Niente marito e moglie, ovviamente, niente sposi né baci, il tutto è un po’ burocratico, in effetti. Nessuna domanda alla coppia: quello da leggere è un semplice verbale. Ma c’è. L’ufficiale, in sostanza, prende nota della richiesta dei due interessati, che «dichiarano» - è la formula - «di costituire, mediante la presente dichiarazione, l’unione civile tra di loro».La buona politica cambia la vita delle persone. Decreto pubblicato in Gazzetta. Da domani si possono celebrare #unionicivili
— Andrea Marcucci (@AndreaMarcucci) 28 luglio 2016
Le formule pubblicate dal ministero, con la firma di Angelino Alfano, sono molte, e coprono tutte le possibili varianti. C’è anche, ad esempio, la formula da recitare quando l’unione è “celebrata” fuori dalla sede del Comune, possibilità data quando uno dei due uniti abbia portato il necessario certificato medico che stabilisce l’impossibilità di recarsi «nella Casa comunale». C’è anche il modulo per la scelta del cognome, e quello - ovviamente - per sciogliere l’unione. Tanto per lasciarsi quanto per unirsi la procedura prevede due passaggi. Bisogna prima presentare una domanda, a cui il Comune risponderà con una data. E poi confermare. E bisogna ovviamente presenziare entrambi alla registrazione del secondo verbale, sia in un caso che nell’altro - con la mancata comparizione anche di uno solo che «equivale alla rinuncia».
Nel formulario c’è infine anche il modulo per la costituzione di «un'unione tra coniugi, a seguito della rettificazione di sesso di uno di loro». Come previsto dall’art. 5 del decreto firmato da palazzo Chigi il 23 luglio e dall’art. 1, comma 27, della legge infatti, due coniugi possono dichiarare di «non voler sciogliere il loro matrimonio o di non volerne cessare gli effetti civili» e di costituire un’unione civile.
Formule e decreti, è bene però ricordare, sono per ora transitori. Come ricorda infatti la circolare che il ministero ha, sempre il 28 luglio, mandato ai segretari generali dei Comuni, questo decreto e questo primo formulario servono in attesa dell’entrata in vigore dei decreti delegati definitivi, che devono arrivare entro sei mesi dall’approvazione della legge, che è arrivata il 20 maggio 2016: il ministero della Giustizia, in questo caso, ha tempo fino a dicembre.