Ex Rifondaroli finiti in Forza Italia, dem passati a Fratelli d'Italia, leghisti dell'ultima ora. Seguendo il fiuto per la poltrona, ecco chi siederà con la neogovernatrice Jole Santelli

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Transfughi, signori delle preferenze, figli d'arte, impresentabili e avatar. Nel campionario politico cui i calabresi hanno demandato il nuovo governo della Regione, c'è di tutto. A votare sono stati in pochissimi, poco più del 44 per cento. Curiosamente, una percentuale quasi identica a quella del 2014. Anche questa volta quindi gli elettori hanno deciso di disinteressarsi della questione, viste le temperature senza neanche poter accampare la scusa di una giornata da passare al mare.

Ma non è un alibi. La destra ha vinto con maggioranza inequivocabile, che in alcuni centri diventa quasi bulgara. A Sinopoli hanno scelto la coalizione della neo eletta  Jole Santelli, prima governatrice donna della Calabria, l'84 per cento degli elettori, a Platì l'80,51, poco meno a Gioia Tauro con l'80, a Rosarno il 79, ad Africo il 74, San Luca quasi il 69 per cento. Tutti comuni assai noti alle cronache giudiziarie e con consigli comunali spesso naufragati per mafia, noteranno malfidati e malpensanti, ma magari è una casualità.

In ogni caso, forte del suo 55,29 per cento dei consensi, Santelli sbarca da governatrice alla Regione con una maggioranza assai solida di 17 consiglieri. E più di un paio fanno già discutere. Non si tratta semplicemente di quel Domenico Tallini che la commissione parlamentare antimafia ha bollato come impresentabile per un rinvio a giudizio per induzione a dare o promettere utilità.

Fra gli eletti nella lista personale della neogovernatrice c'è Vito Pitaro, approdato al centrodestra dopo una parabola politica iniziata orbitando in Rifondazione Comunista, sconfessata per un assessorato con i socialisti e in seguito tracimata nel Pd, poi tradito con il passaggio a Forza Italia, alle Regionali sfociato in una solida collocazione nelle liste di Santelli. Alla fiera dell'Est della carriera di Pitaro c'è anche un incarico da più di tremila euro al mese come capostruttura dell'ex consigliere regionale Mirabello, ma questo non gli ha impedito di cercare altre sponde politiche.

Fino a qualche anno fa, era un altro il pater politico su cui Pitaro potesse contare. Si tratta dell'ex deputato Bruno Censore, cui il Pd ha negato una candidatura alle regionali, in nome del repulisti generale voluto dalla segreteria di Zingaretti. I nomi di entrambi sono saltati fuori di recente tra le carte dell'inchiesta “Rinascita-Scott” o meglio nelle chiacchiere intercettate di Pietro Giamborino, ex consigliere regionale, per i magistrati che lo hanno arrestato espressione diretta dell'omonimo clan. A detta di Giamborino, Censore “avrebbe condotto la campagna elettorale con il supporto di Pitaro Vito ed entrambi si sarebbero avvalsi dell'appoggio di persone ‘ad alto rischio', esponenti della criminalità locale, per garantirsi il bacino di voti”. Né Pitaro, né Censore sono indagati, ma su pressioni del candidato governatore Pippo Callipo, il Pd ha deciso di parcheggiare il suo ex deputato fuori dalle proprie liste.

IL PATTUGLIONE TRANSFUGHI
Pitaro invece ha trovato una nuova casa politica, ma nel centrodestra non è certo l'unico transfuga cui gli elettori hanno perdonato il cambio di casacca. A Reggio ha strappato uno scranno in Consiglio per l'Udc Nicola Paris, fino a qualche mese fa uomo di fiducia del sindaco dem Giuseppe Falcomatà e padrone delle deleghe a turismo e spettacolo, oggi consigliere del centrodestra. Una sorta di ritorno a casa per lui. Cinque anni fa, nasando la vittoria del centrosinistra, con nonchalance aveva abbandonato i suoi per collocarsi nelle liste a sostegno del giovane sindaco dem. Poi il vento politico è cambiato e lui lo ha assecondato.

Altrettanto ondivago nel corso della sua carriere appare Giuseppe Graziano, ex generale della Forestale, scelto dal governatore di centrosinistra Agazio Loiero come direttore generale del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, ma entrato una prima volta in assemblea regionale con la Casa della Libertà e adesso nuovamente a Palazzo Campanella in quota Udc. In mezzo c'è un incarico da segretario questore del Consiglio regionale strappato anche con i voti dei fedelissimi dell'ex governatore dem Mario Oliverio. Ed è proprio quando ricopriva quell'incarico che ha fatto discutere la sua partecipazione all'assemblea, convocata dal Gran Maestro del Goi, Stefano Bisi ad Aiello Calabro, per esprimere «piena e convinta solidarietà» all'obbedienza quando la commissione parlamentare antimafia ha preteso gli elenchi degli iscritti. Se sia massone o no, Graziano non l'ha mai chiarito, ma sui social circolano foto di affettuosi abbracci fra lui e il Gran Maestro Aggiunto cosentino Antonio Seminario.

