Il Parlamento vuole concedere un riconoscimento simbolico al luogo in cui crebbe l'intellettuale che fondò il Partito comunista. Tanto da trovare anche il consenso del centrodestra. Ma non del M5S, ufficialmente contrario per ragioni di principio. Anche se ogni volta che si parla di antifascismo i Cinque stelle sembrano guardare spesso all'elettorato di destra

“La casa di Gramsci sia monumento nazionale” Tutti d'accordo, solo i grillini votano contro

Fare della casa-museo di Antonio Gramsci un monumento nazionale. Con una decisione di quello stesso Parlamento di cui il fondatore del Partito comunista d'Italia faceva parte quando, in spregio all'immunità parlamentare, fu arrestato dal regime fascista 90 anni fa (il prossimo 8 novembre) ed entrò in quel tunnel che dopo privazioni di ogni tipo lo avrebbe portato alla morte.

Un tributo, più che alla memoria, all'esempio di una figura che, al di là delle appartenente politiche, rappresenta un patrimonio civile comune. E che anche per questo ha visto convergere destra e sinistra nel voto con cui la Camera dei deputati ha dato il suo assenso al provvedimento (ora la parola passa al Senato). Del resto non è la prima volta che la dichiarazione di monumento nazionale venga riconosciuta a luoghi legati a personalità di particolare rilievo nella storia d'Italia.

Nei mesi scorsi, per preservarla, la Regione Sardegna ha dichiarato di interesse storico la casa-museo, da tempo centro di ricerca e documentazione. In questo modo infatti l'immobile, di proprietà della fondazione Berlinguer, è stato sottoposto alle stringenti previsioni del Codice dei beni culturali, che stabilisce particolari misure di protezione e conservazione, limita la possibilità di effettuare determinati interventi e ne sottopone altri ad autorizzazione.  

Eppure non tutti a Montecitorio sembrano pensarla in questo modo. Gli unici a votare contro sono stati i deputati del Movimento cinque stelle. Con una motivazione di principio: essendo una mera onorificenza, la dichiarazione di monumento nazionale non ha effetti giuridici, quindi la legge è “totalmente inutile” e, ha spiegato intervenendo in Aula il deputato Simone Valente, “l'obiettivo finale potrebbe essere accedere a fondi pubblici” tramite questo “percorso privilegiato”.  

Una ipotesi non così remota, visto che l'anno prossimo si celebreranno gli 80 anni della morte di Gramsci. Eppure, proprio come il provvedimento contestato, anche la decisione di votare “no” del M5S ha un forte valore simbolico: la Lega, ad esempio, pur non condividendo il provvedimento nel merito, ha deciso di astenersi.

Ma è davvero solo una questione di principio quella dei Cinque stelle? Di certo si tratta solo dell'ultima di una lunga serie di prese di posizioni discutibili che il Movimento in tema di antifascismo. Tanto da ingenerare l'impressione che si tratti di una precisa strategia per non perdere le simpatie di quell'elettorato col cuore che batte a destra.

Durante la consegna delle firme al Viminale per partecipare alle elezioni, ad esempio, Beppe Grillo affermò “l'antifascismo è un problema che non mi compete”, che Casapound aveva "alcune idee condivisibili" e che se un fascista del terzo millennio (come si definiscono i militanti) avesse voluto entrare nel Movimento non ci sarebbero stato alcun problema. Poche settimane dopo, invece, spuntò fuori un post in cui l'allora capogruppo Roberta Lombardi asseriva che “l’ideologia del fascismo, prima che degenerasse, aveva un altissimo senso dello Stato” (in seguito disse di riferirsi a quello del 1919, che pure non sembrava prefigurare un particolare rispetto delle istituzioni e degli avversari politici).

Poi è stata la volta di Giuseppe Di Vagno, deputato ucciso dalle camicie nere poche settimane prima della marcia su Roma e quindi a tutti gli effetti primo parlamentare vittima del regime: durante la discussione per istituire un premio alla memoria, i grillini proposero la cancellazione della parola “socialista”, salvo fare retromarcia pochi giorni dopo.

Tutto sommato, però, ben poca cosa rispetto al risalto dato nel 2014 dal blog di Grillo all'“opinione” (definita proprio così sul sito) del giornalista Arrigo Petacco sul delitto Matteotti. Tesi di fondo: Benito Mussolini non ha avuto alcun ruolo in quell'omicidio e pochi mesi dopo fu addirittura “costretto a proclamare la dittatura dalla destra reazionaria”. Argomentazioni che trovano un riscontro praticamente nullo nella comunità scientifica, ma che di certo costituiscono un formidabile richiamo per tutta una fetta di elettorato ancora assai sensibile a richiami di questo tipo.

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