I vertici della Regione sono inzeppati da fedelissimi del leader leghista che ora è chiamato in causa per tutti gli errori. Intanto la macchina del consenso si è inceppata e la "Bestia" perde colpi sui social

Matteo Salvini
Alla fine il conto lo paga Matteo Salvini. Ed è un conto salato. Che somma errori nella comunicazione a una gestione schizofrenica dell’emergenza sanitaria da parte della Regione Lombardia, il reame che il Capitano della Lega nazionalista ha creato a sua immagine e somiglianza.

La nuova Lega rifondata da Salvini rischia di essere già vecchia dopo il lockdown. Già, perché il Capitano è un condottiero in crisi, con i sondaggi che lo riportano alla reale consistenza della sua forza parlamentare sancita dalle elezioni del 4 marzo 2018.

L’indecisione sul che fare nei primi giorni in cui il virus ha iniziato a circolare nella provincia lombarda, la strategia comunicativa non adeguata al momento di crisi epocale, le delibere che hanno messo a rischio la vita degli anziani nelle case di riposo. E per finire il flop dell’ospedale realizzato nei padiglioni della Fiera di Milano con la supervisione di Guido Bertolaso.

Inciampi del presidente Attilio Fontana e del segretario del Carroccio che ha messo il marchio su quella giunta regionale fin da principio. Libertà di manovra che non gli era stata concessa all’epoca di Roberto Maroni. Fontana, invece, è stato accerchiato dalle truppe del Capitano: l’ex compagna del leader a capo della segreteria del Governatore; le consulenze ottenute da Mr Russiagate, l’amico Gianluca Savoini; gli assessori devoti all’ex ministro; i consiglieri piazzati alla presidenza di commissioni strategiche nella pianificazione della fase 2 per far ripartire l’economia.

Per questo il fallimento di Fontana travolge anche Matteo, che del resto non è un’ombra sul Pirellone. Piuttosto una presenza fissa, ostentata. «Mattinata di lavoro in Regione Lombardia, obiettivo riaprire in sicurezza. Far ripartire il Paese... anche con condoni, pace fiscale ed edilizia... Siamo fiduciosi che dalla Lombardia parta la rinascita di tutta l’Italia», l’annuncio sulla sua pagina facebook il 17 aprile. Domenica scorsa Matteo ha alzato i toni: «Pronti a scendere in piazza con le mascherine, gli italiani sono stufi... noi abbiamo voglia di uscire, incontrare, lavorare, guadagnare». Qualche ora dopo Fontana lo segue: «La Lombardia è pronta».

Si apre così una fase inaspettata per i leghisti critici del Carroccio nazionalista di Salvini. I dissidenti costretti a ingoiare il boccone amaro del federalismo tradito, ora potrebbero alzare la voce e coalizzarsi attorno al governatore del Veneto Luca Zaia.
Attilio Fontana

La ripartenza presuppone anche una riorganizzazione del trasporto pubblico. Trenord e Ferrovie Nord Milano, per esempio, avranno un ruolo centrale. In entrambe le società la Lega spadroneggia. E decidono i big come spendere le risorse. Chi ha guadagnato con Ferrovie Nord è sicuramente Gianluca Savoini, il consigliere di Salvini per i rapporti con il Cremlino, fondatore dell’associazione Lombardia-Russia e regista della trattativa segreta dell’hotel Metropol a Mosca per finanziare il partito con soldi russi. Non solo, Savoini oltre ad aver percepito denaro pubblico in qualità di consulente di Ferrovie Nord, almeno fino a luglio 2019, è tuttora vicepresidente - scelto dal partito - del Corecom Lombardia, l’organo regionale di vigilanza sul sistema delle telecomunicazioni, in pratica un satellite dell’Agcom nei territori. Pagato sempre con quattrini pubblici dei cittadini lombardi.

