Luigi Manconi, Sergio Lo Giudice e i più radicali esponenti del movimento Lgbt riconoscono l’avanzamento ma non sono soddisfatti. E se Renzi dice che con la legge approvata al Senato «vince l’amore», «l’unica parità c’è con il matrimonio egualitario», è la replica

Andrea Maccarrone, l’attivista che ha fatto infuriare Carlo Giovanardi con la sua costante presenza sulle tribune del Senato, risponde con la voce stanca, provato da giorni di presidio sotto palazzo Madama: «Mi rendo conto che è una legge per certi versi insperata», dice, «solo qualche anno fa non ci si credeva». È quindi in parte motivato, ovviamente, l’orgoglio di Matteo Renzi - «sempre che la legge venga approvata veramente», aggiunge Maccarrone, ricordando che c’è un secondo passaggio da fare, alla Camera. «La legge Cirinnà anche per come è stata riscritta», continua l’attivista Lgbt e ex presidente del Circolo Mario Mieli, «ha una serie di diritti mutuati direttamente dal matrimonio, anche se abbiamo ricevuto lo schiaffo dell'eliminazione del vincolo di fedeltà che è suonato come una provocazione».

Poi però si fa avanti l’insoddisfazione: «Con lo stralcio della stepchild adoption il parlamento ha rinunciato a riconoscere proprio la parte più debole delle famiglie arcobaleno, i figli, e ci ributta nelle mani dei giudici e all’incertezza dei diritti così riconosciuti».



L’argomento è ormai noto. L’insoddisfazione per il mancato intervento sull’adozione del figlio del partner è forte nel movimento Lgbt, e non convince pienamente l’argomento che andando in aula si sarebbe rischiato di far peggio, introducendo una norma che avrebbe finito per limitare la stessa via giudiziaria, oggi invece ancora possibile. Se si fa notare che per la stepchild non ci sarebbero probabilmente stati i voti, Maccarrone insiste: «Il rischio vero, con i 5 voti segreti e i 500 emendamenti è che la stepchild saltasse. Bene, il risultato è che è saltata in partenza».
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Bisogna comunque riconoscere che la legge approvata dal Senato è più avanzata dell’ultimo tentativo, dei Dico del 2007, «saremmo ingenerosi se non lo riconoscessimo», dice ancora Maccarrone, «ma dieci anni fa non c’erano i cantanti a Sanremo con le coccarde rainbow, l’associazione Famiglie arcobaleno era nata da solo due anni, l’Istat non aveva ancora censito le coppie omosessuali, cosa che farà solo nel 2011, e se accendevi la televisione nelle serie tv il nostro mondo era costantemente rimosso».

«È rispetto a tutto questo che l’avanzamento della politica è poca roba e non è un caso che il modello tedesco preso a riferimento sia una legge che la stessa Germania ha integrato, ad esempio introducendo la stepchild, e che risale al 2001, a quindici anni fa».

Gli argomenti di Maccarrone e così quello di molte associazioni, tra cui le stesse Famiglie arcobaleno, sono gli stessi del senatore Luigi Manconi che insieme al collega Casson non ha partecipato al voto, intervenendo in aula in dissenso dal gruppo. «Non ho partecipato al voto di fiducia sul disegno di legge in materia di unioni civili», ha spiegato, «perché ho ritenuto e ritengo che quella normativa non risponda alla domanda di pari diritti e di pari dignità espressa dalle persone omosessuali».

Per Manconi con la legge approvata non si risponde alla condanna arrivata per l’Italia lo scorso luglio dalla Corte europea dei diritti umani: «Per non incorrere in ulteriori censure», spiega in un post su Hp, «la disciplina introdotta dovrebbe fornire adeguate garanzie alle unioni (omosessuali e non) prive del vincolo matrimoniale, senza alcuna forma di discriminazione». «E, invece, quella approvata con il voto di fiducia, che non estende alle coppie omosessuali la disciplina di favore prevista per l'adozione del figlio del partner, risulta una normativa discriminatoria».

Manconi d’altronde è tra i senatori Pd firmatari della più avanzata proposta sul matrimonio egualitario, proposta di legge con primo firmatario il senatore Sergio Lo Giudice, genitore di una famiglia arcobaleno e per questo presto spesso di mira negli interventi più omofobi di questi giorni, al Senato.



«È il libro dei sogni», liquidano i renziani chi prova a ricordare che quella legge sì che avrebbe eliminato ogni discriminazione: «Quella approvata è la miglior legge alle date condizioni di questo Senato», ha detto anche Monica Cirinnà nel suo ultimo intervento.

La legge Lo Giudice, intitolata “Norme contro la discriminazione matrimoniale", avrebbe voluto modificare gli articoli del codice civile che regolano il matrimonio. È un testo molto più semplice della complessa Cirinnà: in sintesi dice che "La parola «marito» e la parola «moglie», ovunque ricorrano, sono sostituite dalla seguente: «coniuge»".

E se Maccarrone dice che «se fosse stata fatta andare avanti, puntando su una maggioranza diversa da quella di governo, e se si fosse aperto il dibattito, magari le condizioni sarebbero cambiate, trovando sono certo lo stesso sostegno anche mediatico che hanno avuto le unioni civili», i numeri difficilmente si sarebbero trovati. «Ma allora perché», insiste Maccarrone, «oggi ci dicono di stare tranquilli e che presenteranno un disegno sulle adozioni, prevedendo anche quelle per gli omosessuali? Quali sarebbero in questo caso i numeri?»

Sono in effetti ormai difficili da trovare i numeri, e lo sa anche lo stesso Lo Giudice che infatti all’Espresso dice: «Non mi aspetto certo che domani venga approvata questa riforma, no». Lo Giudice spiega però che è proprio quello dell’adozione l’unico aspetto concreto che rende importante continuare a parlare di matrimonio egualitario, «riconoscendo le unioni per come le abbiamo approvate i principali diritti economici, dalla reversibilità e dagli assegni familiari, alla possibilità di accedere alle case popolari».

Dunque non è solo per una questione di principio, perché «riconoscere persino diritti identici con due istituti diversi è proprio il principio della segregazione», che bisogna insistere sul matrimonio. E se ha meno fiducia di Maccarrone sugli effetti di un sostegno mediatico («anche sulle unioni il sostegno di celebrità e intellettuali è stato tardivo, arrivato a pochi giorni dal voto»), Lo Giudice dice che sì questo parlamento avrebbe potuto sulla carta fare di più.

Ricorda come Grillo abbia all’inizio parlato di matrimonio egualitario e poi però «si sia ben guardato da fare su quello il sondaggio sul sito, ripiegando sulle unioni». E anche il Pd, sì, ha scelto una via più moderata che non era certo obbligata: «Non è un caso che io al congresso abbia sostenuto Civati che era per il matrimonio. Ha però vinto Renzi e così funzionano i partiti. I numeri sulla carta c’erano, con un parlamento mai così laico, ma la politica ha scelto altro».