Tra una polemica con i 5 stelle e una con la Lega, tra Lodi e l’Austria, il premier al question time alla Camera parla anche di lavoro, rivendica il jobs act e conferma il modello dei tagliandi da 7,50 euro l’ora. Il governo pensa semmai di intervenire sulla tracciabiità

Il confine con l’Austria e lo scontro con la Lega sui migranti. La vicenda del sindaco di Lodi, la questione morale e la consueta gara con il Movimento 5 stelle, alle cui accuse Renzi replica parlando di un movimento «quintessenza dell'opacità, un monumento al nepotismo nel senso tecnico del termine», pensando alla successione del figlio di Casaleggio ai vertici della Casaleggio Associati e alle firme sul regolamento del partito di Grillo, che come noto sono del commercialista del comico, del nipote del comico e del comico stesso.

Il question time alla Camera per Matteo Renzi è stata così l’occasione per replicare alle più quotidiane polemiche politiche, ma il premier è intervenuto anche sul tema dei voucher, più volte affrontato anche dall’Espresso, tra abusi e paghe basse.

Quello dei tagliandi da 7,50 euro l’ora è un sistema di pagamento nato per i lavori agricoli e domestici, nel 2008, ma ormai liberalizzato e usato soprattutto nel commercio (18 per cento), nel turismo (13,7) e nei servizi (13). E così che è nato il popolo dei voucheristi, dai corrieri, ai camerieri, ai falegnami, ai muratori.

A chiedergli cosa il governo intendesse fare sul tema è stato il deputato Arturo Scotto, capogruppo di Sinistra Italiana, in una giornata molto di posa in cui ogni gruppo portava un’interrogazione sul suo cavallo di battaglia (i migranti la Lega e Fratelli d’Italia, il finanziamento delle fondazioni politiche, a partire dalla renziana Open, i 5 stelle, gli incentivi alle famiglie e alla natalità per Lupi e gli alfaniani).

«I voucher sono utilizzati sempre più per occultare lavoratori in nero e sottopagati», ha detto Scotto, contando gli oltre 115milioni di voucher venduti nel 2015, e «il milione e mezzo di lavoratori coinvolti, in lavori non necessariamente stagionali». Scotto ha anche fatto notare al premier come tra i lavoratori a tagliando siano più che raddoppiati gli incidenti sul lavoro, negli ultimi due anni.

«Crediamo che il governo debba prevedere l’abolizione», è la posizione di Si che - come la Cgil che sta raccogliendo le firme - radicalizza così le perplessità espresse anche da alcuni membri di minoranza del Pd, tra cui Cesare Damiano: «I 115 milioni di voucher venduti nel 2015», ha detto più volte il presidente della commissione Lavoro della Camera, «sono, per una piccola parte, emersione di lavoro nero, ma per la gran parte sostituzione dei normali contratti di lavoro in precariato a basso prezzo e senza diritti». Damiano, sentito dall’Espresso, sostiene che si dovrebbe tornare alla legge Biagi da lui applicata nel 2008, «individuando i lavori occasionali, come fu per la raccolta dell’uva», nell'abbondante raccolta del 2008 appunto, «con i voucher per gli studenti e i pensionati».

Matteo Renzi, chiedendo a Si di «essere onesti sul jobs act», apre invece sì a possibili «forme migliorative, se vi fosse possibilità e necessità», ma dice chiaramente: «Noi siamo contrari all’abolizione dei voucher». Quello a cui pensa il governo è dunque semmai un intervento che aumenti la tracciabilità dei voucher, di intervenire cioè sul momento di attivazione del tagliando.

Sminuisce comunque la portata del fenomeno, Renzi, calcolando che «il numero dei percettori oscilla tra l’1,9 e il 2,7 dei lavoratori». «Se ci sono eccessi siamo pronti a discuterne», dice Renzi, che però spegne anche l’argomento di Scotto sulla sicurezza riconoscendo come il dato sia infelice nel suo complesso: «L’aumento medio degli incidenti non è differente dal dato complessivo. Nel 2015 c’è stato un aumento generalizzato, un livello inaccettabile». Secondo l’Inail, infatti, le denunce per incidenti sul lavoro sono aumentate del 16 per cento rispetto al 2014.

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