Tra togliere l'adozione del figlio del partner e una sua modifica al ribasso per il movimento lgbt è paradossalmente meglio lo stralcio. Almeno i tribunali potranno continuare a fare ciò che Alfano non permette a Renzi

Una cattiva legge è peggio di una legge che manca. Questa è almeno la convinzione che si sta facendo strada nel movimento Lgbt, tra le famiglie omogenitoriali che, più dello stralcio, temono a questo punto del dibattito una modifica alla norma sull’adozione del figlio del partner prevista dal testo originale della legge Cirinnà. Ed è un timore diffuso anche nel Pd, questo, da palazzo Chigi in giù, che infatti, fallita l’intesa con i 5 stelle, sta trattando con Alfano per blindare i punti qualificanti della legge, a cominciare dalla reversibilità e, nel preparare il maxi emendamento su cui porre la fiducia, si fa guidare da questa convinzione: il rischio, soprattutto nel caso della stepchild - ed ecco perché Renzi ha optato per lo stralcio - è di complicare anziché semplificare la vita di molte persone.

Se il parlamento dovesse infatti trasformare, con qualche voto segreto, la stepchild adoption in un più rassicurante affido rinforzato - rassicurante per i cattodem e gli alfaniani, ovviamente - paradossalmente sarebbe un passo indietro rispetto ai diritti che i tribunali stanno già riconoscendo alle famiglie omogenitoriali, il più delle volte con l’adozione “in casi particolari” (esattamente il principio della stepchild) ma anche - in un paio di casi - con l'adozione piena.

È infatti noto che alcuni tribunali, in attesa di una legge, abbiano stabilito che a prevalere, nell’interesse del minore, debba essere la continuità affettiva, e così sono molti i casi di responsabilità genitoriale estesa ai due genitori per mezzo di sentenza. È la via giudiziaria certo non preferibile a una nuova legge, che però ha negli ultimi anni garantito il diritto ignorato dalla politica. Se però dal parlamento dovesse arrivare un segnale opposto, ecco che i giudici potrebbero seguire la prudenza del legislatore.



Questo è il punto evidenziato anche dai giuristi che seguono le associazioni Lgbt: «Se non siamo certi di avere un voto favorevole sull'art. 5 così com'è, allora l'insistenza su un voto d'aula sulla stepchild è un gioco d'azzardo sulla pelle dei bambini». Si teme, in sostanza, l’effetto di un voto che sminuisca l’adozione: il rischio che possa spingere i tribunali e persino la Cassazione a seguire il Parlamento. Si teme poi, ovviamente, una bocciatura completa, che sarebbe sì proprio un bel guaio per la rivendicazione di associazioni come Famiglie arcobaleno. Una parola definitiva che non è quella attesa, proprio quando - a quanto risulta all’Espresso - sono in arrivo, ad esempio dal tribunale di Roma, altre sentenze che riconosco addirittura la piena adozione.

C'è poi infine, l'incubo di qualche emendamento che punisca in Italia chi ricorre, all'estero, alla gestazione per altri. La norma - questa invece che tenta anche pezzi dei dem, a cominciare da Anna Finocchiaro - metterebbe in difficoltà famiglie come quella su cui, proprio il 24 febbraio quando il Senato riprenderà in mano la Cirinnà, dovrebbe esprimersi la Consulta.

È il tribunale dei minori di Bologna, in questo caso, a chiedere come «tutelare in Italia il figlio di una famiglia omogenitoriale formatasi all’estero», nello specifico in America. Ed è un caso che spiega bene gli effetti che avrebbe un emendamento che punisca la surrogacy effettuata dove normata e legale.

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