Ad ottobre si voterà il referendum per approvare definitivamente o bocciare la riforma della Costituzione. Ma esattamente gli elettori su cosa saranno chiamati ad esprimersi? La riforma Boschi spiegata punto per punto

In autunno il governo Renzi giocherà una sorta di finale. In caso di vittoria avrà la strada spianata per restare in carica fino alla fine del mandato, invece con la sconfitta andrebbe a casa. Tutto dipenderà dal risultato del referendum costituzionale a cui il premier e il ministro Boschi hanno ancorato il loro destino politico. In sostanza entrambi hanno dichiarato di lasciare la politica qualora la riforma dalla consultazione elettorale non dovesse ottenere la maggioranza dei voti validi.

[[ge:rep-locali:espresso:285173927]]


A cosa si riferisce il referendum?

Nel mese di ottobre i cittadini saranno chiamati a votare per confermare definitivamente la riforma che modifica la seconda parte della Costituzione. La legge è stata già approvata dal Parlamento, ma solo con la maggioranza assoluta, invece se avesse ottenuto nella seconda votazione da ciascuna delle Camere la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti allora il referendum non si sarebbe tenuto.
L’iter è previsto dall’articolo 138 della Costituzione italiana dove è sancito anche “le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o 500mila elettori o cinque Consigli regionali”.

Quali sono i punti chiave della riforma “Boschi”

1. Finisce il bicameralismo perfetto.
Il cuore del provvedimento è il superamento del bicameralismo perfetto. Il Parlamento sarà sempre composto da Camera e Senato, ma solo Montecitorio potrà accordare o revocare la fiducia al governo. Inoltre la stessa Camera dei deputati avrà la preminenza legislativa. In sostanza è una riforma che punta a snellire i tempi per l’approvazione delle leggi.
Anche se il voto di Palazzo Madama avrà lo stesso peso dei colleghi onorevoli in un lungo elenco di leggi bicamerali, fra cui quelle di revisione costituzionali.

2. Come cambia il Senato
Subirà un taglio dei senatori. Da 315 a 100. Tutti con l’immunità. 95 saranno eletti dai Consigli regionali “in conformità alle indicazioni espresse dagli elettori alle elezioni politiche”. I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i  senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i  sindaci dei Comuni dei rispettivi territori.
Gli altri 5 potranno essere nominati, come accade anche oggi, dal Presidente della Repubblica. Continueranno a sedere sugli scranni di Palazzo Madama gli ex inquilini del Quirinale.

3. Come cambia l’elezione del Capo dello Stato
Il Presidente della Repubblica sarà eletto con i due terzi di senatori e deputati nei primi tre scrutini e con i tre quinti dal quarto scrutinio. Dal settimo si passa a un quorum dei tre quinti dei votanti.
Adesso, invece, la Costituzione prevede che all’elezione partecipino anche tre delegati per ogni Regione (la Valle d’Aosta con un solo). Viene eletto Presidente chi riceve la maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.

4. Modifica del Titolo V
È la parte della Costituzione dedicata agli Enti autonomi che costituiscono la Repubblica. Si è riscritto l’elenco delle materie riportandone molte alla competenza dello Stato e sono state eliminate quelle concorrenti. Inoltre sono state cancellate le province dal testo costituzionale.

5. Leggi popolari e referendum
Cambiamenti anche per gli istituti di democrazia diretta. Per presentare una proposta di legge popolare serviranno 150mila firme (oggi ne occorrono almeno 50mila da parte degli elettori), ma saranno certi i tempi per l’esame. È salita anche la soglia per il referendum abrogativo: non più 500mila firme di elettori, ma 800mila e il quorum sarà fissato al 51% dei votanti delle ultime politiche. Invece se la raccolta firme si attesta tra le 500 e 800mila resta il quorum del 51% degli aventi diritto al voto.  

6. Abolizione del Cnel
La riforma costituzionale prevede l’abrogazione dell’articolo 99 della Costituzione, quello riguardante il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. È un organo di consulenza delle Camere e del governo: gode dell’iniziativa legislativa e può contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale.
Non scomparirà subito. Entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge verrà nominato un commissario straordinario a cui sarà affidata la liquidazione e la ricollocazione del personale presso la Corte dei Conti.


7. Elezioni dei giudici della Corte Costituzionale
È stato modificato anche l’articolo 135. “La Corte Costituzionale è composta  da quindici giudici, dei quali un terzo nominati dal Presidente della  Repubblica, un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed  amministrative,  tre dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica, quest’ultima frase sostituisce “per un terzo nominati dal Parlamento in seduta comune”.

8. Chi può votare al referendum?
Potranno partecipare tutti coloro che godono dei requisiti per eleggere i rappresentanti alla Camera dei deputati, quindi anche i maggiorenni. La consultazione non prevede un quorum minimo di partecipanti e la legge “Boschi” non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Se vincessero i No il governo Renzi andrebbe a casa.

I comitati per il Sì e per il No
Il disegno di legge costituzionale ha diviso il Paese in due “tifoserie avversarie”. Da una parte è nata l’associazione  "Comitato per il No” composto, tra gli altri, da Gustavo Zagrebelsky (presidente onorario), Alessandro Pace (presidente), Pietro Adami, Alberto Asor Rosa, Gaetano Azzariti, Francesco Baicchi, Vittorio Bardi e Mauro Beschi. Ecco le ragioni per le quali sono contrari: “È una riforma che non riduce i costi, non migliora la qualità dell’iter legislativo, ma scippa la sovranità dalle mani del popolo”. E ancora: “Diciamo No alla legge oltraggio che, calpestando la volontà del corpo elettorale, instaura un regime politico fondato sul governo del partito unico”.

Invece il governo Renzi ha promosso il "Comitato Nazionale Basta un Sì" il cui manifesto è stato firmato, inizialmente, da 184 giuristi, docenti di diritto, costituzionalisti (Stefano Ceccanti), economisti (Guido Tabellini) e anche ex ministri (Tiziano Treu).
Le motivazioni a favore della riforma partono da questo concetto: “Il testo modifica molti articoli della Costituzione, ma non la stravolge. Riflette anzi una continuità con le più accorte proposte di riforma in discussione da decenni e, nel caso del Senato, col modello originario dei Costituenti e poi abbandonato a favore del bicameralismo paritario impostosi per ragioni prudenziali dopo lo scoppio della Guerra fredda”.
Inoltre sul sito web del comitato la legge è descritta attraverso slogan, due su tutti: “Mai più ping pong infinito delle leggi tra Camera e Senato” e “Si tagliano 315 stipendi di senatori e i 100 che rimangono non avranno l’indennità”.