Dice che non è una priorità la legge elettorale, insomma, Di Maio, anche se i comunicati firmati negli ultimi giorni da deputati e senatori 5 stelle dicono il contrario. «Noi siamo sempre stati contrari all’Italicum, perché è una legge che tiene in vita gli stessi vizi di incostituzionalità che hanno portato la Consulta a bocciare il Porcellum» è la nota diffusa ad esempio da Laura Castelli, capogruppo alla Camera, che pensa all’«abnorme premio di maggioranza» e ai «capilista bloccati che non consentono ai cittadini di scegliere i propri parlamentari» e propone di virare verso la legge del collega Toninelli, depositata dal Movimento.
Quello su cui Di Maio e Castelli concordano, però, è che il Movimento 5 stelle debba tenersi fuori dal tira e molla, dalla trattativa sulle singole modifiche, incurante del fatto che qualcuno possa pensare che la loro posizione sia questa perché l’Italicum è un affare, visto il meccanismo del ballottaggio. «C’è chi dice che l’Italicum favorirebbe il M5S», continua Castelli consapevole del problema, «ma ciò non cambia in alcun modo la nostra posizione». Il Movimento preferisce dar l’idea che sia solo la maggioranza di governo ad affaticarsi sul tema (a doversi «vergognare» come dice con un post colorito il senatore Castaldi), e che lo faccia solo per una questione «di poltrone», come dice appunto Di Maio.L'#Italicum è cibo avvelenato per la democrazia. Non importa se oggi può far vincere il #M5S. Va cancellato e basta! pic.twitter.com/pbhl5iR1mW
— Danilo Toninelli (@DaniloToninelli) 29 giugno 2016
Che non ha tutti i torti, in realtà, perché è dentro il Pd e tra il Pd e i suoi alleati che più, sull’Italicum, si sta assistendo a grandi manovre che continueranno per tutta l’estate, fino al referendum costituzionale. Il Nuovo centro destra di Angelino Alfano, per dire, attraverso la voce di Roberto Formigoni e appositi retroscena è arrivato a minacciare l’uscita dalla maggioranza se non dovesse arrivare la modifica sul premio, da assegnare non più alla lista ma alla coalizione.
Siccome Renzi per ora ha risposto al suo solito, che si può cioè discutere ma che poi «l’Italicum non si tocca», Formigoni si è ricordato improvvisamente che questo non dovrebbe esser propriamente un governo politico: «Credo il tempo del Ncd al governo sia finito. Oggi, non in ottobre», dice al Corriere. «Diamo a Renzi solo un appoggio esterno», è l’idea: «Noi siamo rimasti al governo per fare le riforme. Compito finito, le riforme ci sono. E la nostra alleanza con il Pd era dettata solo dalla gravissima situazione dell' Italia. Ora, con Renzi le prospettive divergono». Alla minaccia non crede nessuno («Non credo alle crisi di governo» dice Ettore Rosato, capogruppo del Partito democratico alla Camera), ma qualche effetto tra retroscena e interviste non è detto che Alfano non possa ottenerlo.
Perché quelle di Ncd sono pressioni che Renzi per ora ignora, sapendo di non dover prendere subito una decisione, con la mozione di Sinistra Italiana (che piace tanto ai bersaniani) che verrà discussa solo a settembre. Ma sono pressioni che si sommano ad altre, sempre ignorate, per ora, come quelle del Pd, dove la minoranza interna chiede anche lei la modifica del premio di maggioranza - dalla lista alla coalizione che arriva prima o vince il ballottaggio - e di togliere i capolista bloccati, che darebbero troppo potere a Matteo Renzi nella scelta dei futuri deputati dem. Ignora tutti per il momento, Renzi, perché vuole capire anche cosa accadrà in Forza Italia, dove è tempo di grandi cambiamenti dopo la cura di Marina Berlusconi.Come succedeva nella vecchia politica, #M5S dice no a #Italicum ma si deve leggere come un si. Non ne vogliono parlare, ma ne parlano sempre
— Andrea Marcucci (@AndreaMarcucci) 30 giugno 2016
E non sarà la posizione prevalente in Forza Italia (tanto Gasparri quanto Brunetta hanno subito replicato che va bene il ritorno di Berlusconi ma Forza Italia «deve stare all’opposizione»), ma non è dispiaciuta per nulla a palazzo Chigi l’intervista rilasciata a La Stampa da Fedele Confalonieri, che i retroscena vorrebbero membro, con Letta e Ghedini del triunvirato che dovrebbe rilanciare il partito. Dice Confalonieri che Berlusconi dovrà essere «il coach, un po' come Antonio Conte» di un partito «strutturato in maniera più tradizionale, con un'organizzazione chiara, e un congresso in cui far confrontare le varie posizioni». Un partito, soprattutto, che non riveda il rapporto con Renzi: «Il Cavaliere non la pensa così», dice Confalonieri, «ma io sarei per qualcosa che somigli al Nazareno». Un ennesimo Nazareno.Eccesso di nervosismo su mozione #Italicum di #SinistraItaliana. Tutti lo vogliono superare, nessuno muove un dito. Vediamo chi fa sul serio
— Arturo Scotto (@Arturo_Scotto) 30 giugno 2016