Ha schierato il Pd dalla parte delle unioni civili, Matteo Renzi: “Una legge che non è rinviabile”, ha detto alla direzione di venerdì. E per ora, sul fronte parlamentare, sta dando spazio a chi tra i dem cerca una mediazione virtuosa, con le buone, dopo le risse nel gruppo tra laici e cattolici che si sono succedute negli ultimi giorni. Ma è pronto, il premier, ad estrarre un canguro dal cappello: una “cartina di sicurezza” o “di riserva”, così la chiamano nel Pd, che è stata “ispirata”, spiegano, dal gabinetto della ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi, e che l’Espresso ha potuto visionare. Un piano B che soffia dal governo e che per ora se ne sta lì quieto, tra le carte del Senato. Nell’eventualità che serva. Ma non ora, non per forza: infatti non ne vorrebbe parlare nessuno. Perché ora è il momento della ricerca di una mediazione. “Fino all’ultimo”, dice il renziano Andrea Marcucci. Ora è il momento della faccia buona. Non a caso filtrano, e largamente, le proposte di modifica che hanno la firma di Beppe Lumia, capogruppo in commissione Giustizia. Emendamenti che contengono tutto ciò che Renzi è disposto a concedere per venir incontro alle perplessità dei cattolici: nessun automatismo nella stepchild adoption, la cui richiesta va inoltrata al tribunale dei minori, che “dispone le verifiche e le indagini” sull’adottante; eliminato qualsiasi rimando al matrimonio e anche il “legame affettivo stabile” tra le condizioni per le convivenze di fatto tra eterosessuali. “Tutti i dodici emendamenti che hanno come prima firma Lumia, sono quelli buoni per un equilibrio, e la firma vale come indicazione anche per gli altri gruppi parlamentari che vogliano far passare la legge”, spiegano nel partito. Sono infatti già stati illustrati a M5S e Sel.
Una strategia calcolata al millimetro, insomma. Che però prevede anche l’eventualità di mostrare la faccia dura, qualora diversamente non si riesca a raggiungere il risultato, o qualora l’atmosfera in Senato si dimostri nei prossimi giorni troppo fosca e traballante. Anche considerando che in ballo ci sono oltre seimila emendamenti, e tra questi ci sono anche le nove proposte di modifica presentate dai catto-dem, in strappo alla “prudenza” chiesta dal loro capogruppo Zanda, e senza nemmeno sottoporle al vaglio dell’ufficio legislativo del Pd. Lo strumento principale del piano B di Renzi non è alla fine neanche nuovo: il canguro, appunto. Un emendamento taglia-emendamenti. Come il famoso “Esposito” per l’Italicum o “Cociancich” per la riforma costituzionale: approvi quello, e migliaia altri finiscono nel cestino. Un emendamento che in gergo tecnico si definisce premissivo o preclusivo, perché si vota prima degli altri e in qualche modo sagoma le votazioni successive: consente infatti di saltare, bypassare – perché decadono in automatico - tutte le proposte di modifica che non corrispondono ai suoi dettami. E cosa dice questo famoso emendamento all’articolo 1 del disegno di legge? Descrive i principi secondo cui deve essere scritta la legge. Si intitola infatti: “Finalità e principi di regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e delle convivenze di fatto”. In pratica “disciplina” la legge sulle unioni civili in sostanziale fotocopia col ddl Cirinnà. Secondo l’emendamento, la legge istituisce una “specifica formazione sociale”, con i relativi diritti e doveri, tra cui “l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale”; nel testo si specifica che all’unione civile “si applicano le disposizioni del codice civile in materia di regime patrimoniale della famiglia”, così come pure “le disposizioni che contengono la parola matrimonio” o “coniuge”, la normativa “in materia di diritti successori relativi alla famiglia”, “la legislazione vigente in materia di scioglimento di matrimonio e divorzio”. E’ prevista la stepchild adoption, con la possibilità di “richiesta di adozione del figlio minore anche adottivo dell’altra parte dell’unione. Si regolamentano anche la disciplina dei “conviventi di fatto”, riguardante gli eterosessuali “uniti da legami affettivi di coppia”.
In sostanza, insomma, il ddl Cirinnà nella versione precedente gli ultimi aggiustamenti proposti per strappare il sì ai cattolici. Se questo emendamento fosse posto in votazione ed approvato, taglierebbe in un sol colpo le unghie a tutti i tentativi (cattolici o meno) di cambiare profondamente il disegno di legge: cadrebbero in automatico, per esempio, le proposte di stralcio della stepchild adoption, quelle sul giro di vite alla maternità surrogata all’estero, gran parte degli emendamenti che ostruiscono l’approvazione rapida della legge e la mettono per ciò a rischio di assalti parlamentari. Resterebbe solo ciò che è conforme: Renzi si metterebbe il ddl Cirinnà in cassaforte. Ad ogni buon conto, la prima firma è quella di Andrea Marcucci, del quale alla luce di ciò si capisce meglio lo sbracciarsi a parlare dello strenuo “coinvolgimento di tutti fino all’ultimo minuto”.
Fino all’ultimo, certo. Perché infatti non è ancora detto che Renzi decida di utilizzarlo, questo canguro. L’emendamento sta lì, tra le carte del Senato, e “in qualsiasi momento potrebbe essere ritirato o riformulato”, sottolineano nel Pd. Potrebbe diventare una minaccia fantasma o l’arma finale. Dipende, renzianamente, da come butta.