Enti pubblici, società statali, multiutility: i «ricollocati» non eletti cadono in piedi

Una petizione della campagna "Riparte il futuro" chiede di stoppare i passaggi dal Parlamento alla pubblica amministrazione per gli ex politici «trombati». Per evitare cortocircuiti e conflitti d’interesse. E con la riforma Madia in discussione il Movimento cinque stelle ripresenta l’emendamento già bocciato due mesi fa

Il copione è rodato: quando la carriera politica arriva al capolinea si sale sulla macchina della pubblica amministrazione, usandola come un ufficio di collocamento su misura. Sono i cosiddetti «ricollocati» che, dopo la mancata conferma alle elezioni o per scelta professionale, dal Parlamento passano ai consigli di amministrazione di enti, partecipate statali e multiutility.

Lo stop di due anni (tre per le aziende sanitarie), previsto dal decreto legislativo 39 del 2013, vale solo per i politici locali di consigli comunali e regionali. Ciò che è vietato ai pesci piccoli è invece consentito ai pesci più grandi: parlamentari, ministri, sottosegretari, commissari straordinari di governo possono essere immediatamente ricollocati, senza limiti, anche il giorno dopo la cessazione del loro incarico.

La legge però deve essere uguale per tutti, come da mesi oltre 45 mila cittadini stanno chiedendo tramite la piattaforma di "Riparte il futuro" (la campagna digitale contro la corruzione di Libera e Gruppo Abele) con la petizione “Giù le maschere”.

Le intenzioni sono chiare: «Vogliamo che si metta fine al privilegio dei politici nazionali, garantire l’indipendenza dell’amministrazione pubblica dal livello politico, evitare che gli alti incarichi dirigenziali diventino oggetto di scambio di invisibili accordi».

A tradurre le intenzioni in azioni ci aveva provato il Movimento Cinque stelle con un emendamento presentato due mesi fa alla riforma della pubblica amministrazione, che è stato però stroncato in prima lettura al Senato che lo ha dichiarato «non ammissibile».

Con il disegno di legge Madia sulla riorganizzazione dell’amministrazione statale alle fase finali in questi giorni, e dopo l’affaire Lapo Pistelli (passato dal ministero degli Esteri alla carica di vicepresidente senior del colosso energetico Eni), ritorna la possibilità di stoppare questo malcostume con un altro emendamento in commissione Affari costituzionali presentato dai senatori Serenella Fucksia, Vito Crimi e Nicola Morra.

Nel dossier dei “Ricollocati” ci sono soprattutto politici democratici rimasti senza un seggio a causa della rottamazione renziana. Un ricambio generazionale senza precedenti: da febbraio 2013 sono 165 gli onorevoli democratici rimasti «a spasso».

L’ex ministro della Cultura del Governo Prodi Giovanna Melandri è stata eletta alla Camera nelle liste dell'Ulivo dal 1994 al 2012. Poi, a pochi mesi dalle politiche, il salto alla guida della Fondazione Maxxi, l’ente che gestisce il museo omonimo di Roma dedicato alla creatività contemporanea. Lo stesso ministero della Cultura sostiene la fondazione guidata dalla Melandri.

Anche la democratica Marta Dassù è passata dall’incarico di viceministro degli esteri al consiglio di amministrazione del colosso della difesa Finmeccanica. Un mese dopo anche Lapo Pistelli ha lasciato il ministero degli Esteri preferendogli la partecipata Eni, sollevando critiche dall’opposizione.

I non rieletti Carlo Ciurazzi, Pierfausto Recchia, Federico Testa e Massimo Zunino sono finiti rispettivamente nel consorzio per lo sviluppo industriale della provincia di Matera, nella controlla del ministero Difesa servizi spa, al centro di ricerche Enea e Mistral Air, la compagnia aerea di poste italiane.

Nel centrodestra ci sono gli eurodeputati Antonio Cancian e Alfredo Antoniozzi che abbandonata Bruxelles un anno fa sono stati dirottati nella Rete autostradali mediterranee spa e nel consiglio di Enel, entrambe controllate dal ministero dell’Economia.

Francesco Profumo, ministro dell’Istruzione con Monti, terminata l’avventura governativa da tecnico non è tornato nelle aule universitarie del Politecnico di Torino, ma è diventato presidente della multiutility Iren, il colosso che fornisce corrente elettrica e gas in mano ai comuni di Torino, Genova, Reggio Emilia e Piacenza.

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