Palazzo Gentiloni, in via Venti Settembre, dove vive da sempre nella residenza di famiglia il prossimo presidente del Consiglio, dista dal palazzo del Quirinale meno di 700 metri, i metaforici cento passi. Paolo Gentiloni li ha percorsi in macchina, ma è come se li avesse fatti nel modo da lui preferito: in punta di piedi. In punta di piedi, e senza un sorriso, il presidente del Consiglio incaricato si è presentato agli italiani, all'ora di pranzo di una domenica di regali, mercatini e fiere già pre-natalizia, tradendo l'emozione soltanto alla fine, quando al momento di andare via si è voltato verso destra e il portavoce di Sergio Mattarella Giovanni Grasso gli ha garbatamente indicato l'uscita dalla parte opposta.
Gentiloni entra a Palazzo Chigi in punta di piedi, «non per scelta, ma per senso di responsabilità». Un sentiero obbligato. Uno spazio stretto. Un perimetro angusto, descritto dal lui stesso, giornalista professionista, con in tasca la tessera dell'ordine della categoria (come i suoi predecessori Massimo D'Alema e Giulio Andreotti: tre romani, tre giornalisti. Oltre a un ex direttore del “Corriere della Sera”, Giovanni Spadolini): «Ci muoveremo nel quadro del governo e della maggioranza uscente». Ovvero i nuovi ministri saranno scelti all'interno della squadra uscente, tutti o quasi saranno riconfermati, e la maggioranza sarà la stessa che ha sostenuto in Parlamento il governo Renzi, allargata agli uomini di Denis Verdini che ora chiedono in compenso un ministro. Potrebbe essere Marcello Pera, presidente del Senato in epoca berlusconiana tra il 2001-2006, mai rimpianto da nessuno. L'unica novità: ma invece di rappresentare un'apertura rischia di rendere ancora più asfittico il campo da gioco di Gentiloni.
Accompagnare, è il verbo scelto dal presidente del Consiglio incaricato per spiegare quale sarà l'orizzonte del suo governo. Insieme a facilitare: rendere più fluido il lavoro dei partiti per una nuova legge elettorale, sapendo che nei prossimi mesi non sarà più Palazzo Chigi il cuore della politica. Un governo facilitatore, non più un governo guida, come fu quello di Silvio Berlusconi, ma anche di Mario Monti e di Enrico Letta nel vuoto della politica, e come è stato quello di Matteo Renzi, titolare del più ambizioso tentativo di costruire in Italia la democrazia del leader, come la chiama il politologo Mauro Calise. Accompagnare è il metodo opposto, si fa con qualcosa o qualcuno che non dipende dalla tua volontà o dal tuo controllo. Non più orientare, indicare, guidare o addirittura imporre, termini cari all'uscente Renzi.
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Nel cuore della notte Renzi ha messo in rete un post su facebook pieno di amarezza: scatoloni, libri, vestiti, appunti, coperte da rimboccare, «non ho paracadute, non ho un seggio parlamentare, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l'immunità...». Ma non è un messaggio di addio: «Non ci stancheremo di riprovare e di ripartire. L'esperienza scout ti insegna che non si arriva se non per ripartire». Un annuncio di rivincita che renderà ancora più stretta la strada di Gentiloni. Nulla fa pensare a una tregua: il Movimento 5 Stelle annuncia l'Aventino, il non voto durante il dibattito sulla fiducia al nuovo governo, la Lega i mille banchetti in piazza, Renzi non vede l'ora di ripartire... Gentiloni ha reso omaggio alla «coerenza» di Renzi «che merita il rispetto di tutti». A indicare la sua vicinanza al premier uscente. A mettere la firma anche sul suo governo. Un'ipoteca che peserà anche nelle prossime ore: oltre ai ministri, tutti i fedelissimi di Renzi saranno riconfermati, a partire dal sottosegretario Luca Lotti, sentinella degli equilibri di potere costruiti in questi tre anni, pronto a sorvegliare le future nomine negli enti di Stato.
Anche il ministro degli Esteri è stato scout da bambino, ma il suo approccio al sentiero è diverso da quello di Renzi. E già nelle prossime ore è atteso da sfide da far tremare. Il salvataggio di Monte dei Paschi di Siena, inevitabile la nazionalizzazione che costerà allo Stato cinque miliardi. E la ricostruzione delle zone terremotate, messa in cima alla lista delle priorità ieri da Sergio Mattarella e oggi da Gentiloni: la nuova forte scossa di terremoto pochi minuti dopo l'uscita del premier incaricato dal Quirinale, nella zona del maceratese da cui ha preso origine la famiglia Gentiloni Silverj, riporta tutti con i piedi per terra, anche gli inquilini del Palazzo. In attesa che arrivi davvero, Gentiloni o no, l'onda d'urto del 4 dicembre.
Non è passata neppure una settimana e il referendum sembra già archiviato. Eppure una sola cosa unisce gli italiani che hanno votato sì e quelli che hanno votato no: la voglia di partecipazione e di riprendere la parola. Ed è questo l'unico senso possibile del verbo scelto dal nuovo presidente del Consiglio per il suo governo: accompagnare al più presto l'Italia alle urne, in tempi e modi ragionevoli, accettati da tutti. Ecco lo spazio di manovra di Gentiloni: meno di cento passi, in punta di piedi.
Politica
11 dicembre, 2016Il premier incaricato ha uno spazio di manovra ristretto, tra la voglia di rivincita di Renzi e l'opposizione dura del Movimento 5 Stelle. Farà un governo fotocopia, per accompagnare l'Italia al voto
Paolo Gentiloni in punta di piedi
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