Il ddl Scalfarotto, approvato alla Camera nel settembre 2013, è fermo da quasi tre anni. Colpa dell'ostruzionismo Ncd, ma non solo. Dopo la strage di Orlando "è ancora più urgente", dice Cirinnà. Lo Giudice: "Serve una decisione politica, per costruire una maggioranza ad hoc"

Che fine ha fatto la legge per contrastare l’omofobia? Sull’onda della strage di Orlando, in Italia c’è chi tra i messaggi di cordoglio prova a dire che uno strumento per “bloccare l’istigazione all’odio” sarebbe “importante”, “utile” “più urgente che mai”.

In Italia sul punto non è previsto nulla di esplicito: non basterebbe, sarebbe un inizio. Lo spiega Fabrizio Marrazzo di Gay Center, le Famiglie Arcobaleno. Lo dice la dem Monica Cirinnà, madrina delle unioni civili, e pure il sottosegretario Ivan Scalfarotto, firmatario dell’unica legge contro l’omofobia che sia mai stata approvata da un ramo del parlamento.

Eppure quella legge – che amplia la lista delle discriminazioni previste dalla legge Mancino - è inchiodata alla commissione Giustizia del Senato dal giorno in cui ci è arrivata: il 20 settembre 2013, subito dopo l’approvazione alla Camera. E non sembra destinata a muoversi.

Il provvedimento è rimasto inutilmente all’ordine del giorno, per quasi tre anni, senza che se ne parlasse: peggio che un sortilegio. Giusto qualche magro accenno, qua e là. Un Giovanardi che protesta, un Nitto Palma che precisa. Un mese fa, il 17 maggio, proprio in occasione della giornata contro l’omofobia, il capogruppo del Pd in commissione Giustizia Giuseppe Lumia – riportano i resoconti ufficiali – “osserva che è più che mai opportuno che la commissione riprenda l’esame dei disegni di legge n.1052 e connessi, che è stato sospeso il 29 aprile 2014”.

E cosa si diceva nel 2014? La risposta a questa domanda conduce diretti a un eterno presente. Francesco Nitto Palma, forzista, all’epoca presidente della commissione, “fa presente al sottosegretario Scalfarotto di non aver mai espresso né contrarietà, né una posizione di favore nei confronti dei disegni di legge in materia di omofobia e transfobia. Il rallentamento dell’iter d’esame di tali provvedimenti deve essere, a ben vedere, ricondotto alla opposizione manifestata da alcuni componenti del gruppo Nuovo centrodestra”. Punto.
Due anni sono bastati a convincere gli alfaniani? No. “Tuttavia, essendo trascorso un periodo di tempo abbastanza lungo per la riflessione e la valutazione che allora si richiedeva, la commissione può ben riprendere la discussione”, incalza adesso il senatore Lo Giudice.

Eppure, non è solo colpa di Alfano se da allora la legge non ha fatto un passo. Certamente, l’ostruzionismo dell’Ncd non ha aiutato. E non può neanche dirsi che sia mancato il tentativo, da parte del Pd, di riaccendere la questione. “Io ci credo e mi batterò perché questa tappa sia raggiunta”, dice ad esempio il capogruppo dem in commissione Giuseppe Lumia, che studia da tempo come “incastonare la norma nel sistema” senza incorrere in “strafalcioni giuridici” e da ultimo valuta una ipotesi simile a quella escogitata per il ddl sul negazionismo.

Ma allora? Il senatore Sergio Lo Giudice appare lucido e disilluso: “Serve una decisione politica. Bisogna trovare una maggioranza, quella che è possibile per questa legge, visto il voltafaccia di M5S sulle unioni civili e l’ostruzionismo di Ncd”. Insomma serve una spinta che, da Palazzo Chigi, finora non è mai arrivata. Come se l’impegno di Renzi per i diritti fosse destinato a cominciare e finire con il ddl Cirinnà.

Bisogna dire che il modo in cui è scritta la legge non aiuta di certo. Dice Lo Giudice: “Sarebbe perfetta, non fosse che alla Camera è stato introdotto un comma secondo cui, quando non si tratta di odio o violenza, tutto quello che la legge prevede circa la discriminazione e l’istigazione, vale per i singoli ma non per le organizzazioni religiose, sindacali, politiche”.

E questo depotenzia l’intera norma. Il compromesso, cosiddetto “emendamento Gitti”, figlio della necessità di convincere i cattolici del Pd e di Scelta civica, ha reso ostile una buona fetta del mondo Lgbt . Si potrebbe “cancellare con un tratto di penna”, come dice qualcuno. Ma per farlo serve appunto la volontà di portare a segno la legge, di costruire una maggioranza. Proprio quella che per votare il ddl contro l’omofobia mancava anche alla Camera, figurarsi.

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