
Spiega che è “falso” quanto scrivono i giornali su tagli e aumenti della tassazione: perché non ci sono né gli uni negli altri. Prende di petto anche sindaci e amministratori locali che – dal presidente dell’Anci Fassino in giù – hanno già levato gli scudi chiedendo che non si taglino ulteriormente i trasferimenti agli enti locali. “Nel 2015 non abbiamo fatto tagli, sono pronto a un confronto all’americana con loro”, chiarisce.
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Renzi però non nega che la spending review proseguirà: si limita a derubricarne il fattore novità. “Che nel 2016, 2017, 2018 continui la revisione della spesa è un fatto banale”, dice infatti. “Non ci saranno tagli alle prestazioni per i cittadini ma c’è bisogno che la macchina pubblica dimagrisca un po’”, assicura. In realtà, a quanto è dato sapere, nella nuova versione della spending elaborata dal duo Gutgeld e Perotti, una quota non indifferente delle nuove risorse proverrebbe giusto da tagli enti locali, ma comunque è presto per entrare nei dettagli. Di certo, è dalla spending che il governo troverà i 10 miliardi che minimo gli servono per evitare la tagliola dell’aumento dell’Iva e delle accise che scatterebbe dal 2016.
La coperta non si potrà allungare più di tanto. Dunque un tira e molla è inevitabile. E un non renziano del Pd come Cesare Damiano avverte: “Bisognerà dare ascolto alle richieste dei Comuni, perché altrimenti si corre il rischio che a mettere le mani in tasca agli italiani siano gli enti locali costretti, dai tagli, ad aumentare la tassazione”.
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Per il momento, sempre un po’ à la Silvio, Renzi preferisce di gran lunga fare la contabilità delle tasse tagliate: “Nel 2015 ne abbiamo ridotte per 18 miliardi di euro: 10 dagli 80 euro e 8 dai provvedimenti sul lavoro. Dobbiamo aggiungerci adesso anche i 3 miliardi di clausole di salvaguarda che abbiamo totalmente eliminato”.
Quanto al futuro, si vedrà se si potranno “operare riduzioni ulteriori” nel 2016. Renzi un po’ ci spera, anche perché tutto il Def è stato impostato sulla linea della “prudenza”, e dunque la realtà potrebbe rivelarsi migliore delle previsioni.
Quanto al quadro macroeconomico, delineato oggi in attesa del Piano Nazionale delle riforme che arriverà venerdì, il governo conferma le indiscrezioni della vigilia. Sotto l’occhio attento dell’Europa, e sperando di ottenere dalla Commissione Ue nei prossimi mesi una flessibilità che potrebbe valere anche mezzo punto di Pil (7-8 miliardi) il Def fissa la crescita di quest’anno allo 0,7 per cento, il deficit del 2,6 per cento; mentre per il 2016 la prima salirà fino all’1,4 per cento, il secondo scenderà all’1,8 per cento. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in conferenza stampa si mostra ottimista: “L’economia internazionale è migliore di quella che si pensava qualche mese fa, e lo è anche quella italiana. Le aspettative che abbiamo adesso potranno rivelarsi sbagliate per difetto, perché potremmo avere numeri più positivi. Ma per il momento preferiamo essere prudenti”.
Quanto agli enti locali, ci sarà un incontro entro venerdì, ha assicurato il premier. “Serve un confronto aperto, dove avanzare le nostre proposte”, aveva chiesto Fassino, sottolineando che “negli ultimi sei anni è stato chiesto ai Comuni uno sforzo finanziario notevole, proporzionalmente superiore rispetto a quello chiesto ad altri livelli istituzionali: diciamo chiaramente che non si può continuare a chiedere a noi”. Soprattutto perché i sacrifici si traducono in tagli dei “servizi essenziali ai cittadini”.
Lo stesso pensa la Cgia di Mestre, che in uno studio appena pubblicato racconta di tagli pesantissimi a comuni e regioni. Nel periodo 2011-2015, i vari governi hanno sforbiciato complessivamente ben 25,1 miliardi di euro. Solo quest’anno, si tratta di tagli nelle casse dei Sindaci per 8,3 miliardi, mentre per le Regioni siamo sui 9,7 miliardi (3,3 quelle a Statuto speciale), mentre per le Province, che sono ormai in via di estinzione, la riduzione dei trasferimenti è stata di 3,7 miliardi.