La riforma del lavoro voluta dal governo Renzi sarà valutata dalla Corte Costituzionale. Un nuovo guaio per Renzi e il Pd che, con la bocciatura del referendum Cgil sull'articolo 18, pensavano di aver blindato la norma

Non c’è pace per il Jobs act né per il Pd di Renzi che l’ha voluto. Il provvedimento che ha sostituito all’articolo 18 il contratto a tutele crescenti - inesausti i mal di pancia a sinistra - minaccia adesso di tornare a mo’ di boomerang per via togata, giusto in mezzo alla campagna elettorale.

Per ora è solo un sasso schiccherato giù dalla montagna - non piccolo però: il Tribunale del Lavoro di Roma ha infatti chiesto alla Consulta di pronunciarsi sulla costituzionalità del provvedimento, accogliendo ?le ragioni di un giudizio (promosso anche dalla Cgil) sul licenziamento di una lavoratrice. E dire che al Nazareno pensavano essersi scrollati di dosso il problema in gennaio, quando ?la Corte aveva bocciato il referendum-chiave della Cgil sull’articolo 18.

Tutto al contrario: considerando i tempi medi di pronuncia, la nuova sentenza potrebbe cadere tra febbraio e marzo, proprio nel cuore della corsa alle urne. Certo ancora una data non c’è - mentre corposa è la lista delle tempistiche prudenti a piazza ?del Quirinale.

D’altra parte anche ?a Palazzo fanno notare però che la presenza di giuslavoristi come Giulio Prosperetti e soprattutto Silvana Sciarra, già protagonista della tenzone (persa, contro Amato) per l’ammissibilità del referendum sull’articolo 18, renda la materia Jobs act vieppiù ghiotta.

A maggior ragione, visto che l’ordinanza del tribunale del lavoro è tutt’altro che lieve, puntando il fuoco della legittimità delle tutele crescenti su ben cinque articoli della Carta. Dalle parti della Cgil gongolano ?e attendono. La battaglia ora si è riaperta ?e il vincitore non ?è scontato.