Dopo aver precettato uno sciopero su tre nei trasporti romani, il commissario della Capitale punta a diventarne presidente. Ne ha già parlato con Alfano, il suo sponsor. Ma ci sono molti nodi da sciogliere. A partire dal gradimento di Grasso e Boldrini, che sulla nomina hanno l'ultima parola

Talune ghiotte occasioni gli sono già sfuggite, ma di buste arancioni e vita da pensionato proprio non ne vuole sapere. Così il prefetto Francesco Paolo Tronca, 64 anni, supercommissario della Capitale ancora per poco, ha tutta l’intenzione di passare all’incasso dopo sei mesi di fatiche. E volare verso un nuovo incarico, grazie ai soliti buoni uffici del ministro Alfano, già decisivo per la partita sul Campidoglio.

Così, dopo aver in questi mesi subìto la carismatica presenza del prefetto Franco Gabrielli che gli pure ha soffiato l’ambìto posto di capo della Polizia, dopo essersi vista sfuggire (ci è andato Alessandro Pansa) anche la nomina a Capo del Dis, l’organismo di raccordo dei Servizi sul quale pure aveva fatto un gioioso pensiero, Tronca si è visto illuminare davanti, come un faro, il posto vacante di un’Authority: quella sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali, da poco abbandonata da Roberto Alesse, e il cui imminente rinnovo è nelle mani dei presidenti delle Camere Grasso e Boldrini.
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Prospettiva più succulenta di quella, appena rifiutata, di diventare prefetto di Roma. Il perché è presto detto: nel 2017, a compimento dei 65 anni, da prefetto Tronca sarebbe stato costretto alla pensione. Per gli Scioperi – incarico extra ordinem - quel limite invece non vale: si tratterebbe di un posto al sole per sei anni, sempre che a rovinare la festa non arrivi l’atteso decreto del ministro Madia sul riordino (e taglio) delle Authority.  

Tronca ne ha dunque parlato con Angelino Alfano che, a quanto pare, non avendolo potuto accontentare per il Dis, risolverebbe volentieri il problema piazzandolo in un posto che, negli ultimi anni, ha guadagnato rilievo nel contenere gli scioperi nei servizi pubblici. Diventare presidente dell’Autorità scioperi – perché il supercommissario ha già fatto sapere che esserne soltanto membro non gli interessa affatto – avrebbe peraltro l’indubbio vantaggio di un maggior margine di manovra quanto a trasloco della corte di fedelissimi che lo segue dai tempi della Prefettura di Milano e di Commissario dell’Expo. Non sarebbe semplicissimo, perché all’Authority c’è già un personale di ruolo e sono da tempo abolite figure come consulenti ed esperti. Ma di certo non sarebbe questa la parte più complicata dell’operazione.
 
Piuttosto, la cruna dell’ago pare in generale più stretta delle ambizioni del prefetto. Con alcuni nodi da sciogliere. Anzitutto quello del rapporto coi sindacati. Come fanno notare anche nei corridoi di Montecitorio, c’è il fatto che Tronca, in questi sei mesi a Roma, si è collocato all’estremo opposto della logica prudente, per la quale anche la legge sull’Autorità scioperi chiaramente predilige figure di accademici e giuslavoristi per svolgere il delicato compito di mediazione e dialogo tra le parti sociali. Basti considerare che, chiamato a gestire quindici giornate di sciopero nei traporti pubblici da novembre a oggi, il supercommissario di Roma si è risolto alla precettazione in un caso su tre. Laddove invece  il sindaco Marino, nei precedenti sei mesi, su nove scioperi non lo aveva mai fatto.

Ora è chiaro, ne ragionano anche al Nazareno, che se l’idea di Renzi è quella di ammorbidire i toni di confronto con le parti sociali, la nomina di un prefetto culturalmente propenso a bloccare a suon di precettazioni gli scioperi sarebbe una mina micidiale sulla strada del dialogo. Tra l’altro, fanno pure notare, da molti anni questa Authority è stata guidata da uomini assai vicini al centro destra (prima Martone, poi il pidiellino Pitruzzella, fino ad Alesse, già consigliere giuridico di Fini), mentre mai ad una donna è stato riconosciuta la possibilità di presiedere un’autorità indipendente.

Elementi che, raccontano nei corridoi, sono capaci di far storcere il naso ai presidenti delle Camere. I quali hanno sostanzialmente l’ultima parola sui nuovi membri dell’Autorità e malvolentieri rinuncerebbero a uno dei pochi atti di autonomia che la legge gli assegna. Trattandosi, poi, del primo grosso pacchetto di nomine del tandem Grasso-Boldrini, la partita si fa ancora più delicata: nessuno dei due accetterebbe dare l’impressione di essere stato “consigliato”, nemmeno da Palazzo Chigi.

Mezzi ostacoli che non fermano, per ora, le ambizioni di Tronca. Anche se qualcuno, nel gran giro di poltrone prossimo venturo, invita a non disprezzare altre ipotesi. A breve dovrebbe per esempio liberarsi anche il posto di Luciana Lamorgera, capo di Gabinetto di Angelino Alfano. Una casella tradizionalmente assegnata proprio a un prefetto.