In tre parole rivolte ai fotografi, il personale programma politico di Virginia Raggi. Prima donna (e giovane) in cima al Campidoglio, ha fatto il pieno dei voti. Non è chiaro come lei guiderà la Capitale, ma è chiaro che dopo aver doppiato il Pd, M5S può guardare al governo
“Arrivo dappertutto, giuro”. Ai fotografi che nella notte la chiamano, a destra e a sinistra, di sopra e di sotto, per i primi scatti da sindaca, Virginia Raggi da Ottavia (Trionfale) risponde dichiarando in sintesi il suo personale programma politico: “Arrivo dappertutto, giuro”. Tre parole in cui c’è dentro un destino. Le dice senza mutare espressione del viso, senza rovinare gli scatti d’immagine, col sorriso leggero e non empatico, il suo. Una tenuta di nervi che ha impressionato anche Di Battista lungo tutta la campagna elettorale, e che non si smentisce nemmeno nella serata in cui quel “arrivo dappertutto” si incarna, in mezzo ai traguardi: record di genere, perché è la prima volta che una donna arriva a guidare il Campidoglio, record di età, perché ha solo 37 anni (ed è pure mamma da 7), record di consensi, perché nessuno ne aveva mai ottenuti tanti: 67,2 per cento, oltre settecentosettantamila voti, il doppio del competitor Roberto Giachetti e centodiecimila in più rispetto a Ignazio Marino, che vinse con 665 mila voti nel 2013 ma aveva tutta la coalizione di centrosinistra a sostenerlo. Record, infine, perché è la prima volta che a Roma vincono una candidata e un partito che si presenta come anti-sistema.
Nel vuoto che s’erano fatti intorno gli altri partiti, a partire dal Pd, il talento di cogliere il vento contrario, farsene trasportare, moltiplicarlo: eccola la congiuntura della storia, la “rivoluzione gentile”, tutt’altro che un colpo di fortuna. “Si apre una nuova era, sono pronta a governare Roma”, dice la Raggi, leggendo gli appunti con quella voce sottile ma decisa che in Aula Giulio Cesare al Campidoglio hanno imparato a conoscere, nei due anni e mezzo che ha passato da consigliera di opposizione a Cinque stelle.
Avranno dunque i romani i pannolini lavabili in ogni quartiere e la funivia Casalotti-Boccea, oltreché il risanamento di Ama, Atac e del bilancio della Capitale? A caldo, in realtà, conta soprattutto il colpo politico: conquistare Roma, l’anticamera della conquista di Palazzo Chigi, che ora davvero diventa una strada da tentare per il movimento di Beppe Grillo. Quanto alla capitale, al netto di slogan e proposte, non è facilissimo capire che sindaco sarà, Virginia Raggi. Così come in campagna elettorale non è stato facile capire quanto fosse solido il suo no alla candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024.
Per ora, prima di infilarsi in macchina alle tre di notte per andare a consultarsi con Grillo e Casaleggio jr all’Hotel Forum facendo “ciao” ai cronisti, Raggi ha giusto detto di voler “mettere un punto” alle polemiche da campagna elettorale, invero particolarmente aspre. Il praticantato da avvocata allo studio Previti, la consulenza a una società vicina all’ex discusso Ad di Ama Panzironi, da ultimo altre consulenze per la Asl di Civitavecchia, quando era già consigliera comunale. Esempi che servivano ad argomentare una scarsa limpidezza della candidata, ma che evidentemente non hanno raggiunto lo scopo.
“Mi criticano per tutto, persino per le mie orecchie”, ha detto Raggi con una battuta venerdì, al comizio finale ad Ostia. Uno dei rari guizzi fuori dal perimetro di un personaggio che – per natura timida o per costruzione a tavolino, lo si capirà – non si è fatto tridimensionale, ma non per questo, agli occhi degli elettori, è risultato meno convincente. Anzi. L’esasperazione dei romani ha forse trovato quiete, in una donna che annovera Hesse e “Un uomo” della Fallaci tra le sue letture, le passeggiate sulle banchine del Tevere tra i suoi hobby, il mantra dell’ “onestà, onestà” tra le sue ossessioni verbali e nient’altro di particolare, a parte la determinata puntigliosità, da segnalare.
Non l’ha danneggiata nemmeno la più perigliosa tra le critiche, quella di essere troppo dipendente da Milano, con tanto di Codice etico sottoscritto con la Casaleggio e Associati che la impegna a seguire la linea di partito, oltreché a sottoporre atti e nomine al parere del famoso “staff” Cinque stelle. L’ipotesi che Raggi possa essere telecomandata non sembra aver turbato i romani più di altre cose (“Parla con Milano? Parlasse pure con gli ufo, sempre meglio che con Buzzi e Carminati”, uno dei più esaustivi commenti trovati su Facebook). E la sua “straordinaria inesperienza” - quella per la quale Marianna Madia nel 2008 fu sommersa di fischi - stavolta funziona da garanzia. Vai a capire, i capricci della storia.