«Ho incontrato Ilaria Cucchi, abbiamo avuto una lunga conversazione domenica pomeriggio». Stefano Fassina continua nella sua campagna elettorale per le prossime comunali a Roma. E in un fine settimana di banchetti in giro per le piazze, ha anche incontrato la sorella di Stefano Cucchi, che all’Espresso ha annunciato di esser disponibile per una candidatura civica, capace di riunire il fronte a sinistra. «Ho detto a Ilaria che è la benvenuta e che la sua battaglia è da sempre la nostra», dice Fassina che conferma però di esser lui il candidato sindaco. «Non siamo scesi nei dettagli della forma del suo impegno», continua, rispetto magari a una candidatura in una civica a suo sostegno, «sta a lei valutare come tradurre praticamente tutto questo, come e se realmente vuole calare la sua battaglia sul prossimo impegno elettorale».
«Mi ha fatto molto piacere incontrare Stefano Fassina», è per il momento il commento di Ilaria Cucchi, che si dice impegnata sul programma.
È candidato, dunque, Fassina, e respinge l’invito al dialogo di Giachetti, preoccupato dalla corsa di Virginia Raggi e dalla possibile ricomposizione del centrodestra: «La città a cui stiamo parlando noi è una città che esiste a prescidere da quel che fa Stefano Fassina o dagli accordi che prendono i ceti politici», è il credo di Fassina, «ed è una città che se non trova la nostra risposta o resta a casa o trova altri. Ma non il Pd, mi dia retta». Troppo profonde le distanze, dice Fassina, che qui le spiega.
Ilaria Cucchi intervistata da l’Espresso si è detta disponibile a candidarsi sindaco. Lei ha risposto, «incontriamoci». Vi siete visti?
«Abbiamo avuto una lunga conversazione. Abbiamo parlato di Aldovrandi, di Cucchi, di Magherini, della sua battaglia, che è anche la nostra da molto tempo».
Avete parlato anche di Roma, immagino.
«Le abbiamo ribadito la nostra disponibilità a portare la sua battaglia, che è una battaglia di legalità ma fortemente sociale, nell’impegno amministrativo».
Però resta lei il candidato.
«Abbiamo un percorso avviato, che coinvolge molte persone e realtà sociali».
Lei però si è offerta come candidata, avete parlato di un suo impegno?
«Non siamo scesi nel dettaglio. Noi abbiamo detto che Ilaria è la benvenuta, che il nostro percorso è lo stesso che percorre lei da anni. Le abbiamo ribadito l'interesse ad un suo coinvolgimento diretto nel passaggio elettorale. Ora però sta a lei valutare come tradurre praticamente tutto questo, come e se realmente vuole calare la sua battaglia sulle amministrative».
Lei è il candidato di Sinistra Italiana. Un candidato alternativo a Roberto Giachetti che però l’ha invitata al dialogo. Lei ha rifiutato dicendo «abbiamo una visione troppo distante». Posso far notare che fino a pochi mesi fa la sinistra governava Roma con il Pd?
«Ma le specificità politiche sono diventate distanze con la normalizzazione renziana del Pd, che a Roma ha in Giachetti il suo massimo esponente e nella gestione degli ultimi mesi della giunta Marino la sua massima esperienza».
Però perché non valutare se si trova una convergenza sui programmi?
«A gennaio, appena uscì il nome di Giachetti, io scrissi una lettera aperta al candidato di Renzi con dieci punti su cui avremmo potuto sfidarci. Perché non mi ha mai risposto? Perché dall’urbanistica ai trasporti, passando per Acea e per il patrimonio comunale, le visioni sono appunto distanti, e Giachetti lo sa, solo che ora è in difficoltà».
Per i sondaggi, sì. Se il centrodestra si ricompatta, non è addirittura fantapolitico prevedere un ballottaggio Raggi-Meloni. Ci pensa mai?
«In economia come in politica non è l’offerta che fa la domanda ma il contrario. Questo bisogna capirlo: noi rispondiamo a una domanda a cui il Pd non può e non vuole rispondere. La città a cui stiamo parlando noi è una città che esiste a prescidere da quel che fa Stefano Fassina o dagli accordi che prendono i ceti politici del centrosinistra, e che se non trova la nostra risposta o resta a casa o trova altri. Ma non il Pd, mi dia retta. È difficile che i lavoratori che sto incontrando si rivolgano al partito che ha voluto il jobs act o che i cittadini che si sono mobilitati per l’acqua pubblica votino chi oggi vuole tradire il referendum».
