già al precedente passaggio parlamentare, il “divorzio immediato” che tanto aveva fatto preoccupare Carlo Giovanardi e che avrebbe tolto completamente l’obbligo di separarsi prima di arrivare all’istanza di divorzio.

A favore hanno votato Pd, Sel, Movimento 5 stelle, Scelta civica, Psi e Alternativa libera. Forza italia e Area popolare hanno dichiarato il loro sì lasciando, però, libertà di coscienza. La Lega Nord ha lasciato libertà di coscienza, senza dichiararsi favorevole. È un ottimo risultato, considerando che - subito dopo il voto - Famiglia cristiana ha così tuonato: «Il parlamento ha offerto una prova di forza trasversale a danno, ancora una volta, della famiglia».



Matteo Renzi può quindi vantare una legge che certamente piace alla sinistra. È un buon colpo, nel giorno delle polemiche sull’Italicum approvato a colpi di maggioranza e sui migranti: «Un altro impegno mantenuto» twitta risoluto il premier.

Il testo però piace a molti, in parlamento e fuori. E pure la forzista Deborah Bergamini dice che «da oggi Italia è più moderna» e che «il divorzio breve approvato a larga maggioranza testimonia politica che sa lavorare per rispondere a società».

L’Italia si mette così, in effetti, in pari con l’Europa, recuperando ad esempio la Spagna, dove il divorzio breve - più breve di quello italiano - c’è dal 2005, e fu approvato sotto il governo del socialista José Luis Rodríguez Zapatero. Lì, cn grande beneficio sui costi, ci si può lasciare a tre mesi dalle nozze, volendo: i dati dicono che se la separazione è consensuale ( il 75,8 per cento dei casi ) ci vogliono esattamente 2,9 mesi. Si sale a 9,6 mesi se la rottura è giudiziale.

Ricostruisce il ritardo la deputata del Pd, Michela Marzano: «La prima proposta di riforma fu presentata nel 2003» dice, «ma dopo dodici anni, finalmente, l'Italia può avere una nuova legge». «Si poteva fare meglio» continua, «ad esempio adeguando il nostro ordinamento a quello di altri paesi europei dove non è necessaria la fase di separazione prima del divorzio, ma troppe chiusure e troppe arretratezze lo hanno impedito». «Votiamo comunque con gioia e con convinzione». Ma la speranza di Marzano è di poter votare anche su altri provvedimenti, come quello sulle coppie di fatto.

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