Un ddl eroga i fondi per commemorare i 90 anni dell’uccisione di un simbolo dell'antifascismo, che ricorrevano nel 2014. Ma non è stato ancora approvato. In compenso è già stato necessario cambiare il testo due volte, perché il tempo passava e andava corretto l’anno dell'assegnazione

Il delitto Matteotti e il Parlamento-lumaca: due anni dopo l’anniversario la legge non c'è

Domanda: quanto tempo ci vuole per finanziare le celebrazioni di un simbolo dell'antifascismo come Giacomo Matteotti? Risposta: oltre due anni. Forse anche di più. Pure se basterebbe qualche settimana e un po' di impegno e determinazione. La vicenda che riguarda le commemorazioni dello storico esponente socialista assassinato dalle camicie nere è emblematica della lentezza e dei bizantinismi in cui è capace di perdersi il Parlamento - assai rapido a convertire decreti di ogni tipo su sollecitazione del governo - nei casi in cui la volontà politica non c'è o è scarsa. Fino ad assumere connotazioni decisamente kafkiane.

Questa la storia. A giugno 2014 ricorrono i 90 anni dell'uccisione di Matteotti, il leader riformista rapito e ammazzato da una squadraccia fascista dopo aver attaccato in un intervento alla Camera Benito Mussolini per le violenze e i brogli che gli avevano consentito di vincere le elezioni. Così, a febbraio, il Partito democratico presenta un progetto di legge che stanzia 300 mila euro per le celebrazioni: primo firmatario è il presidente della commissione Cultura del Senato, il renziano Andrea Marcucci, seguito dal capogruppo Luigi Zanda e dal segretario del Psi Riccardo Nencini.

Nomi di peso che sembrano rappresentare una garanzia di successo. Del resto, come si legge nella relazione illustrativa che accompagna il ddl, la figura di Matteotti “è rimasta stampata nella memoria e nella coscienza democratica del nostro Paese in maniera indelebile” e quindi il Pd intende onorarla degnamente. L'approvazione pare una mera formalità, solo che col tempo il cammino si trasforma in un pantano. Tanto che dopo due anni e 18 sedute la commissione Cultura di Palazzo Madama, guidata dallo stesso Marcucci, non è ancora riuscita a dare il via libera.

A PASSO DI LUMACA
Seguire l'iter temporale del provvedimento è esemplificativo. Il disegno di legge viene presentato a febbraio ma se ne inizia a discutere in commissione solo otto mesi dopo, a ottobre. Un momento sfavorevole, perché è iniziato l'esame della legge di stabilità e la commissione Bilancio, impegnatissima, non trova il tempo per esprimere un parere sulla copertura economica. Quando il parere arriva sono passati nel frattempo altri tre mesi: gennaio 2015. Tutto a posto dunque? No, perché a questo punto la legge va riscritta, dal momento che nella versione originaria si fa riferimento al 2014 come anno di concessione dei contributi. Risultato: si ricomincia da zero, come al gioco dell'oca.

Passa un altro mese e a febbraio il relatore, il democratico Walter Tocci, presenta un nuovo testo in cui il riferimento temporale diventa il 2015 e si stabilisce che i soldi li metta il ministero dell’Economia anziché i Beni culturali. Per fare prima, visto che nessun partito si oppone, la commissione ottiene dal presidente Piero Grasso anche la cosiddetta “sede deliberante”, che eviterà al provvedimento di passare per l'Aula dopo essere stato approvato. Insomma, tutto pare andare finalmente per il verso giusto.

A luglio (e intanto sono trascorsi altri due mesi) il lavoro è terminato. Ma anziché votare il provvedimento, tutto si blocca nuovamente, perché a Palazzo gran parte dell'attenzione è concentrata adesso sulla riforma costituzionale. Fra una cosa e l'altra il disegno di legge si ferma per sette mesi, fino allo scorso 2 febbraio, quando la commissione torna a occuparsene. Solo che ormai siamo nel 2016, dunque il testo va cambiato una seconda volta poiché la copertura finanziaria fa riferimento all'anno 2015. E non è tutto, perché a questo punto anche il parere favorevole espresso dalla commissione Bilancio è “scaduto” e ne occorre un altro. E così si riparte ancora dal via, anche se dalla ricorrenza del 2014 sono passati due anni e progetti importanti come la digitalizzazione dell'archivio Matteotti, che conserva le carte dell'esponente socialista, sono bloccati al palo per mancanza di fondi.

Una lentezza estenuante che non pare aver tolto il buon umore a qualche onorevole della commissione Cultura, dove da tempo circola la battuta: “I 90 anni sono trascorsi ma per il centenario saremo pronti”. La lunga marcia infatti non è terminata: dopo il via libera del Senato, se e quando arriverà, la proposta di legge dovrà essere approvata dalla Camera dei deputati.

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