A proposito. Su Acea si sono scontrati Raggi e il Pd. Lei pensa a una ripubblicizzazione dell’azienda, sul modello napoletano?
«Noi siamo per la piena attuazione del referendum, che non obbliga ad avere società che siano al 100 per cento pubbliche ma che dice che la loro gestione non deve essere orientata al mercato. Quello che mi chiedo è se Giachetti, invece, avendo votato una legge che tradisce il referendum del 2011 non stia proprio pensando di vendere ulteriori quote di Acea».
Quindi, oltre a Acea, quali sono queste distanze troppo grandi con Giachetti che impediscono un’alleanza?
«Noi, tanto per cominciare, sull’urbanistica siamo per un’edilizia di riqualificazione e per un piano a zero consumo di suolo. Il Pd di Roma non mi pare. Noi siamo per riprendere e rivedere il piano della cura del ferro, quella di Walter Tocci, che punta sulle rotaie per abbattere il traffico privato, mentre il Pd alla regione Lazio sta puntando, ad esempio, sul progetto di un’autostrada a pedaggio che segua il tracciato della Pontina: quelle risorse io da sindaco le mettere sui quattro passanti ferroviari. Le faccio poi un altro esempio concreto: noi siamo per ritirare la delibera 140, noi vogliamo cancellare la folle corsa alla “valorizzazione” del patrimonio del Comune di Roma, con la vendita degli immobili. Noi vogliamo che il patrimonio abbia una destinazione e un uso sociale».
Quella delibera serve a reperire risorse per finanziare la ristrutturazione di altri immobili, o per finanziare altre spese, magari in servizi. Lei dove trova i soldi se non vende?
«Intanto il problema di quella delibera è che interviene a tappeto, perché è evidente che possono esserci alcuni immobili, magari a Fontana di Trevi, che può aver più senso far rendere a valore di mercato, magari affittandoli. Ma quella delibera spara nel mucchio e sta già determinando lo sgombero di importanti realtà, di centinaia di associazioni e attività che offrono, spesso in periferia, preziosi servizi, spazi di aggregazione e di democrazia».
Ma Roma ha miliardi di euro di debiti.
«Proprio dal mutuo per quei debiti si possono trovare importante risorse. Noi abbiamo un piano: ricontrattando i mutui con Cassa depositi e prestiti strutturato su uno spread a oggi ingiustificabile si possono ricavare 140 milioni l’anno, una cifra quasi pari a tutta l’addizionale comunale sull’Irpef».
Non tutta Sinistra Italiana è però convinta della sua candidatura. Dentro Sel c’è chi è tentato dal dialogo con Giachetti, e non è escluso che nasca una lista “arancione” di supporto al candidato del Pd.
«Noi andiamo avanti, stiamo raccogliendo molto su un progetto che è stato condiviso largamente anche se non all’unanimità. Poi, per carità, se c’è qualcuno che vuole fare altre scelte è liberissimo di farle».
Lei dice di puntare al secondo turno, quello che è certo è che di accordi si dovrà parlare al quasi scontato ballottaggio. E sarà comunque più vicino a voi Giachetti che Giorgia Meloni o Virginia Raggi, no?
«Di Meloni ovviamente sì, non c’è proprio da parlarne, anche perché avere Meloni in Campidoglio vorrebbe dire riaprire il capitolo chiuso con la fine di Gianni Alemanno. Ma sono i cinque stelle, però, quelli che hanno avuto le nostre stesse posizioni sul Jobs act, sulla Buona scuola, sulla riforma della Costituzione...».
Così però sembra che il centrosinistra romano si spacca per una partita nazionale, tutta politica.
«La presunta neutralità politica delle città è una mistificazione. Non c’è posto dove, più che a Roma, si vedano le ricadute pratiche delle riforme nazionali. Togliere la Tasi a tutte le abitazioni, a prescindere da reddito di chi le abita e dal loro valore, non è solo una scelta politica: è una scelta che impatta fortemente le città, e soprattutto una città con le difficoltà di bilancio che ha Roma. Approvare un decreto che spinge, ignorando il referedum verso la privatizzazione delle società che gestiscono l’acqua, è una scelta che impatta fortemente sulla città. Potrei farle altri esempi. Quella che cerchiamo di rappresentare non è per nulla una questione politicista».