Decisamente più lunga la capriola che ha portato l'ex consigliere regionale Giuseppe Neri dal Pd a Fratelli d'Italia. Entrato cinque anni fa in Consiglio con la lista Democratici e Progressisti, sulla carta costola sinistra dei dem, adesso ci torna in quota Fratelli d'Italia. La cosa non sembra avergli procurato grattacapi in termini di consensi, come non sembra essere stata un problema per il suo collega di lista, Domenico Creazzo, vicepresidente dl parco dell'Aspromonte voluto dal centrosinistra ed eletto a questa tornata con Fratelli d'Italia. Per la precisione, primo fra i suoi per numero di voti. E questo – dicono indiscrezioni - anche grazie ai consensi dell'area che ancora fa capo all'ex governatore Giuseppe Scopelliti, condannato definitivamente a 4 anni e 7 mesi per aver taroccato il bilancio di Reggio Calabria in modo da nascondere un buco da centinaia di milioni di euro e per questo finito in carcere.

AVATAR, DELEGATI E FIGLI DI
Ma Creazzo non è l'unico candidato che avrebbe goduto di favori, influenze e rapporti dell'ex governatore. In quota Lega è entrata in Consiglio anche Tilde Minasi, assessore alle Politiche Sociali di Scopelliti prima in Comune, poi da consigliere con lui in Regione. Ma nella squadra del Carroccio anche altri dei quattro neo-consiglieri sarebbero espressione di gruppi che vanno anche al di là della bandiera di partito. È il caso di Pietro Raso, che in campagna elettorale avrebbe potuto contare sul sostegno dell'unico deputato calabrese della Lega, Domenico Furgiuele. Genero di Salvatore Mazzei, imprenditore lametino considerato vicino alla ‘ndrangheta e condannato in via definitiva per estorsione, Furgiuele anche per questo è finito al centro di una mezza rivolta tutta interna alla Lega calabrese, che ha chiesto (e ottenuto) il commissariamento del partito da mesi in mano al bergamasco Christian Invernizzi, a suo agio in terra calabra come un vegano in macelleria. E a quanto pare solo in parte in grado di controllare quanto succeda attorno a lui.

Lo squadrone leghista che entra in Consiglio può infatti contare sull'ex presidente di Coldiretti Calabria, Pietro Molinaro, attorno a cui da tempo volteggia Alfredo Iorio, ex missino negli ultimi anni riscopertosi leghista. E assai ingolosito dal Carroccio calabrese, su cui da tempo cercherebbe di mettere le mani, anche con l'appoggio della banda di supporter dell'aspirante eurodeputato Vincenzo Sofo, più noto per la fidanzata Marion Lepen che per le iniziative politiche.

Mentre attende che la Brexit gli apra le porte di Bruxelles, Sofo pare stia puntando sulla Calabria per costruire il suo personalissimo feudo e anche per questo da tempo sembra corteggiare Molinaro. In molti danno l'ex presidente di Coldiretti come prossimo assessore all'Agricoltura, delega su cui il Carroccio ha lanciato l'opa fin dalla campagna elettorale, ma a contendergliela potrebbe essere un consigliere del suo stesso partito, Filippo Mancuso, prima di approdare in Regione eletto in Consiglio comunale a Catanzaro con una lista vicina al sindaco di Forza Italia, Sergio Abramo.

Non ha padrini politici su cui contare, ma è figlio d'arte Luca Morrone, neo consigliere regionale per Fdi, che nella corsa alla Regione ha potuto contare sull'appoggio di papà Ennio, politico di lungo corso, più volte transitato dal centrosinistra al centrodestra e viceversa. In realtà, non è dissimile la situazione di Flora Sculco, erede dell'omonima dinastia politica che domina Crotone, riconfermata in Consiglio con i Democratici e progressisti. È lì che sono confluiti i pochi oliveriani sopravvissuti alla faida fra l'ex governatore dem Mario Oliverio e il suo Pd, ma le urne non li hanno per nulla premiati. Sembra invece servita l'operazione di pulizia preventiva delle liste, pretesa da Pippo Callipo e che la segreteria di Zingaretti ha accolto di buon grado per tentare di rimettere le mani su un partito che più di un commissariamento non è riuscita a domare. E stando ai risultati delle urne ha (in parte) convinto gli elettori. Nonostante la sconfitta schiacciante, il Pd può tentare di consolarsi con la vittoria di Pirro dell'essere primo partito in Calabria.

Quasi incredibilmente non ce la fa a entrare in Consiglio Pino Gentile, candidato alla Regione per la Casa delle Libertà e in politica da prima che esistessero le Regioni stesse. Nonostante il record personale di consensi (oltre 7mila) il successo degli alleati lo condanna fuori dal Consiglio. A meno che il “nuovo” governo calabrese non trovi qualche cavillo per ripescarlo, andando a infoltire i ranghi già stretti di transfughi, avatar ed ex che tornano alla ribalta.