Vince mister Expo con il 42, 3 per cento su 60.900 votanti, Balzani sconfitta con onore (34 per cento). Polemiche grilline per il voto della comunità cinese. «Mi ha colpito molto la passione politica dal basso che ho incontrato tra i milanesi. Non dovremo deluderli. Perciò mi appello sin d'ora al senso della squadra»

Milano rilancia il modello Milano. Èd è un modello di centro-sinistra. Malgrado la pioggia battente, e gli anatemi di Beppe Grillo, ben 60.900 cittadini hanno partecipato alle primarie, E con il 42,3 per cento dei voti hanno incoronato Giuseppe Sala, 58 anni, commissario uscente di Expo 2015, candidato sindaco alle elezioni di giugno. Sala ha battuto Francesca Balzani, avvocato, vicesindaco della giunta Pisapia (34 per cento) e l'assessore Pierfrancesco Majorino (23 per cento). Al momento della proclamazione, verso le 23 di domenica sera, nella sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini gremito fin negli ultimi posti, è risuonata la commovente “Heroes” di David Bowie.
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Il luogo, l'Elfo Puccini, è lo stesso che vide vincitore, nella primavera 2011, Giuliano Pisapia: alle primarie e poi alle elezioni in cui sconfisse Letizia Moratti. Pisapia c'era anche ieri sera, naturalmente. Ed è apparso disteso. Anche se il suo endorsement personale per Francesca Balzani è stato più che episodico (al confronto, il premier Matteo Renzi ha fatto sapere della sua preferenza per Sala in toni più sfumati). Ma per il sindaco, visto che ben sette assessori della sua giunta hanno espresso una preferenza per Mr Expo 2015, e nessuno per la vicesindaco Balzani, è una parziale sconfitta personale. Tantopiù che proprio Balzani, durante le primarie, ha più volte attaccato personalmente Sala (cosa che Sala ha evitato accuratamente di fare con i suoi competitors).

Sorridevano a denti un poco stretti, ieri sera, diversi oppositori di Sala “da sinistra”, per esempio l'architetto Stefano Boeri, che proprio sul nome Balzani aveva ritrovato un comune sentire con Pisapia; o il padrone di casa, il regista Elio De Capitani, che ha sostenuto Majorino; e anche il giornalista Gad Lerner che nelle settimane scorse aveva vivamente deplorato la deriva «tecnocratica» della sinistra dietro al nome di Sala; e, nell'ipotesi in cui Sala si trovasse a sfidare, il manager Stefano Parisi candidato del centro-destra, li aveva definiti, Sala e Parisi, appunto, «intercambiabili come Bibì e Bibò».

In realtà, una bella quota dei 60.900 milanesi alle urne, lungi dal demonizzare Sala come tecnocrate (se c'è un tecnocrate che ha deluso i milanesi, di recente, è stato l'economista Mario Monti a Palazzo Chigi), pare abbia voluto premiare il capitale di fiducia da lui conquistato nell'ultimo biennio: nella abile gestione del semestre Expo, conclusosi, nonostante le criticità di folla di ottobre, con dati lusinghieri: 21,5 milioni di visitatori, un bilancio (non ancora reso noto) in sostanziale pareggio, un positivo effetto turistico su Milano, e un capitale di simpatia e contatti con tante città leader del mondo.

Proprio con il successo di Expo si spiega quella piccola quota di voti che a Sala sono giunti dalla comunità cinese di Milano, che qualche polemica francamente insensata ha prodotto (nella solita blogosfera grillina) a primarie in corso. La questione è proprio questa: i milanesi ragionano da abitanti di una metropoli, dove le comunità straniere, più o meno integrate, sono «parte del paesaggio», come direbbe un Democrat americano; l'astio per la partecipazione a un voto civico di cittadini stranieri, siano cinesi, maghrebini o sudamericani, appartiene forse a un punto di vista più provinciale.

Francesca Balzani, sconfitta con onore, è stata generosa e sorridente nel riconoscere la vittoria di Sala: «Quello che ho sentito in queste settimane è che a Milano c'è molta voglia di centro-sinistra, e molta voglia di vederci uniti». Meglio tardi che mai, ha osservato più d'uno in platea, ma senza rancore.

Quanto a Sala, che non è un oratore fluviale, e non ha nulla delle astuzie comunicative di un Matteo Renzi, è apparso emozionato e un filo stanco: «Ora mi riposerò un pochino», ha dichiarato alla fine di un breve intervento, in cui ha ringraziato soprattutto i volontari e chi lo ha accompagnato in tanti appuntamenti nei quartieri esterni di Milano, i più difficili. «Mi ha colpito molto l'entusiasmo e la passione politica dal basso che ho incontrato tra i milanesi. Non dovremo deluderli. Perciò mi appello sin d'ora al senso della squadra. La complessità delle sfide va gestita insieme».

Pisapia ha voluto ricordare l'urgenza di una «piattaforma di programma» che sia comune alle componenti espresse dalle primarie. Majorino è stato il più «unitario» tra i presenti: «Da domani avanti uniti intorno a Sala!», ha esortato una platea già di per sé benedicente.
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Tra i commenti registrati a caldo, ecco l'economista Michele Salvati, che fu sin dal 2003 tra i primi teorici del nascituro Partito democratico: «Se ci sarà una sfida tra Sala e Parisi, due figure di manager che hanno profili non così dissimili, si vincerà costruendo la squadra più forte e convincente. Sala, il meno connotato a sinistra degli sfidanti alle primarie, potrà facilmente compensare, appunto, l'area alla propria sinistra. Le primarie milanesi sono una sfida di grande civiltà, di cui andare orgogliosi, e che dovrebbe ispirare realtà più in sofferenza come Roma e Napoli».

L'editore Massimo Vitta Zelman vede in Sala uno sfidante forte per fronteggiare destra e Movimento 5 Stelle: «La sua forza sta nell'abitudine a gestire organizzazioni complesse. L'augurio è che sappia valorizzare tutto il potenziale di Milano nella competizione tra città: non solo come capitale economica ma per quel mix di cultura, ricerca, lifestyle e turismo che sono la sua vera identità».

Si era pensato, schematicamente, che Sala pescasse più voti tra il ceto medio moderato, Balzani tra donne e intellettuali, Majorino nel sociale e nelle periferie. Ma come le analisi del dopo-voto evidenzieranno, l'esito non è stato così meccanico. Balzani e Majorino hanno duellato  tra loro; Sala ha vinto sia nel centro-storico e nei quartieri borghesi (anche in Montenapoleone!) sia in diverse zone periferiche, da Comasina a Quarto Oggiaro.
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Suoi estimatori si riscontrano, infatti, in mondi assai diversi, dallo sport alla finanza, dal commercio al mondo del food e del turismo (Expo docet, ovviamente), dall'università allo spettacolo: Giorgio Gori e Umberto Ambrosoli, il deejay Linus e il ministro Del Rio, il presidente di Assolombarda Gianfelice Rocca e la tv girl Martina Colombari.

 
Come dicono Gino & Michele, gli ideatori del fenomeno “Zelig”:
«Se il tema di Milano è la continuità con la “primavera arancione” di Pisapia, be', sette assessori di Pisapia che appoggiano Sala mi sembrano un segno evidente di continuità. Lui è la persona adatta per accelerare nella continuità, visto che Pisapia non ha voluto affrontare il secondo quinquennio, che in una città complessa è decisivo, quello in cui i temi seminati maturano. E se pensiamo che il manager Sala, per correre da sindaco, ha rinunciato a un paio di allettanti e ben pagate offerte internazionali, be', quale migliore garanzia?».