Altro che Recovery, il governo non nomina i commissari e 50 grandi opere restano al palo

Nel giugno 2019 la legge per replicare il “modello Morandi”, nel settembre 2020 una seconda norma per semplificare gli appalti. Ma ancora non ci sono i nomi: 60 i miliardi non spesi e già stanziati

L’Italia chiede i soldi all’Europa assicurando che riuscirà a spenderli in breve tempo, ma intanto il governo Conte in un anno e mezzo non è riuscito a nominare i commissari straordinari delle «grandi opere strategiche per il Paese», come le aveva definite Palazzo Chigi nel 2019 all’indomani del varo del decreto legge che istituiva il “modello Morandi”. Commissari con poteri speciali per accelerare cinquanta opere del valore di 60 miliardi di euro. In commissione Trasporti alla Camera è appena arrivato l’elenco delle opere lumaca e solo dopo il via libera a Palazzo Montecitorio arriverà la nomina dei commissari.

Dopo oltre un anno e mezzo dal varo del decreto legge che istituiva la figura dei commissari (giugno 2019) e dopo quattro mesi dall’ennesima modifica con il decreto semplificazioni (che dovrebbe semplificare la legge dei commissari per semplificare l’iter dei cantieri) insomma nulla. Ad ottobre la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli ha chiesto ad Anas ed Rfi di accelerare su alcuni cantieri in attesa della nomina dei supercommissari, ma la gran parte degli interventi è solo sulla carta e comunque va a rilento.

In questo elenco di opere «strategiche» c’è di tutto, anche le eterne incompiute, come una diga nel Catanese iniziata con un progetto del 1982: la diga di Pietrarossa. In ogni caso in questo elenco ci sono opere già finanziate nella gran parte dei casi da almeno quattro anni. Altro che Recovery fund e Nex generation, qui di generazioni ce ne vorranno due o tre per potere vedere conclusa qualcuna di queste infrastrutture.

Nell’elenco delle opere da commissariare ci sono ad esempio la statale Ionica nel tratto calabrese (3 miliardi di euro), la statale Ragusa-Catania, altra eterna incompiuta da almeno trent’anni e per la quale sono stati stanziati 754 milioni (la metà già tra il 1999 e il 2007). E, ancora, la statale Umbro-Laziale (466 milioni), la Statale Salaria (1,1 miliardi), la Grosseto-Fano (2 miliardi), la statale Garganica (922 milioni). Sul fronte ferroviario nell’elenco arrivato in commissione alla Camera, e quindi in attesa di nomina di un commissario, ci sono la linea veloce Brescia-Padova-Verona (8,6 miliardi di euro), la linea Fortezza-Verona (4,9 miliardi) l’alta velocità Venezia-Trieste (1,8 miliardi), raddoppio Genova- Ventimiglia (1,5 miliardi), l’alta velocità Pescara-Bari, la linea Roma-Pescara (2 miliardi), il potenziamento Orte-Falconara (3,7 miliardi), potenziamento Salerno-Reggio Calabria (2 miliardi), potenziamento Taranto-Potenza-Battipaglia (1,4 miliardi), raddoppio Codogno-Mantova (1,3 miliardi), raddoppio Pontremolese (2,3 miliardi), Palermo-Catania-Messina (8,7 miliardi, alcuni cantieri avviati). Nell’elenco c’è la linea C della metro di Roma (9 miliardi) in costruzione e in parte ancora in fase di progettazione (stazioni di piazza Venezia e piazzale Clodio), ma anche dighe, porti e waterfront.
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Insomma, ci sono 60 miliardi di opere ferme o che vanno a rilento e se in un anno e mezzo dal varo della legge i commissari ancora non ci sono, come farà l’Italia ad assicurare all’Europa che «tutto andrà bene» e sapremo spendere non 60 ma 203 miliardi di euro in sei anni?

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