Walter Veltroni è solo l'ultimo di una lunga lista contraria al taglio dei parlamentari. Dalle donne e uomini simbolo dell'Ulivo (Bindy, Prodi, Turco) a una vasta area vicina al centrosinistra (Schelin, Sardine, Anpi). Un popolo che i Dem non devono ignorare. Facendosi al contrario aiutare per esercitare la leadership sul governo
La mattina dopo aver pronunciato il suo No nel referendum sul taglio dei parlamentari, pur consapevole delle conseguenze che
la sua netta opinione produce sui fragili equilibri dem, Walter Veltroni non è affatto pentito. Anzi, a chi lo chiama per complimentarsi dice semplicemente che sentiva il dovere di dire come la pensa e motiva le ragioni del suo No: “Non credo affatto che le vere riforme si faranno dopo. Andavano fatte prima”.
Non è solo, Walter Veltroni. Si ritrova insieme agli uomini e alle donne simbolo della stagione dell’Ulivo e della fondazione del Pd:
Romano Prodi, Rosy Bindy, Anna Finocchiaro, Arturo Parisi, Pierluigi Castagnetti, Cacciari solo per fare alcuni nomi. L’onda dei dem per il No di cui parlavamo qualche giorno fa, è diventata altissima. Ma non assomiglia a uno tsunami, contro il quale erigere barricate e cercare rifugi, piuttosto alle onde lunghe sulle quali i surfisti imparano a stare in equilibrio, assecondando la forza dell’onda per stare in piedi e andare veloci.
Fuor di metafora, attorno al No, nel campo del centrosinistra, si è aggregata un’area vasta e variegata che, e questo Nicola Zingaretti lo sa benissimo, non è affatto contro di lui e non è minimamente interessata né alle dinamiche interne del Pd e delle sue innumerevoli correnti, né tanto meno alla poltrona come insinua la volgare propaganda del M5S.
I leader storici schierati per il No sono tutti fuori dal parlamento e non intendono affatto tornarci. E poi, comunque, la polemica qualunquista contro i politici nel Pd è mal sopportata: basta guardare alla solidarietà trasversale ricevuta dal neo-vicecapogruppo del Pd al Senato, Gianni Pittella, fatto oggetto di una volgare campagna manipolatrice e diffamatoria del M5S.
Del resto basta affiancare il No di Veltroni e Prodi e il Sì di Salvini e Di Maio, per comprendere da quale parte possa trovarsi più a suo agio un elettore dem.
Sarà dunque interessante valutare la performance del No in relazione al voto alle regionali. Alcuni sondaggisti sono pronti a confrontare il voto sul referendum nelle regioni dove si vota anche per le amministrative e quelle dove invece si vota solo per il referendum. Qualora dovesse risultare una vittoria del No o una sua forte affermazione nelle seconde e il contrario nelle prime sarebbe evidente che l’accorpamento tra elezioni politiche (quali sono le regionali) con il referendum non solo ha violato lo spirito della Costituzione, ma ne ha anche condizionato l’esito.
Neppure la propaganda più bieca può iscrivere i promotori del No ai controriformisti: nel Pd Nannicini, Cuperlo, Livia Turco, Chiara Gribaudo, Pittella, solo per fare alcuni nomi ; fuori dal recinto del Pd, ma vicino, si sono accampate molte tende:
le Sardine,
Elly Schlein, Libera di don Ciotti, l’area di Smeriglio, le organizzazioni tradizionali della sinistra con base di massa, come Arci e Anpi, mentre la Cgil non da’ indicazioni ufficiali ma è per il No. Proprio quella coalizione di civismo politico che nella testa dei fondatori del Pd, a cominciare da Veltroni, avrebbe dovuto essere il corollario della vocazione maggioritaria.
Può il Pd di Zingaretti, nato per essere una “Piazza Grande”, fare a meno del rapporto con quest’area? Può mettere la sopravvivenza del governo sopra ogni cosa? Sarebbe come rinunciare a un mito fondante per sostituirlo con un governismo anemico e senza visione.
Invece che sostituire la foto di Prodi con quella di Grillo il Pd dovrebbe imparare a surfare sull’onda lunga del No che potrebbe aiutarlo a esercitare leadership anche sul governo invece che subire quella di Vito Crimi.