Ma la giunta Fontana-Salvini sarà ricordata soprattutto per la delibera dell’8 marzo 2020. Quella, cioè, con cui si chiedeva alle Ast (Aziende sanitarie territoriali) di individuare Residenze per anziani disponibili a ospitare malati di covid provenienti dagli ospedali. Il Pio Albergo Trivulzio è tra queste. Il Pirellone ha scelto come dirigente della struttura Giuseppe Calicchio. Il direttore del Trivulzio è indagato dalla procura di Milano nell’inchiesta sulle morti delle Rsa. «Sulle nomine importanti, specie quelle del trasporto pubblico locale e della sanità, pesano i pareri dei big nazionali del partito e soprattutto del segretario», osserva una fonte interna alla Regione. Nella spartizione delle poltrone, perciò, la parola di Salvini conta eccome.

Calicchio, per esempio, è indicato come vicino all’assessore alle Politiche Sociali della Regione e commissario della Lega a Milano, Stefano Bolognini. L’elenco dei manager piazzati per fedeltà politica è lungo e comprende Asl, poli ospedalieri e di ricerca. Dei prescelti fa parte anche Luigi Cajazzo, direttore generale dell’assessorato del Welfare guidato dal forzista Giulio Gallera. Allo stesso modo la lottizzazione leghista non ha risparmiato l’Ats milanese: il direttore è Walter Bergamaschi. «All’interno delle Asst (Aziende socio sanitarie territoriali) c’è un malumore diffuso», ci dice la stessa fonte, «perché la politica gioca allo scaricabarile». Come ha fatto il governatore Fontana: in piena bufera Rsa si è difeso scaricando la responsabilità sui tecnici, ispiratori della delibera, e sull’Ast di Milano, che avrebbe dovuto controllare.

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La sanità è solo uno dei fili che conducono al potere salviniano all’interno del Pirellone. Un potere che Salvini ha costruito con persone di assoluta fiducia piazzate negli uffici strategici del palazzo locale mentre lui era impegnato a mantenere il comando nel primo governo Conte, scosso dagli scandali della trattativa per farsi finanziare dagli amici di Putin e dei presunti finanziamenti illeciti dei palazzinari romani.

Al fianco di Fontana le due persone che contano di più sono due: Davide Caparini e Giulia Martinelli. Entrambi legatissimi al Capitano, che così può contare su una cabina di regia all’interno del palazzo regionale.
Caparini è l’assessore al Bilancio, il custode, in pratica, della cassaforte del governo. Sulle spalle ha cinque legislature in Parlamento, ma è più noto per essere l’editore del partito, l’inventore del marchio Radio Padania Libera e poi de La Padania. Caparini dal maggio 2018 siede nel Cda di Cassa depositi e prestiti e in quello dell’Agenzia italiana del Farmaco. Il delfino di Salvini, secondo alcuni, tanto da considerarlo un degno successore alla segreteria.

Giulia Martinelli, invece, oltre a essere un brillante avvocato, è la ex compagna di Matteo Salvini con cui ha avuto una bimba. Martinelli segue da vicino il governatore. È a capo delle segreteria. «Mentre Caparini gestisce la cassa, Martinelli si prende cura dell’immagine di Fontana e delle sue uscite pubbliche», raccontano i ben informati all’interno del partito. L’ex compagna del Capitano ad agosto 2019 è stata nominata consigliera e membro del comitato esecutivo nella Fondazione Fiera Milano. Certo, nessuno avrebbe mai immaginato cosa sarebbe successo nei primi mesi del 2020: con la pandemia e l’esaurimento dei posti in terapia intensiva negli ospedali lombardi, la Regione ha realizzato in tempi record una struttura sanitaria dedicata ai malati di covid proprio in due padiglioni della Fiera Milano. Una grande opera per la quale è stato chiamato Guido Bertolaso. Una spesa notevole per un ospedale terminato quando la curva epidemiologica era in netto calo e le terapie intensive degli ospedali di nuovo disponibili. Un flop, dunque, anche questo in salsa salviniana.

