Il declino dopo gli anni vivaci. Il malcontento per ?le conseguenze dell’alluvione. Gli scandali. E alla fine Benevento ha deciso di affidarsi a lui, politico di lungo corso in maglioncino color salmone

Benevento esterno giorno. È un tardo pomeriggio di giugno durante le due settimane che precedono il ballottaggio per le elezioni comunali. Un signore corpulento con un pullover rosa Giro d’Italia si aggira per via Principe di Napoli, il viale che collega la stazione ferroviaria al centro della città, carico di striscioni e festoni giallorossi per festeggiare la promozione in serie B del club locale.

L’uomo suona a un citofono, a caso. Dice: «Signora, sono Clemente Mastella. Posso salire un attimo?».

Benevento interno giorno. La signora apre all’ex ministro di Grazia e Giustizia del governo Prodi, candidato sindaco per il centrodestra. Lo fa entrare. Gli offre un caffè. Intanto nel caseggiato si sparge la notizia. Arriva altra gente finché la scena assomiglia al terzo atto di "Natale in casa Cupiello", con venti persone che consumano una caffettiera dopo l’altra e parlano con il candidato in un crescendo di cordialità.

Verso le otto la padrona di casa dice: «Onore’, ma un’insalata di pomodori?».

Clemente: «Pomodori? Ottimo, grazie. Devo stare leggero».

La cena frugale si conclude con l’auspicio del candidato di trascorrere i pranzi domenicali del suo mandato con una famiglia beneventana baciata dalla fortuna. Lo schema è: «Voi fate la pasta. Io porto il dolce».

Starà ai cittadini controllare se la promessa, o minaccia, elettorale sarà mantenuta. Per adesso Mastella si è presentato in modo coerente con la sua campagna vittoriosa.

Domenica 26 giugno, sette giorni dopo i ballottaggi, il sindaco con il pullover rosa impazzava alla festa di Sant’Eliano con annesso palio in costume longobardo e rappresentazione del matrimonio fra Arechi II e Adelperga.

Nella mattinata di giovedì 30 giugno Mastella ha riempito il corso principale di luminarie per la festa patronale della Madonna delle Grazie, che il centrosinistra aveva mortificato con il pretesto della spending review sulla bolletta Enel. Nella serata dello stesso 30 giugno alla Rocca dei Rettori, in fondo al corso, si è celebrata la festa per l’elezione, tenuta di giovedì per non disturbare la veglia per la Madonna delle Grazie nella notte fra venerdì 1 e sabato 2 luglio.

Le riprese del Mastella Pride hanno avuto grande successo sul fronte snobistico del web per l’esibizione canora dei Cugini di campagna e per i piatti di pasta e fagioli (siamo sempre al terzo atto di "Natale in casa Cupiello") accompagnati da vino rosso. Madonna a parte, la festa per il patrono Mastella assomiglia molto a quello che si vedeva durante le feste dell’Unità, salvo che nella piazza della Rocca le spese erano a carico del nuovo primo cittadino, presente con i figli e con la moglie Sandra Lonardo. Lady Mastella, ex presidente del consiglio regionale della Campania, ha ricevuto gli auguri musicali dei Cugini di Campagna per i 41 anni di matrimonio.

Paolo Moscovio, ristoratore con locale sotto l’Arco di Traiano, diventato notorio televisivamente come pasdaran del mastellismo, ricorda: «Il sindaco era qua anche ieri sera, mercoledì. Si è fatto il giro di tutti i tavoli, ha salutato la gente. Questa è una trattoria alla buona ma si mangia bene e a Benevento passano tutti da qua».

L’idea è proprio questa. In fondo ci sono solo due tipi di ristoranti, quello dove il cliente deve subire e pagare. E il locale nel vecchio stile Prima Repubblica dove il cliente è trattato bene o crede di esserlo, che è lo stesso. L’ex democristiano eletto deputato per la prima volta a 28 anni è un oste del secondo tipo.

Otto mesi dopo l’alluvione che ha colpito la città sannita in ottobre, la valanga Clemente Mastella si è abbattuta su Benevento. La capitale dell’antico granducato longobardo ha premiato l’ex ministro con un risultato elettorale schiacciante (63 per cento), maturato soltanto in parte al primo turno quando lo sfidante di centrodestra aveva superato di appena 169 voti il rappresentante del centrosinistra, Raffaele Del Vecchio, sostenuto a spada tratta dal vero rivale di Mastella. Il grande sconfitto non è l’ex vicesindaco democratico Del Vecchio, che molti concittadini ricordano come tipo chiuso al limite della scontrosità, ma l’avvocato Umberto Del Basso De Caro, sottosegretario alle Infrastrutture, proconsole del Pd nel Sannio e nipote di una celebrità beneventana come il giurista e ministro Raffaele De Caro, al quale è dedicata una loggia massonica del Grande Oriente d’Italia.

Del Basso De Caro ha incassato male la disfatta al ballottaggio del 20 giugno, quando il gap si è allargato da 169 a 7389 voti. Il sottosegretario ha dichiarato che non parteciperà mai più all’attività locale dei democrat. È potente ma non è amato. I residenti della Ztl del centro, la più perforata d’Italia, si lamentano che non trovano mai i parcheggi perché sono occupati dalle macchine dei clienti dello studio De Caro.

Già dopo i risultati del primo turno nel Pd beneventano si era diffuso il panico. La candidatura dell’uomo di Ceppaloni non era la corsa a vuoto di un ex giocatore che aveva già vissuto i suoi momenti di gloria facendo cadere il governo Prodi e vedendosi negare il ministero da Silvio Berlusconi, con il misero risarcimento di un posto a Strasburgo. Il Pd, che temeva semmai i grillini, ha finalmente compreso la minaccia della vecchia macchina elettorale mastelliana. Allora sono volati colpi bassi, da una parte e dall’altra, con l’elenco dei rispettivi problemi giudiziari. Ma le macchine del fango si sono annullate a vicenda.

Le inchieste che hanno coinvolto la famiglia Mastella, inclusi gli acquisiti come la consigliera regionale ligure Roberta Guasco, nuora di Clemente, le accuse di operazioni immobiliari torbide ai figli Elio e Pellegrino, non hanno fatto alcun effetto sugli elettori.

Non è cinismo. La diversità etica della sinistra, che peraltro ha accolto Mastella a braccia aperte nel 2007, è una favola ormai. Così la scelta fra una sedicente sinistra alla "Torvo Rosso non avrai il mio scalpo" e la bonarietà demagogica non è stata difficile.

Chi ha perplessità sulla questione morale deve considerare che in dieci anni di centrosinistra guidato dal sindaco Fausto Pepe Benevento non è particolarmente migliorata sotto il profilo della questione morale. L’inchiesta più recente, peraltro successiva al voto, dovrebbe procurare un riconoscimento internazionale al genio della truffa che usava il laparoscopio, l’apparecchio per togliere i calcoli alla cistifellea, in modo da leggere con la microcamera le offerte in busta chiusa sulle forniture ospedaliere e giocare conoscendo le carte dell’avversario.

Anche questo marchingegno sembra tipico delle commedia napoletana. Il punto è proprio questo. Benevento non c’entra con Napoli. Non sembra neanche sud, quanto meno nella zona del centro urbano. Per ordine e architetture è più simile a una città dell’Umbria o della Toscana. La città, 60 mila abitanti, ha avuto a lungo una stagione culturale vivace, con le signore in abito da sera alle prime della manifestazione annuale "Benevento città e spettacolo".

Oggi Città e spettacolo esiste ancora ma con un programma molto ridotto. Sulla facciata del teatro Vittorio Emmanuele (con due emme), coperta da scritte di adolescenti, si vedono ancora i manifesti dell’edizione 2015. Tema: miti, eroi, gente comune.

I due cinema sono chiusi. Alcuni negozi del corso sono sfitti e non importa se lo stesso accade in città molto più ricche. La villa Comunale è tenuta bene. Lo stesso vale per l’Hortus Conclusus, lo spazio non facile da trovare dietro al Convento di San Domenico, con le sculture del grande artista beneventano Mimmo Paladino, uno dei fondatori della transavanguardia.

In compenso il parco Cellarulo, polmone verde lungo il fiume Calore non è mai stato inaugurato ufficialmente dopo una spesa di 3 milioni di euro. Prima ci si entrava di straforo per le passeggiate. Dall’alluvione è inagibile. Ma molti altri danni provocati dagli alvei abbandonati del Calore e del Sabato, poco più che torrenti in realtà, non sono stati riparati. Il ponte San Nicola è pericolante. Si passa solo in uscita e nessun lavoro è in corso.

La periferia, ovviamente, è ancora più in sofferenza. A maggio, come mossa pre-elettorale, il centrosinistra ha inaugurato dopo anni la Spina Verde al Rione Libertà, che un tempo era un serbatoio di voti. Doveva essere un modo per riqualificare il quartiere popolare, con spazi verdi, case nuove e un auditorium. Ma poi non c’erano i soldi per assumere i guardiani e l’area risulta in parte vandalizzata dopo meno di due mesi.

Sull’alluvione Mastella ha attaccato a fondo. Ha detto che il danno è stato sottovalutato e che chiederà più soldi allo Stato e alla Regione, guidata da un altro politico di area longobarda come il salernitano Vincenzo De Luca.
La percezione degli elettori è che Clemente è più autorevole, si farà sentire, otterrà quello che i suoi predecessori non riuscivano a ottenere e, in poche parole, rilancerà la città e la riporterà a quello che era soltanto quindici anni fa, da bravo ristoratore.

Per riprendersi un margine di futuro politico, Mastella ha lavorato di fino. Espertissimo nel salto della quaglia e nell’intelligenza col nemico, l’ex Guardasigilli si è riconciliato con la concittadina Nunzia De Girolamo, un’altra virtuosa del calciomercato della politica con campionati giocati nel Pdl, nel Pd, nel Ncd e di nuovo in Forza Italia.

Fra i due ci sono stati episodi di violenza verbale inaudita anche per gli standard della politica italiana. Nel 2011 da europarlamentare forte di 115 mila voti Mastella aveva fatto infuriare l’ex pupilla alludendo a preferenze verticali, ottenute da lui, e preferenze orizzontali, ottenute da lei. Era seguita querela. Tre anni dopo c’è stato il famoso sms mostrato dall’offesissimo Clemente alle telecamere di Servizio pubblico («sei un pezzo di...», gli aveva scritto Nunzia, ma senza i puntini). La nuova lite non aveva portato bene all’europarlamentare che nel 2014 ha fallito la riconferma.

L’apporto numerico di Forza Italia e di De Girolamo si è rivelato, nell’insieme, molto ridotto rispetto alle due liste civiche dell’ex numero uno Udeur. Non fa niente. Il neosindaco pensa al futuro. Ci si può chiedere qual possa essere il futuro di un politico di 69 anni con 41 anni di anzianità di servizio.

La risposta l’ha data lo stesso Mastella pochi giorni dopo avere preso possesso della sua stanza in Municipio. È il rilancio del meridionalismo con un movimento in funzione antileghista. Niente avventure con il detestato Matteo Salvini. Non è certo un milanese che può guidare la Lega Sud. Molto meglio un longobardo del Sannio.