Giulia Martinelli fino all’anno scorso era in affari, nella ristorazione, con un altro salviniano di ferro, Gian Marco Senna. Il partito lo ha voluto alla presidenza della Commissione attività produttive, centrale in questa fase di ripartenza per le aziende. Senna è proprietario di numerosi ristoranti. E sta pagando come molti altri suoi colleghi il costo salato del lockdown. Studia da amministratore, il suo nome circola come possibile candidato a sindaco di Milano.

Qualcosa si è inceppato nella “Bestia”, sostantivo animalesco con cui è conosciuta la macchina della propaganda nazional-leghista. Durante la pandemia non ha funzionato come avrebbe dovuto. Chi si occupa dei social in Regione è Mirko Giaffreda. Lavora in stretta sinergia con Luca Morisi e Andrea Paganella, i ras delle comunicazione social della Lega sovranista, che con la loro società Sistema Intranet hanno ottenuto più di una commessa dalle Asl lombarde. Giaffreda tuttavia da qualche settimana non è più da solo. In soccorso suo e di Fontana è stato inviato un big del team di Morisi: Matteo Pandini.

Tra gli assessori di fede salvinista c’è anche Massimo Sertori. Astro nascente della Lega, ex presidente della provincia di Sondrio, boom di preferenze alla Regionali e catapultato ad amministrare l’assessorato agli enti locali. Che sia fedele alla causa della nuova Lega è evidente anche della donazione di 8 mila euro, che l’azienda di famiglia, Sertori Spa, ha fatto alla Più Voci, l’associazione fondata dal tesoriere del partito, usata per incassare denaro dagli imprenditori e sotto inchiesta a Roma e Milano per finanziamento illecito.

Del cerchio magico di Matteo in Regione fanno parte anche il deputato Paolo Grimoldi e il consigliere regionale Roberto Anelli: il primo è un militante di lungo corso del Carroccio, un piccolo imprenditore del cachemire, per conto di Salvini si occupa di coordinare gli eletti locali; Roberto Anelli è il capogruppo del partito in Consiglio, il garante della linea salvianiana della maggioranza.

Alla corte del Capitano troviamo anche Giovanni Malanchini. Consigliere regionale nominato segretario dell’ufficio di presidenza, responsabile degli Enti Locali per il partito. Bergamasco di origine, di Calcinate, è in stretti rapporti anche economici con Andrea Manzoni, uno dei tre commercialisti che gestiscono i conti della Lega di Salvini e al centro dei sospetti dell’antiriciclaggio di bankitalia insieme al collega Alberto Di Rubba e al tesoriere del partito Giulio Centemero.

Il calo dei consensi si è acuito con la pandemia e il lockdown. Non solo in Italia. Un sondaggio europeo attesta la crisi del gruppo dei sovranisti dell’Europarlamento. Le formazioni politiche che aderiscono gruppo Identità e Democrazia, infatti, hanno subito un crollo degno di nota: Alternative fur Deutschland (Afd) ha perso 4,5 punti; gli austriaci dell’Fpo e i finlandesi di Ps lasciano per strada il 3 per cento; gli olandesi del Pvv perdono il 7 per cento; la Lega ha perso 2,8 punti percentuali.

Ilvo Diamanti ha spiegato a Repubblica che «un leader populista come Salvini, a capo di un partito che lui ha voluto nazionale, oggi si aggrappa alla Lombardia, al suo dramma, per non perdere visibilità. Insidiato, a livello di popolarità, da un presidente della Regione in prima linea come Zaia». Ma non è servito.

L’ultimo sondaggio nazionale dà la Lega in caduta libera, al 25 per cento. All’orizzonte c’è il 17 per cento delle elezioni politiche del 2018, che al di là delle predizioni statistiche è la reale rappresentanza in Parlamento del partito del Capitano.